Quando Gesù parlava, intorno a Lui si faceva silenzio, perchè il mondo intero si fermava ad ascoltare.
Le Sue parole non si rivolgevano ai nostri orecchi, ma piuttosto agli elementi da cui Dio a tratto questa terra.
Parlava alla distesa marina, la grande madre da cui siamo nati.
Parlava al monte, nostro fratello maggiore, la cui vetta è una promessa.
E parlava agli angeli al di là del mare e del monte, agli angeli cui affidammo le nostre speranze prima che l’ argilla di cui siamo fatti si indurisse al sole.
E la Sua parola riposa ancora nel nostro cuore, come un canto d’ amore a metà dimenticato, e a volte ci ritorna ardente e viva alla memoria.
Semplice e gioiosa era la Sua parola.
Il suono della Sua voce era come una fonte d’ acqua in mezzo al deserto.
Una volta, levando contro il cielo la Sua mano – e le Sue dita erano come rami di sicomoro – gridò forte:
"I profeti del passato vi hanno parlato, e il vostro udito è colmo della loro parola. Ma io vi dico: cancellate dall’ orecchio quanto avete ascoltato".
E quella frase, ma io vi dico, non era un uomo della nostra stirpe, non era un uomo di questo nostro mondo a pronunciarla, ma una schiera di serafini in volo sul cielo della Giudea.
E di nuovo, e di nuovo, citava le leggi e i profeti, e poi diceva:
"Ma io vi dico".
Oh, parole ardenti! Onde di mari sconosciuti alle sponde della nostra mente: Ma io vi dico…
Stelle che invocano l’ oscurità dell’ anima! Anime insonni che anelano all’ amore!
Per parlare di Gesù avrei bisogno della Sua parola, o dell’ eco di quella.
Nè quella parola, nè quell’ eco io possiedo.
Ti prego di perdonarmi per aver iniziato una storia che non posso finire.
Ma il suo epìlogo è ancora ignoto alle mie labbra.
E’, ancora, un cantico d’ amore nel vento.
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