Sanzioni in condominio fino a 800 euro
Nel condominio in cui abito uno dei comproprietari parcheggia abitualmente la sua auto in cortile, nonostante il regolamento precisi chiaramente che il cortile serve come passaggio per accedere ai box, e non come luogo di sosta. La cosa è già stata segnalata all’amministratore, che ha scritto al condomino in questione, ma di tanto in tanto la cosa si ripete. Cosa possiamo fare? Possiamo applicare le nuove sanzioni da 200 a 800 euro previste dalla riforma del condominio?A.B. – S. DONÀ DI PIAVE
Violare il regolamento può portare a un esborso significativo per il condomino, perché adesso le sanzioni sono molto più elevate rispetto a quanto avveniva in precedenza. La riforma del condominio (legge 220/2012, entrata in vigore il 18 giugno 2013) ha finalmente aggiornato l’importo di 5 centesimi (corrispondente, in sostanza, alle vecchie 100 lire e ormai completamente anacronistico) che la precedente disciplina prevedeva come sanzione applicabile in tutti i casi in cui il singolo condomino poneva in essere un comportamento contrario a quanto previsto nel regolamento.
Adesso invece – secondo l’articolo 70 delle disposizioni di attuazione del Codice civile – l’infrazione può costare al condomino disobbediente una spesa fino a 200 euro, somma che aumenta fino a 800 euro nel caso di «recidiva», cioè quando lo stesso soggetto ripete una violazione più volte. La legge non chiarisce se la recidiva deve riguardare la stessa norma regolamentare oppure se la maggiore sanzione può essere applicata anche nel caso in cui la reiterata violazione del regolamento si riferisca anche a diverse disposizioni.
Resta il fatto che è pacifico, per quanto riguarda in particolare il caso descritto dal lettore, che il parcheggiare la propria autovettura negli spazi condominiali in presenza di uno specifico divieto previsto dal regolamento implica l’applicazione di una sanzione destinata ad aumentare qualora la violazione del divieto si ripeta una seconda volta. Il problema,
invece, si pone se – ad esempio – lo stesso condomino, sanzionato una prima volta per l’illegittimo parcheggio dell’auto, occupi poi (anche temporaneamente) con cose proprie il pianerottolo antistante la sua abitazione. Si tratta, invero, della violazione di un diverso divieto contenuto nel regolamento e perciò, stante il tenore letterale del disposto legislativo, essa dovrebbe integrare la cosiddetta «recidiva semplice».
Tale fattispecie si verifica, appunto, nel caso in cui ci sia una ripetizione del comportamento illegittimo, indipendentemente dal fatto che questa infrazione si riferisca a un precetto contemplato sì dal regolamento, ma diverso da quello non rispettato la volta precedente.
Anche dopo il 18 giugno scorso, oltretutto, era rimasto qualche altro dubbio applicativo, chiarito solo nelle scorse settimane. Con il decreto legge 145/2013 (meglio noto come "destinazione Italia") viene individuato il soggetto a cui spetta irrogare la sanzione e quantificarne l’ammontare: è l’assemblea che decide, con almeno la metà del valore dell’edificio e la maggioranza degli intervenuti. La relativa delibera, riguardando solo la disciplina dell’uso delle cose e dei servizi comuni, è suscettibile di impugnazione nel termine di 30 giorni in quanto annullabile e non già nulla (articolo 1137 del Codice civile).
Vale, comunque, la regola che la sanzione può essere applicata solo se il regolamento la prevede, non potendo – invece – l’assemblea stabilirla senza una delibera assunta dall’unanimità dei partecipanti al condominio. Lo stesso discorso vale nel caso si intenda applicare una diversa sanzione rispetto a quella prevista dalla legge: anche in questo caso serve una specifica previsione nel regolamento stesso, purché di natura contrattuale, essendo infatti impedito all’assemblea di deliberare a maggioranza in tal senso.
