TROPPI MOROSI, GUIDA AL RECUPERO CREDITI
Lucilla quaglia scrive…
Per gravi insolvenze non resta che il decreto ingiuntivo
Gli oneri condominiali sono da sempre un tallone d’Achille delle amministrazioni condominiali. In molti casi è difficile ottenere il pagamento di quanto dovuto. L’amministratore si trova frequentemente nella necessità di dover recuperare forzatamente i crediti, a fronte degli oneri deliberati dall’assemblea, nei confronti dei proprietari che non abbiano rispettato le richieste di pagamento inviate. Solitamente nei casi di morosità dopo l’invio della lettera di costituzione in mora (non obbligatoria), decorso il termine concesso per lo spontaneo adempimento il condominio creditore richiede il decreto ingiuntivo e una volta acquisito il titolo esecutivo inizia l’azione forzata sui beni del debitore.
Iscrizione di ipoteca
“Sulla scorta del decreto ingiuntivo ottenuto – spiega l’avvocato Giovanna Sanfilippo, consulente Anaci Roma – il condominio può richiedere l’iscrizione di ipoteca giudiziale sul bene immobile di proprietà del debitore a garanzia del proprio credito (articoli 655 codice procedura civile e 2818, comma 2, codice civile). Se il condomino debitore insolvente è stato dichiarato fallito l’amministratore del condominio dovrà fare domanda di ammissione al passivo. Oppure, di fronte ad una rilevante costante morosità del condomino, è lo stesso condominio a dover proporre l’istanza di fallimento, ovviamente in presenza dei requisiti (articolo 1, comma 2, lettere A-C, Legge Fallimentare)”. In entrambi i casi si porranno per l’amministratore diverse problematiche relativamente al rapporto con gli organi della procedura, il Curatore fallimentare, il Giudice Delegato ed il Comitato dei Creditori.
I riferimenti legislativi
La legislazione fallimentare che disciplina la procedura è il Regio Decreto 16 marzo 1942 n. 267, modificato con il Decreto legislativo 12/09/2007 e da ultimo dalla Legge 17/12/12 n. 221 modificata dalla Legge di stabilità 24/12/12 n. 228.
Istanza di fallimento
Gli articoli 1-5 della Legge Fallimentare prescrivono i requisiti per poter presentare l’istanza di fallimento e richiedono la qualità di “imprenditore” del debitore, persona fisica o giuridica e lo “stato di insolvenza” o “decozione”.
L’imprenditore
“E’ “imprenditore” – prosegue la Sanfilippo – chi esercita attività economica commerciale in modo professionale e organizzato per la produzione o lo scambio di beni e/o servizi. Sono conseguentemente esclusi dall’applicazione della disciplina l’imprenditore agricolo, gli artigiani e le piccole società commerciali, anche se titolari d’impresa e gli enti pubblici. Sono soggetti al fallimento gli imprenditori commerciali che hanno avuto, nei tre esercizi antecedenti la data di deposito dell’istanza di fallimento o dall’inizio dell’attività se di durata inferiore, un attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo non superiore a trecentomila euro. Hanno realizzato, in qualunque modo risulti, nei tre esercizi antecedenti la data di deposito dell’istanza di fallimento o dall’inizio dell’attività se di durata inferiore, ricavi lordi per un ammontare complessivo annuo non superiore a duecentomila euro. Hanno un ammontare di debiti anche non scaduti non superiore a cinquecentomila euro”.
Accesso al passivo
Qualora il fallimento del condomino moroso fosse già stato dichiarato, il condominio dovrà presentare un’istanza di insinuazione al passivo chiedendo al giudice delegato di essere ammesso a concorrere insieme agli altri creditori alla ripartizione dell’eventuale disponibilità. L’istanza di accesso al passivo potrà essere “tempestiva” o “tardiva”. La prima è quella presentata con ricorso al Tribunale fallimentare sino a 30 giorni prima dell’udienza fissata per l’esame dello stato passivo. Qualora il condominio creditore, per la mancata conoscenza della procedura o altri disguidi, non fosse riuscito a rispettare tali termini, comunque l’amministratore potrà presentare “istanza tardiva”, la quale, comunque, per poter essere ammessa non deve pervenire al Tribunale fallimentare oltre i 12 mesi dal deposito del decreto di esecutività dello stato passivo.
Criteri di riparto
“Gli oneri condominiali – conclude la Sanfilippo – appartengono ai crediti prededucibili che vengono soddisfatti con preferenza, in ragione di capitale, spese ed interessi, con il ricavato della liquidazione del patrimonio del fallito ed anche al di fuori del procedimento di riparto, nel caso in cui essi siano sorti in corso di procedura, siano liquidi, esigibili e non contestati per collocazione e ammontare e se l’attivo realizzato è presumibilmente sufficiente a soddisfare tutti i titolari di credito prededucibile”. Nel caso invece di oneri gravanti su un immobile non abitato dal fallito o dalla sua famiglia, l’amministratore del condominio dovrebbe operare la cessazione o quantomeno la riduzione delle spese ordinarie (es. il riscaldamento), le quali temporaneamente dovranno essere sostenute dai condomini, con la ripartizione in base ai millesimi di proprietà oppure con l’istituzione di un fondo speciale.
http://www.leggo.it/CASA/NORME/troppi_m … /910.shtml
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