Ripartizione spese tra condominio e supercondominio
La differenza tra condominio e supercondominio è pacifica sia in dottrina che in giurisprudenza. Nel caso di un complesso residenziale costituito da tre distinti fabbricati, ciascuno degli edifici integra un condominio distinto, cui appartengono i soli proprietari delle unità abitative ivi ubicate e che è competente a deliberare in merito alla gestione ed amministrazione di quelle parti di quel solo stabile che sono destinate all’uso ed al godimento comune.
Invece, per quel che concerne i beni e servizi comuni a tutti e tre i fabbricati costituenti il complesso residenziale, sussiste un ulteriore (super) condominio deputato a provvedere alla loro gestione attraverso un’assemblea alla quale hanno titolo per partecipare i proprietari delle unità ubicate in tutti e tre gli edifici.
Di conseguenza, qualora la delibera di approvazione avesse riguardo ad un unico bilancio e fosse presa con il voto di tutti i partecipanti al complesso immobiliare, essa è da ritenersi completamente nulla.
Infatti, occorre approntare distinti documenti contabili: il primo riflettente le poste attive e passive della gestione dei beni comuni all’intero complesso; in altri tre separati bilanci quelle inerenti alla gestione dei singoli corpi di fabbrica, ognuno dei quali da sottoporre al vaglio ed all’approvazione separata di ciascuna assemblea condominiale.
Per cui ove invece l’approvazione si avesse in una unica assemblea bisogna ritenere che la stessa abbia oltrepassato i propri poteri che trovano un limite nella gestione dei beni comuni all’intero complesso edilizio.
Al riguardo occorre innanzi tutto evidenziare che le norme del codice civile dirette a disciplinare l’istituto del condominio non erano, prima della riforma, tendenzialmente destinate a trovare applicazione allorché venivano in considerazione più corpi di fabbrica del tutto autonomi tra loro. La disciplina civilistica del condominio era, infatti, destinata a regolare il fenomeno del collegamento tra la proprietà individuale e la proprietà collettiva negli edifici divisi per piani orizzontali ed ha il suo fondamento nella circostanza che talune porzioni dell’edificio (scale, muri maestri, fondamenta, etc.) sono necessarie per l’esistenza stessa del fabbricato e delle unità abitative che lo compongono ovvero sono strutturalmente e permanentemente destinate all’uso ed al godimento comune da parte dei proprietari delle singole abitazioni.
Per una tale evenienza il codice civile detta una presunzione di contitolarità, tra i proprietari delle singole unità abitative, delle porzioni dell’edificio che rivelino attitudine funzionale al servizio o al godimento collettivo la quale, in difetto di diverse previsioni contrattuali, sorge automaticamente con il frazionamento della proprietà edificiale in virtù di negozi giuridici atti a trasformare la situazione originaria di dominio esclusivo e solitario in una situazione di dominio plurimo. Cioè, allorché il proprietario dello stabile alieni a terzi una o più delle unità abitative che lo compongono, viene automaticamente a costituirsi il condominio sulle parti dello stabile strutturalmente e funzionalmente destinate all’uso comune senza necessità alcuna di un formale atto costitutivo, della formazione di un regolamento condominiale o di un’apposita delibera assembleare la quale assumerebbe valore meramente dichiarativo dell’esistenza del condominio da gestire nelle forme ed attraverso gli organi all’uopo contemplati dal codice civile.
Se tale era l’ambito applicativo dell’istituto codicistico del condominio, occorre tuttavia sottolineare che l’evolversi degli indirizzi urbanistici verso nuove tecnologie costruttive ha dato vita a nuove tipologie residenziali in cui edifici contigui ed autonomi, costituenti altrettanti condominii separati, che vantano taluni beni (es. un cortile, un viale d’accesso, etc.) o alcuni servizi (es. l’impianto di riscaldamento) destinati permanentemente ed oggettivamente all’uso ed al godimento di tutte le unità abitative comprese nei diversi corpi di fabbrica.
In una tale ipotesi, rispetto a tali beni e servizi, viene a costituirsi quello che in dottrina e giurisprudenza viene definito un «supercondomininio». Ed in virtù di un’interpretazione estensiva ed analogica potevano ritenersi applicabili ai suddetti beni o servizi le norme sul condominio degli edifici e, segnatamente, la presunzione di comunione dettata dall’art. 1117 c.c. nonché le disposizioni dettate dall’art. 1136 c.c. in tema di convocazione, costituzione e formazione dell’assemblea nonché di calcolo delle maggioranze da determinare avendo riguardo agli elementi reali e personali del supercondominio configurati, rispettivamente, da tutte le unità abitative comprese nel complesso e da tutti i loro proprietari.
