Riunione di condominio, illegittima la delibera se manca la prova dell’invito
Con la sentenza che di seguito si riporta, la Cassazione ha esaminato alcune questioni relative alla legittimità o meno delle delibere condominiali nel caso in cui manca la prova che tutti i condomini siano stati invitati a partecipare all’assemblea.
Si legge nella sentenza “la Corte di Appello ha ritenuto che l’omessa preliminare verifica della convocazione di tutti i condomini non sia di per sé ragione di invalidità della deliberazione (affermazione in astratto corretta), ma non ha considerato che il sesto comma dell’art. 1136 c.c. stabilisce che “l’assemblea non può deliberare se non consta che tutti i condomini sono stati invitati alla riunione”.
Orbene, seppure è corretto affermare che il condomino, il quale chieda l’accertamento della invalidità della deliberazione, deve fornire la prova che le regole di formazione della volontà assembleare non siano state rispettate (Cass. 8/11/1989 n. 4691; Cass. 14/3/1987 n. 2658; Cass. 27/6/1978 n. 3169), l’onere di provare che tutti i condomini siano stati tempestivamente avvisati della convocazione incombe, viceversa, sul condominio e non già sul condomino il quale eccepisca l’invalidità della deliberazione assembleare, perché non può porsi a suo carico l’onere di una dimostrazione negativa quale quella della mancata osservanza dell’obbligo di tempestivo avviso all’universalità dei condomini (cfr. Cass. 4/3/2011 n. 5254, Cass. 8/12/1987 n. 9109), avviso che si pone elemento costitutivo della validità della delibera”.
Corte di Cassazione, sezione VI Civile – 2
Ordinanza 17 luglio – 24 ottobre 2014, n. 22685
Presidente Bianchini – Relatore Proto
Fatto e diritto
Il relatore nominato per l’esame del ricorso ha depositato la relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. nella quale ha esposto le ragioni di manifesta fondatezza del terzo motivo del ricorso e di manifesta infondatezza degli altri motivi e ha concluso per l’accoglimento del ricorso con riferimento al terzo motivo.
Il ricorso è stato fissato per l’esame in camera di consiglio e sono state effettuate le comunicazioni alle parti costituite che hanno depositato memorie.
Nella relazione il relatore ha rilevato quanto segue.
“Osserva in fatto e in diritto.
1. Con ricorso del 12/3/2002 S.E. e Et. impugnavano la delibera condominiale del 18/1/2002 con la quale, in seconda convocazione, erano stati nominati gli amministratori e i consiglieri del condominio.
Con sentenza del 15/6/2005 il Tribunale di Roma rigettava l’impugnazione.
S.E. in proprio e quale erede di Sc.Et. proponeva appello che era rigettato dalla Corte di Appello di Roma con sentenza del 6/2/2013.
La Corte di Appello decidendo sui singoli motivi di appello, così motivava:
a) la dilazione minima di un giorno tra l’assemblea della prima e della seconda convocazione era stata rispettata perché la prima convocazione era stata fissata per le ore 24 del 17 Gennaio e la seconda convocazione il giorno successivo (alle ore 19,30: v. pag. 2 della sentenza di appello dove vengono riportate le deduzioni degli appellanti);
b) la mancata verbalizzazione dell’esito della prima convocazione, andata deserta, non incide sulla validità della seconda convocazione dal cui verbale, si desume (dal riferimento alla circostanza che l’assemblea si riuniva in seconda convocazione) il fatto che la prima convocazione era andata deserta;
c) l’omessa verifica della convocazione di tutti i condomini non è ragione sufficiente di invalidità della deliberazione non potendosi assimilare l’omesso controllo al vizio di mancata convocazione di tutti gli aventi diritto;
d) la censura per la quale gli eredi R.R. non erano ritualmente rappresentati in considerazione dell’omessa specificazione delle deleghe e del nome del delegato non era esaminabile in quanto solo il condomino delegante o che si intenda falsamente rappresentato è legittimato a far valere l’invalidità o l’assenza di delega;
e) l’indicazione, nel verbale del solo cognome dell’amministratore che era nominato non costituisce motivo di invalidità della delibera di nomina in quanto l’individuazione dello stesso può avvenire sulla base della documentazione e delle informazioni nella disponibilità dei condomini, come in effetti risulta avvenuto, posto che gli S. pochi giorni dopo gli avevano inviato, quale nuovo amministratore, una lettera.
