La conservazione delle parti comuni e l’erogazione di specifici servizi è resa effettiva grazie alla stipula delle c.d. obbligazioni condominiali, ossia le prestazioni aventi ad oggetto il versamento delle somme di denaro, da parte dei singoli condomini, considerate obbligazioni propter rem.
Ossia trattasi di situazioni obbligatorie, la cui derivazione sostanziale riguarda la contitolarità del diritto reale sulle cose e la cui individuazione – per così dire, per relationem – avviene di volta in volta, in base alla successione di titolarità, da un soggetto ad un altro, del bene oggetto di proprietà condivisa.
Il principio cardine di un sistema così delineato si sostanzia nel fatto che il versamento dei contributi condominiali per la conservazione e il godimento delle parti comuni costituisce un obbligo propter rem, perciò ambulatori, gravanti su ogni condòmino in base al valore della propria quota.
L’assetto condominiale è, sì, contrassegnato da una data ambulatorietà, la quale appare però mitigata dal disposto dell’art. 63 disp. att. c.c., che sancisce, negli ultimi due commi, le regole secondo le quali l’obbligo di pagamento delle prestazioni sorte quando il venditore era ancora proprietario sono a carico del compratore; e la cessione di diritti su unità immobiliari mantiene in auge il vincolo solidale obbligatorio con l’avente causa, per quei contributi maturati fino al momento in cui è trasmessa all’ amministratore copia autentica del titolo che determina il trasferimento del diritto.
Le obbligazioni contratte dall’amministratore nell’interesse comune.
Tra le obbligazioni condominiali, acquistano un ruolo preminente le obbligazioni dei differenti condomini, contratte dall’ amministratore nell’interesse comune.
Il tema è peraltro risalente, e ciò che è controversa è la natura delle stesse.
In passato la giurisprudenza aveva offerto soluzioni diverse, confermando – in un primo momento e per molto tempo – l’esistenza di un vincolo solidale tra i condomini e abbracciando poi la soluzione opposta, vale a dire quella della parziarietà del vincolo.
Si tratta di decidere quali siano i soggetti su cui far ricadere il rischio del mancato pagamento da parte di uno o più condomini.
Ma, proprio perché fino alla recente riforma mancava una previsione espressa, in passato vi era maggiore spazio per soluzioni differenti, volte a favorire uno dei due interessi coinvolti nel rapporto de quo.
La giurisprudenza aveva dapprima ritenuto possibile applicare il principio della solidarietà tra i condomini, tanto per le obbligazioni contrattuali, quanto per le obbligazioni con diversa fonte.
I due orientamenti giurisprudenziali a confronto.
L’orientamento maggioritario (Cass. Civ. 2004, n. 14593, 2005, n.17563) aveva fatto proprio il principio di diritto secondo cui, la responsabilità dei singoli partecipanti, per le obbligazioni assunte dal “condominio” verso terzi, avesse natura solidale, posto che l’art. 1294 c.c., a cui si riferiva, riguardasse l’ipotesi in cui più soggetti fossero obbligati per la medesima prestazione.
Partendo dalla definizione di solidarietà – intesa quale situazione in cui più condebitori fossero obbligati in solido, per la medesima prestazione, se dalla legge o dal titolo non risultasse diversamente – delle obbligazioni contratte dall’amministratore del condominio rispondevano solidalmente tutti i condomini.
Tale previsione non era derogata dall’art. 1123 c.c., che si limitava a ripartire gli oneri all’ interno del condominio, ossia le spese divise in base all’uso delle cose che ciascuno può farne.
Si tratterebbe di una presunzione di solidarietà passiva, che agevolerebbe il creditore: egli può scegliere a quale debitore può rivolgersi ed ha più possibilità di ottenere l’intera prestazione, potendo esigere il tutto da ciascun debitore.
Per l’indirizzo minoritario (Cass. Civ. 1996 n. 8530), la responsabilità dei condomini era retta dal criterio della parziarietà, in base al quale ai singoli partecipanti si imputano le obbligazioni assunte nell’ interesse del condominio, proporzionalmente alle rispettive quote, relativamente alle spese per la conservazione e per il godimento delle cose comuni dell’edificio, per la prestazione dei servizi nell’interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza.
Pertanto le obbligazioni dei condomini erano regolate dai criteri consimili a quelli dettati dagli artt. 752 e 1295 c.c., in tema di obbligazioni ereditarie, secondo cui il pagamento dei debiti ereditari è stabilito in proporzione delle quote dei coeredi e l’obbligazione in solido di uno dei condebitori si ripartisce tra gli eredi, in virtù delle quote ereditarie.
Le Sezioni Unite sostengono la parziarietà.
Recentemente, le Sezioni Unite della Cassazione Civile (Cassazione SS. UU., 2008, n. 9148) si sono pronunciate, sostenendo la natura parziaria delle obbligazioni dei condomini verso terzi, in base alle seguenti considerazioni:
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la solidarietà passiva deriva dalla contestuale presenza di diversi requisiti, primo fra tutti, la pluralità dei debitori, poi la eadem causa obbligandi, ossia il contratto da cui trae origine l’obbligazione ed infine l’idem debitum, intesa quale unicità o indivisibilità della prestazione: l’assenza di uno solo di tali presupposti decreta l’inapplicabilità del metodo solidale. Seguendo tali indicazioni, nell’ambito delle obbligazioni condominiali verso terzi, il requisito insussistente risulterebbe quello dell’unicità della prestazione comune, della sua indivisibilità.
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