Con la riforma il problema è stato risolto con l’espressione testuale di cui all’art. 1117 c.c. laddove si è previsto che le norme sul condominio si applicano anche in presenza di più unità immobiliari purché vi siano beni in comune. È questo è proprio il caso del supercondominio. Così si sono anche risolti, qualora vi fossero stati ancora dubbi i casi del cosiddetto condominio orizzontale, ecc.
Ove ciò avvenga, ciascuno dei corpi di fabbrica che costituiscono il complesso residenziale costituirà dunque un separato condominio dotato dei propri organi di gestione competenti a deliberare in merito alla conservazione, all’utilizzo ed alle spese da sostenere per l’amministrazione delle parti comuni dello stabile (assemblea ed amministrazione) e, accanto a tali condominii, ne sussisterà un altro deputato alla gestione dei beni e dei servizi destinati in modo permanente all’uso ed al godimento di tutti gli edifici dotato di analoghe competenze.
Affinché l’intero complesso edilizio possa essere considerato alla stregua di un intero edificio, e costituire un solo condominio dotato di competenza generale, occorrerebbe, infatti, necessariamente poter individuare un titolo convenzionale costitutivo di una comunione tra tutti gli abitanti del complesso sulle parti strutturali di tutti gli edifici; in mancanza di tale titolo, bisogna considerare l’esistenza di quattro separati condominii (uno per ciascun corpo di fabbrica) più quello relativo ai beni ai medesimi comuni, la quale discende dai principi generali in difetto di un titolo contrario.
Tra l’altro, un’eventuale delibera a maggioranza assunta dall’assemblea di un supercondominio per istituire un unico condominio tra i vari edifici sarebbe nulla, violando il diritto di ciascun condomino di far parte del condominio costituito dal solo edificio in cui è proprietario di unità immobiliari.
Resta eventualmente de verificare, sempre nel caso di complesso residenziale formato da più fabbricati, l’esistenza di un regolamento condominiale che stabilisca un’unità di gestione statuendo che le delibere inerenti all’amministrazione dei singoli fabbricati vengano comunque assunte in seno all’assemblea generale con le maggioranze ed il quorum costitutivo per la medesima previsto.
In tale evenienza, il predetto regolamento dovrebbe essere considerato nullo; infatti, tanto i regolamenti formati a maggioranza dall’assemblea quanto quelli aventi natura contrattuali perché formati dall’originario proprietario dell’edificio e richiamati negli atti d’acquisto delle singole unità abitative che lo compongono, non possono derogare alle disposizione codicistiche richiamate dall’art. 1138 u.c. c.c. e, segnatamente, all’art. 1136 c.c. che individua i soggetti legittimati a partecipare all’assemblea e le maggioranze necessarie per la rituale costituzione e per l’approvazione delle delibere.
Ne consegue che la previsione regolamentare relativa all’adozione delle delibere dei singoli condominii in seno all’assemblea generale con le maggioranze per la medesima previste, sarebbe evidentemente nulla legittimando la partecipazione al voto di soggetti che non hanno veste di condomini e fissando maggioranze evidentemente superiori a quelle legali.
Tale ragionamento è stato recentemente confermato dalla Suprema Corte che ha ritenuto nulla la delibera assembleare del supercondominio che aveva approvato il rifacimento delle facciate dei tre diversi fabbricati che lo compongono .
Il caso in esame soffre però ancora di altra particolarità, al riguardo la Cassazione ha negato ogni fondatezza alla diversa tesi che, sostenuta nella sentenza impugnata, riteneva che si fosse di fronte a disposizioni del regolamento di condominio che avessero dato luogo alla diversa convenzione ai sensi dell’art. 1123 c.c. che deve ritenersi derogabile.
Per la Suprema Corte tale previsione consente, invece, solo una diversa ripartizione convenzionale delle spese cui i condomini di un edificio siano tenuti comunque a contribuire. In realtà in tale diversa convenzione deve leggersi, trattandosi di regolamento contrattuale, anche la diversa ed unanime volontà di dare al bene non collegato funzionalmente una destinazione diversa di comproprietà ammessa dall’ordinamento e come tale le facciate appartengono a tutti i condomini e tutti partecipano alle deliberazioni che le hanno ad oggetto.
http://www.laleggepertutti.it/95018_con … condominio
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