S.E. ha proposto ricorso affidato a 5 motivi.
Il condominio, rappresentato dal suo amministratore, ha resistito con controricorso; al riguardo occorre osservare che la mancanza di autorizzazione assembleare non rileva in quanto l’amministratore può resistere all’impugnazione della delibera assembleare (e può gravare la relativa decisione del giudice) senza necessità di autorizzazione o ratifica dell’assemblea, giacché l’esecuzione e la difesa delle deliberazioni assembleali rientra fra le attribuzioni proprie dello stesso (Cass. 23/1/2014 n. 1451).
2. Con il primo motivo di ricorso la ricorrente deduce la violazione dell’art. 1136 comma terzo c.c..
La ricorrente sostiene che, differentemente da quanto ritenuto dalla Corte di Appello, sarebbe stato violato il termine minimo (un giorno) fissato dalla norma per riconvocare l’assemblea in seconda convocazione perché la norma dovrebbe essere interpretata nel senso che tra la prima e la seconda convocazione dovrebbero intercorrere almeno 24 ore; richiama l’art. 5 del regolamento condominiale che stabilisce la necessità dell’avviso almeno dieci giorni prima e che stabilisce che la seconda convocazione deve avvenire non oltre 10 giorni dalla prima.
2.1 Il motivo è manifestamente infondato.
Il richiamo al regolamento condominiale non assume rilevanza alcuna perché qui non si discute del rispetto del termine di 10 giorni per l’avviso della seconda convocazione (avviso che ben può essere unico per la prima e la seconda convocazione).
La norma richiamata non fissa limiti di orario per la seconda convocazione (v. Cass. 22/1/2000 n. 697) e questa Corte ha già affermato il principio per il quale la norma dell’art. 1136 c.c., secondo la quale tra la prima e la seconda assemblea deve passare almeno un giorno, va intesa non già nel senso che debbano trascorrere 24 ore, ma che la seconda assemblea deve essere tenuta, come minimo, nel giorno successivo (Cass. 29/1/1970 n. 196), principio al quale la Corte di Appello si è uniformata.
3. Con il secondo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1136 e 1137 c.c. e l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.
La ricorrente sostiene di avere lamentato l’omessa redazione del verbale dell’assemblea di prima convocazione e che nel verbale di seconda convocazione non vi era stato nessun accenno, neppure implicito alla prima riunione; richiama giurisprudenza per la quale il verbale deve dar conto di tutte le attività compiute, anche se non si sono perfezionate e non siano state adottate deliberazioni.
3.1 Il motivo è manifestamente infondato e la giurisprudenza richiamata non è pertinente al caso specifico dell’assemblea deserta di prima convocazione, nel corso della quale, proprio perché deserta, non solo non sono state prese decisioni, ma non è stata svolta alcuna attività e nulla poteva essere verbalizzato.
Occorre invece richiamare il principio, già affermato da questa Corte e che qui si condivide, per il quale la necessità della verifica del negativo esperimento della prima convocazione non comporta la necessità di redigere un verbale negativo, ma attiene alla validità della seconda convocazione la quale è condizionata dall’inutile e negativo esperimento della prima, in questo caso per completa assenza dei condomini; la verifica di tale condizione va espletata nella seconda convocazione, sulla base delle informazioni orali rese dall’amministratore, il cui controllo può essere svolto dagli stessi condomini i quali o sono stati assenti alla prima convocazione, o, essendo stati presenti, sono in grado di contestare tali informazioni;
pertanto, una volta accertata la regolare convocazione dell’assemblea, l’omessa redazione del verbale che consacra la mancata riunione dell’assemblea in prima convocazione non impedisce che si tenga l’assemblea in seconda convocazione, né la rende invalida (cfr. Cass. 24/4/1996 n. 3862; Cass. 13/11/2009 n. 24132).
