Cari amici,
L’ ISTAT si premura di farci sapere che nel primo trimestre del 2010 il Pil è aumentato dello 0,5% rispetto al trimestre precedente e dello 0,6% rispetto al primo trimestre del 2009.
Ciò dovrebbe farci gioire?
Vi sentite più felici?
Mi chiedo chi ha inventato il PIL? Perchè tutti dobbiamo essere così preoccupati del PIL?
La risposta è che la nostra società ci obbliga a considerare importante SOLTANTO ciò che può essere comprato o venduto.
I conti sono fatti in modo distorto; pertanto non è importante vivere bene, ma soltanto portare a casa il “grano”.
Io non so chi ha inventato questo modello, ma sono convinto che se vogliamo salvarci dobbiamo riuscire a cambiarlo.
Il PIL ci obbliga a diventare lupi, se non vogliamo finire come pecore.
La violenza è all’ interno del mercato, e porta disperazione sia nelle nostre opulente società occidentali, sia nel cosiddetto “terzo mondo”.
Di seguito vi lascio una riflessione di Pierangelo Dacrema, economista e pubblicista, il quale ha descritto ciò che sopra ho cercato di esprimere in modo brillante e umano:
tratto dal libro “La dittatura del PIL”, di Pierangelo Dacrema (Edizioni Le maschere Marsilio):
Ti alzi una mattina incapsulato nel tuo PIL personale.
Non è un felice risveglio per diversi motivi, e non ti aiuta il fatto di essere così poco orgoglioso del tuo PIL, che è una frazione davvero infinitesimale di quello nazionale.
Certo, il tuo è il reddito di un singolo, di una sola persona, neppure troppo fortunata.
Ti deprime la microscopica entità della tua partecipazione al prodotto complessivo del Paese in cui vivi.
Per la verità, mentre sorseggi sconsolato un pò di latte e caffè, non esiti a riconoscere che ti interessa ben poco la misura miserevole del tuo contributo alla produzione nazionale, al benessere collettivo.
A te importa il fatto che il tuo reddito sia oggettivamente piccolo, e ti chiedi se esista un modo intelligente e non troppo rischioso per aumentarlo.
Vivi in città, in un appartamento modesto, due o tre stanze, un bagno, una cucina (posto che non si tratti di un angolo cottura).
Poco meno della metà di quanto guadagni ti serve per pagare l’ affitto.
E il tema della casa ti suggerisce tristi pensieri sulla posizione che ti è stata assegnata, o che ti sei meritata, nel contesto generale, nel quadro del reddito nazionale.
Se il PIL è l’ insieme delle risorse prodotte e per lo più consumate da un’ intera collettività nell’ arco di un anno, dell’ intero “condominio” del PIL ti è stato riservato uno sgabuzzino, qualcosa di più simile ad una cantina che ad una stanza.
Come uscirne? Come conquistare più spazio, più aria, più luce?
La tua casa assomiglia al tuo reddito, alla frazione del PIL nazionale, e il sospetto che sia la casa che meriti – la sola cui puoi legittimamente aspirare – ti getta ancora di più nello sconforto.
Ti aggrappi all’ idea che la responsabilità non sia tua, che debba esserci un errore, che solo un architetto incapace o distratto abbia potuto concepire il tuo infelice appartamento, così come il casermone inospitale del PIL, e che a parità di risorse impiegate, anche senza molto impegno, sarebbe stato facile fare di più.
Poi, però, ti vengono in mente le tue colpe, la tua inerzia, un cervello sempre più assopito al servizio di un corpo sempre meno efficiente e più impacciato.
E tutta una società intorno, un coro incessante di voci, una ridda di raccomandazioni, di suggerimenti, a volte imperiosi, a volte suadenti: Tutti a ricordarti che se vuoi ce la fai, ce la puoi fare, che devi essere rispettoso, ma ambizioso, educato ma aggressivo, determinato e competitivo.
Il mercato è una giungla!
Il mercato ha regole sue e del tutto condivise?
Certo, quelle della giungla; un luogo in cui devi aspettarti ogni tipo di agguato, dove devi essere guardingo se non vuoi soccombere, e diventare feroce se vuoi dominare.
