La recente riforma del codice civile che ha interessato le norme che disciplinano il condominio di edifici ha previsto [1] anche l’obbligo per l’amministratore condominiale di far transitare, su un conto corrente, bancario o postale, intestato al condominio, tutte le somme che egli abbia ricevuto a qualsiasi titolo dai condomini o da terzi ed anche le somme erogate per conto del condominio.
Ogni condomino ha diritto, attraverso l’amministratore, di visionare ed estrarre copia, a proprie spese, della periodica rendicontazione delle movimentazioni del conto.
Sempre la riforma del condominio [2] ha stabilito che i creditori del condominio non possano più agire, con il pignoramento, nei confronti dei condomini in regola con i pagamenti se non dopo che sia stato tentato il recupero dei crediti nei confronti dei morosi. A tal fine l’amministratore ha l’obbligo di comunicare ai creditori del condominio (che glielo chiedano) i dati dei condomini morosi per poter, appunto, agire prima nei loro confronti.
È però sorto un problema che la giurisprudenza [3] ha, per ora, risolto in modo non favorevole ai condomini in regola con i pagamenti. In sostanza le numerose sentenze sino ad oggi emesse hanno stabilito che, una volta che le somme pagate dai condomini (per far fronte a debiti condominiali) vengono depositate sul conto corrente condominiale, esse possono essere immediatamente pignorate, senza prima dover procedere necessariamente con l’esecuzione forzata nei confronti dei morosi. Questo perché tali somme perdono la loro individualità e vanno a costituire una sorta di patrimonio condominiale (del tutto distinto dal patrimonio dei singoli condomini) che resta integralmente a disposizione dei creditori condominiali.
Ciò vuol dire che il principio prima esposto (per cui i creditori del condominio devono prima aggredire i beni dei condomini morosi e solo dopo che non siano rimasti soddisfatti possono aggredire quello dei condomini in regola con i pagamenti) non trova applicazione con riferimento al conto corrente condominiale.
Il creditore del condominio, quindi, potrà direttamente rivalersi sulle somme esistenti sul conto corrente, postale o bancario, intestato al condominio e non deve essere costretto a cercare prima ed innanzitutto di soddisfarsi sui beni del condomino moroso.
La tutela del condomino che sia in regola con i pagamenti, quindi, si riduce a questo: solo qualora i beni del condominio siano insufficienti (in caso, ad esempio, di conto corrente condominiale “a zero” o con attivo irrilevante) il creditore del condominio è obbligato ad agire in via esecutiva (cioè con pignoramenti) innanzitutto sui beni personali dei condomini morosi; solo qualora tali beni non siano sufficienti a soddisfare il creditore, quest’ultimo potrebbe aggredire il patrimonio dei condomini in regola con i pagamenti delle quote condominiali.
Il creditore del condominio, quindi, potrà agire pignorando il conto corrente condominiale e ottenere dal giudice l’assegnazione, a soddisfazione del proprio creditore fino alla concorrenza del suo ammontare, dell’attivo risultante su di esso. Una soluzione, quella indicata, che suscita perplessità ma che, finora, è stata sempre confermata dalle sentenze che si sono occupate della questione.
[1] Art. 1129, co. 7, Cod. civ.
[2] Art. 63, disp. att. del Cod. civ.
[3] Trib. Milano, ord. del 27.5.2014; Trib. Ascoli Piceno, sent. n. 1287 del 26.11.2015; Trib. Reggio Emilia, ord. del 16.5.2014.
Pignorabile il conto corrente condominiale per debiti di un solo condomino?
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