La riforma del condominio approderà alla Camera la prossima settimana, per il voto dell’aula. Dopo di che, dovrebbe tornare al Senato. L’ulteriore destino dipenderà essenzialmente dalla dinamica bicamerale: bisognerà cioè vedere quante saranno le modifiche che l’aula farà passare rispetto al testo arrivato da palazzo Madama, e se i senatori accetteranno il nuovo testo. Circolano voci di pressioni operate da alcuni senatori, anche tramite alti livelli, per invitare i colleghi deputati a non incidere più di tanto sull’articolato uscito dalla camera alta. Non sempre i membri della camera bassa hanno gradito simili inviti a rinunciare a emendamenti e a sottomettersi all’articolato ricevuto. In effetti, la commissione ha operato non poche variazioni, che po-trebbero apparire sgradevoli a chi, a palazzo Madama, avrebbe amato legare il proprio nome al “nuovo condominio”: lo stravolgimento toglierebbe il diritto d’autore di un testo che non sarebbe più quello precedente, troppe essendo le novità introdotte.
L’assemblea, ma prima ancora il comitato dei nove che in aula rappresenta la commissione Giustizia, competente in merito, dovrà inoltre affrontare l’unica questione ancora irrisolta. Si tratta degli articoli 25 e 26 del testo, che normerebbero il repertorio dei condominii e il registro degli amministratori: sono due novità introdotte in commissione rispetto al testo uscito dal comitato ristretto. Solo questa settimana è arrivato il parere della commissione Bilancio, costituzionalmente ostativo all’approvazione dei due articoli, perché introdurrebbero nuove spese senza copertura. È dunque inevitabile che il comitato dei nove proceda a sopprimere le discusse norme.
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