Prima, però, di arrivare all’estremo della sanzione, è più che mai opportuno l’intervento dell’amministratore, affinché il condomino "disobbediente" sia innanzitutto portato a conoscenza del tipo di violazione che gli viene addebitata, così da consentirgli di formulare le sue osservazioni o giustificazioni in proposito.
Si pensi, ad esempio, al parcheggio provvisorio dell’auto del condomino nel cortile comune oppure al temporaneo ingombro del pianerottolo con materiali in attesa di essere spostati altrove, ipotesi che possono trovare immediata soluzione con un semplice invito da parte dell’amministratore al rispetto dei divieti previsti nel regolamento. È compito dell’amministratore, d’altro canto, operare in buona armonia con i condòmini e, in tale ottica, cercare di comporre bonariamente ogni potenziale controversia.
Capita poi che la comodità prenda il sopravvento sulla coerenza, ed ecco che la violazione del regolamento da eccezionale diventa per alcuni la regola. Spetta all’amministratore, a questo punto, convocare l’assemblea per deliberare l’applicazione delle sanzioni, se e in quanto il regolamento – sia esso di natura assembleare o contrattuale – faccia espresso richiamo all’articolo 70 delle disposizioni di attuazione del Codice civile oppure preveda specifiche, e diverse, altre sanzioni (in tale ultimo caso il regolamento deve però essere di natura contrattuale, come ricordato). In alternativa, l’assemblea può essere autoconvocata se l’amministratore – ricevuta la richiesta da almeno due condòmini che rappresentino almeno 1/6 del valore dell’edificio – non provvede entro 10 giorni.
Comunque, se il regolamento non dice nulla sulle sanzioni e il tentativo di composizione dell’amministratore non va a buon fine, non restano che due alternative.
La prima è il tentativo di mediazione civile, che per le liti iniziate dal 20 settembre scorso è nuovamente condizione di procedibilità giudiziale in tutta una serie di controversie, tra cui quelle condominiali: in pratica, bisogna tentare la mediazione prima di un eventuale processo (Dl 69/2013, convertito in legge 98 del 9 agosto 2013). La mediazione può fornire senza dubbio una soluzione della lite da un lato rapida e poco costosa, e dall’altro rispettosa dei bisogni delle parti, così che l’accordo che definisce il conflitto ha maggiori probabilità, rispetto alla sentenza imposta dal giudice alle parti, di essere da queste rispettato, preservando peraltro integro il rapporto tra di loro.
Se neppure la mediazione riesce, però, non resta che rivolgersi al giudice di pace affinché – accertata l’avvenuta violazione del regolamento – inibisca al condomino di proseguire nella sua condotta scorretta e ponga a carico di costui le spese del giudizio, fissando nel contempo la somma dovuta per ogni successiva violazione o ritardo nell’esecuzione del proprio provvedimento (articolo 614-bis del Codice di procedura civile): si tratta di contenziosi giudiziari che di norma si concludono in tempi brevi e con costi limitati.
Si tenga presente, poi, che l’amministratore, in quanto soggetto tenuto a fare osservare le norme del regolamento (articolo 1130, n. 1, del Codice civile), non necessita di alcuna preventiva delibera assembleare per agire giudizialmente nei confronti di chi lo viola. Pari diritto spetta, se del caso, anche a ogni condomino qualora l’amministratore non ritenga di intervenire.
In sostanza, il trasgressore si trova costretto a un esborso di gran lunga superiore a quello previsto dalla legge e, il più delle volte, di misura tale da dissuaderlo dal ripetere l’abuso commesso nei confronti degli altri condòmini. Un percorso magari più lungo per il condominio, ma di più sicura efficacia nei confronti di colui che, magari ripetutamente, ha tenuto un comportamento in contrasto con quanto previsto nel regolamento.
Una volta deliberata l’applicazione della sanzione, oppure ottenuto il provvedimento di condanna, al condominio non resta che procedere a incassare il relativo importo, ponendo nel rendiconto consuntivo la spesa a carico dell’autore della violazione.
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