Nella specie i condomini erano edotti sia del fatto che era stata fissata una prima convocazione, sia del fatto che si riunivano in seconda convocazione e l’amministratore ha dato atto della regolare convocazione dell’assemblea, così che, non risultando contestazioni dei condomini al riguardo, deve ritenersi provato il presupposto di validità della seconda convocazione.
4. Con il terzo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 1136 comma 6 e 2697 c.c..
La ricorrente afferma che, impugnando la delibera, aveva lamentato, quale motivo di invalidità, anche la mancata menzione della regolarità degli avvisi di convocazione e che pertanto gravava sul condominio l’onere di provare che tutti i condomini erano stati tempestivamente convocati e la mancata prova costituiva ragione di annullamento della delibera.
4.1 Il motivo è manifestamente fondato e va accolto.
La Corte di Appello ha ritenuto che l’omessa preliminare verifica della convocazione di tutti i condomini non sia di per sé ragione di invalidità della deliberazione (affermazione in astratto corretta), ma non ha considerato che il sesto comma dell’art. 1136 c.c. stabilisce che “l’assemblea non può deliberare se non consta che tutti i condomini sono stati invitati alla riunione”.
Orbene, seppure è corretto affermare che il condomino, il quale chieda l’accertamento della invalidità della deliberazione, deve fornire la prova che le regole di formazione della volontà assembleare non siano state rispettate (Cass. 8/11/1989 n. 4691; Cass. 14/3/1987 n. 2658; Cass. 27/6/1978 n. 3169), l’onere di provare che tutti i condomini siano stati tempestivamente avvisati della convocazione incombe, viceversa, sul condominio e non già sul condomino il quale eccepisca l’invalidità della deliberazione assembleare, perché non può porsi a suo carico l’onere di una dimostrazione negativa quale quella della mancata osservanza dell’obbligo di tempestivo avviso all’universalità dei condomini (cfr. Cass. 4/3/2011 n. 5254, Cass. 8/12/1987 n. 9109), avviso che si pone elemento costitutivo della validità della delibera.
5. Con il quarto motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 5 del regolamento del condominio e dell’art. 100 c.p.c..
La ricorrente lamenta il mancato accoglimento della censura secondo la quale alcuni condomini (“eredi R.R. “) non potevano essere rappresentati dal “R. O” in assenza di delega; osserva che il regolamento condominiale all’art. 5 stabilisce che i condomini “potranno farsi rappresentare con mandato scritto mediante lettera semplici” e che tale lettera non era mai stata acquisita agli atti del processo. La ricorrente censura inoltre la decisione della Corte di Appello che ha negato la legittimazione della ricorrente a far valere il difetto di delega e sostiene che il condomino è legittimato a far valere anche i vizi formali; aggiunge che l’invalidità della delega avrebbe fatto venir meno il quorum.
5.1 Il motivo, nella parte in cui è dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 5 del regolamento condominiale è inammissibile in quanto non risulta che la violazione della norma del regolamento sia mai stata dedotta nel giudizio di appello, e quindi la questione posta è del tutto nuova.
Il motivo relativo alla legittimazione del condomino a far valere l’invalidità o l’inesistenza della delega con la quale un rappresentante ha partecipato all’assemblea in nome e per conto di altri condomini è manifestamente infondato in quanto la Corte di Appello, sul punto si è pronuncia in conformità alla costante giurisprudenza di questa Corte, che qui si condivide, secondo la quale in tema di condominio e di assemblea condominiale, i rapporti fra il rappresentante intervenuto ed il condomino rappresentato debbono ritenersi disciplinati dalle regole generali sul mandato, con la conseguenza che solo il condomino delegante deve ritenersi legittimato a far valere gli eventuali vizi della delega scritta o la carenza del potere di rappresentanza e non anche gli altri condomini estranei a tale rapporto (Cass. 30/1/2013 n. 2218; Cass. 7/7/2004 n. 12466; Cass. 27/3/2003 n. 4531; Cass. 27/7/1999 n. 8116; Cass. 26/4/1994 n. 3952).
