Sì alle videoriprese contro i cattivi vicini
Ammesso il «Grande Fratello» in atto di atti vandalici contro la propria abitazione
Cari amici,
Mi stupisco ogni giorno di più di quanto la nostra esistenza stia diventando conflittuale e difficile.
Il nostro vicino di casa, spesso, diventa il nostro peggior nemico, e tutte le armi sono legittime per “smascherarlo”.
La sentenza della Cassazione citata dalla Webpage del Corriere della Sera di oggi, evidenzia la possibilità di controllare lo spazio comune dalla propria abitazione, nella speranza di “incastrare” il vicino nell’ atto di “tagliare le gomme”, o parcheggiare in cortile, oppure danneggiare le cassette postali comuni.
Dove stiamo arrivando? Che mondo stiamo costruendo?
Io che propongo di trasformare il condomìnio in un luogo sicuro, in cui creare condivisione e “buona economia” sono un pazzo o una persona ragionevole?
Spesso me lo chiedo, e mi rispondo:
Il mondo che ci sta intorno dipende da noi! Tutti ne siamo responsabili e possiamo contribuire a renderlo un paradiso, oppure un inferno.
Io propongo di migliorare la gestione sociale ed economica del Condomìnio ed offro cultura, organizzazione, e strumenti tecnici per realizzare questo obiettivo.
Oggi mi chiedo se la telecamera sia uno strumento utile per gli obiettivi che stiamo realizzando.
Non so! Ci devo pensare ma, visto che è domenica, non voglio impegnarmi più di tanto.
Di istinto risponderei di no, ma l’ istinto mi ha ingannato tante di quelle volte che non so se fidarmi ancora.
Buona domenica a voi e alle vostre famiglie, e state attenti quando uscite dall’ uscio di casa: Potreste essere osservati!!
Corriere della Sera
ROMA – La Cassazione offre un’arma importante per smascherare i vicini di casa molesti. E, con una sentenza della Quinta sezione penale, dà l’ok al «grande fratello» per inchiodare le ritorsioni dei condomini maleducati. Sì, dunque, alle videoriprese con telecamere dall’interno dell’appartamento a patto che l’area interessata dalla videoregistrazione, chiarisce la Suprema Corte, «ricada nella fruizione di un numero indifferenziato di persone» e non attenga «alla sfera di privata dimora di un singolo soggetto». La Quinta sezione penale (sentenza 22602) fa un puntuale elenco dei luoghi nei quali si può spingere l’occhio del «Grande fratello». E ricorda che sono «probatoriamente utilizzabili le videoregistrazioni effettuate dalla parte offesa di reiterati atti vandalici e di danneggiamento ai danni della porta del proprio appartamento, della porta dell’attiguo garage e della cassetta postale antistante l’ingresso dell’appartamento, dal momento che – sottolinea piazza Cavour – l’area interessata dalle videoregistrazioni, operate con telecamera sita all’interno dell’appartamento, ricade nella fruizione di un numero indifferenziato di persone e non attiene alla sfera di privata dimora di un singolo soggetto».
Inoltre, spiegano gli ermellini, «con specifico riferimento a riprese effettuate dalla pubblica via verso l’ingresso di un privato edificio» vanno «considerate legittime, e pertanto utilizzabili, le videoregistrazioni dell’ingresso e del piazzale di accesso a un edificio sede dell’attività di una società commerciale, eseguite dalla polizia giudiziaria dalla pubblica strada, mediante apparecchio collocato all’esterno dell’edificio stesso, non configurando esse un’indebita intrusione né nell’altrui privata dimora, né nell’altrui domicilio, nozioni che individuano una particolare relazione del soggetto con il luogo in cui egli vive la sua vita privata, in modo da sottrarla a ingerenze esterne, indipendentemente dalla sua presenza». In questo caso, annota la Cassazione, «si deve escludere una intrusione tanto nella privata dimora quanto nel domicilio» dal momento che «le videoriprese si sono svolte tramite camera esterna all’edificio, del quale si inquadravano l’ingresso, i balconi e il cortile».
Ovviamente, avverte ancora la Suprema Corte, il «grande fratello» non può essere ammesso, «senza motivata autorizzazione del pm», negli ambienti nei quali «è garantita l’intimità». Ad esempio «nei bagni pubblici, nei camerini, o nei privè di un night club». Ad indurre i supremi giudici a fare chiarezza sul tema delle videoriprese, il caso di un calabrese, Vincenzo B., accusato di essere stato un messaggero di un’associazione malavitosa sulla base di videoriprese effettuate nel cortile dell’abitazione. In questo caso la Suprema Corte ha giudicando «legittime» le riprese con la telecamera in cortile, e ha rinviato il caso perché il Tribunale del Riesame di Reggio Calabria, nel confermare la custodia cautelare per l’indagato, non ha chiarito i «dati fattuali» secondo i quali Vincenzo B. sarebbe stato un messaggero della cosca malavitosa.
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