Le considerazioni che precedono sono dunque del tutto assorbenti e solo per completezza di motivazione, va altresì ricordato che prima della modifica dell’art. 67 disp. att. c.c., ad opera dell’art. 21 della L. n. 220 del 2012 (che ha previsto come obbligatoria la forma scritta per la delega con disposizione che, ratione temporis, non è applicabile al presente processo) la giurisprudenza di questa Corte aveva ritenuto che affinché uno dei condomini possa ritenersi ritualmente convocato a partecipare all’assemblea del condominio, nonché validamente rappresentato nella medesima con riguardo ad affari di ordinaria amministrazione da altro comproprietario della stessa unità immobiliare, non si richiedono particolari formalità, essendo sufficiente che risulti provato, anche per presunzioni, che l’uno dei predetti comproprietari abbia ricevuto effettiva notizia della convocazione dell’assemblea ed abbia conferito, sia pure verbalmente, il potere di rappresentanza all’altro (Cass. 27/7/1999 n. 8116; Cass. 11/11/92 n. 12119, Cass. 28/7/90 n. 7630, Cass. 25/5/84 n. 3231, Cass. 24/1/80 n. 590).
6. Con il quinto motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1129 — 1136 c.c. e l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.
La ricorrente, premesso che con la delibera assembleare era stato nominato all’unanimità l’ing. Penna, sostiene che la mancanza di ogni riferimento al nome di battesimo e ai dati anagrafici rendeva invalida tale nomina; la ricorrente aggiunge che la Corte di Appello avrebbe omesso di esaminare le proprie censure con le quali si deduceva tale motivo di invalidità e che nessun documento era acquisito agli atti, dal quale desumere il nominativo.
6.1 Il motivo, con riferimento alla violazione degli artt. 1129 e 1136 c.c. è manifestamente infondato in quanto le norme non prescrivono che nella delibera siano rispettati determinati requisiti per l’identificazione dell’amministratore e, nella specie, la Corte di Appello, con valutazione di merito ragionevolmente argomentata, ha ritenuto che l’indicazione, nel verbale del solo cognome, non avesse pregiudicato l’individuazione della persona nominata.
Il motivo, con riferimento all’omesso esame circa un fatto decisivo, è patimenti manifestamente infondato.
Il fatto decisivo era costituito dall’idoneità dell’indicazione del solo cognome ad individuare la persona dell’amministratore è tale fatto è stato esaminato dalla Corte di Appello e deciso con un ragionevole argomento presuntivo (a distanza di pochi giorni gli S. inviavano una lettera all’amministratore nominato).
Va infine osservato che il controricorrente richiama il verbale di assemblea prodotto nel fascicolo di parte del primo grado sostenendo che in quel verbale l’amministratore risulta indicato con nome e cognome.
5. In conclusione il ricorso può essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 380 bis e 375 c.p.c. per essere dichiarato manifestamente fondato quanto al terzo motivo e manifestamente infondato quanto agli altri motivi”.
Il collegio condivide e fa proprie le argomentazioni e la proposta del relatore.
Le osservazioni critiche esposte nella memoria del Condominio controricorrente non attingono le ragioni poste a fondamento dell’evidenziata violazione di legge, perché la norma richiamata (art. 1136 comma 6 c.c.) esclude che l’assemblea possa deliberare ove non consti che tutti i condomini siano stati invitati alla riunione e tale prescrizione non risulta rispettata.
Pertanto deve essere accolto il terzo motivo di ricorso e devono essere rigettati gli altri motivi.
La sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio, anche per le spese, ad altra sezione della Corte di Appello di Roma in relazione al motivo accolto; devono invece essere rigettati gli altri motivi di ricorso.
La Corte di Appello si atterrà al seguente principio di diritto:
è illegittima la delibera condominiale se non consta che tutti i condomini sono stati invitati alla riunione.
P.Q.M.
La Corte di cassazione accoglie il terzo motivo di ricorso e rigetta gli altri.
Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della Corte di Appello di Roma.
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