Non vuoi accontentarti delle briciole, dei rimasugli del pasto altrui, e vuoi far crescere il tuo PIL?
Sappi che devi diventare un leone, che alla caccia è affidata la tua sopravvivenza, all’ abbondanza delle prede il vigore dei tuoi muscoli, la forza delle tue mascelle e la lucentezza del tuo pelo.
Il tuo PIL è il numero di gazzelle che riesci ad abbattere e a sbranare.
Occorre essere veloci e possenti, astuti e spietati.
Ma come (ti chiedi), ti hanno insegnato a dire buongiorno e buonasera, ad essere civile e gentile in tanti momenti della giornata e dell’ esistenza per poi costringerti a comportarti come una belva in materia di economia?
Ebbene si! La vita è una lotta senza esclusione di colpi, e se “mors tua vita mea” non è un semplice modo di dire ma bensì la legge che, almeno a quanto viene detto, governa il mondo delle imprese, lo stesso principio varrà per il tuo posto di lavoro e per il tuo ruolo nella vita.
Bevendo l’ ultimo sorso di caffè ti rimane il tempo per qualche altra amara riflessione.
Il presente non è mai disgiunto dal passato.
Ti ricordi di quando hai lasciato la tua ultima occupazione da lavoratore indipendente, optando per un impiego poco remunerato ma più sicuro.
Non ti sei mai sentito un combattente, e la tua scelta è stata rinunciataria ma meditata, tutto sommato consapevole.
Però ora stai riconsiderando la tua decisione.
C’ è qualcosa che ti ferisce in quello che ti circonda – oggetti, ambienti, persone – e sempre più spesso ti capita di pensare che qualche soldo in più non ti dispiacerebbe.
Bisognerebbe fare qualcosa! Ma cosa?
E’ difficile uscire dalla gabbia in cui ti sei ritrovato.
L’ assenza di un orizzonte è soffocante, e il tuo disagio assomiglia a un malessere.
Possibile che l’ unica via di fuga sia demolire tutto a colpi di piccone?
Se è così, avere più spazio significherebbe invadere altri spazi, occupare un’ altra stanza equivarrebbe a toglierla a chi ora la occupa.
Qualsiasi incursione in linea orizzontale o verticale nel condomìnio del PIL diventa un’ irruzione e implica un furto, un sopruso, una violenza.
Una competizione contempla sempre un vincitore. E si sa, chi vince potrebbe non avere la mano morbida, e lo sconfitto potrebbe covare rancore.
Ti chiedi se sia possibile svincolarsi da questo gioco a somma zero, uscire dalla logica per cui se c’ è qualcuno che guadagna deve esserci qualcuno che perde.
Perchè non costruirsi una propria abitazione, una graziosa villetta poco distante dal grigio condominio del PIL, in modo che qualche vano in più non lo si debba per forza ottenere a spese degli altri?
Fatto sta che è difficile, se non impossibile, avere licenze di costruzione, strappare lembi di terreno edificabile, crearsi uno spazio vivibile al di fuori del palazzo della produzione ufficiale.
Tu sai che viviamo di gesti, ma hai anche sufficiente esperienza del sistema per sapere che solo i gesti remunerati in denaro vengono premiati, e che quasi tutti gli altri sono trascurati, o addirittura frenati.
Per quale motivo dovresti alimentare un reddito non contabilizzato in denaro?
Con quale vantaggio potresti agire all’ esterno della grande casa del PIL?
Per questo il PIL crescerà con fatica e più lentamente di quanto desideri.
Certo, crescerà, ma per ragioni diverse da una volontà collettiva di farlo crescere.
Crescerà perchè a qualche politico sarà piaciuto esibire una prova della sua capacità di elemosinare benessere.
Crescerà oer una naturale tendenza alla crescita delle cifre dell’ economia monetaria, per un inflazione di prezzi e di oggetti che permea il sistema, per effetto di numeri vuoti e leggeri, gonfiati e liberati nell’ aria come palloncini sullo sfondo di una sagra paesana.
Crescerà perchè qualcuno, rovistando qua e là, avrà trovato della calce e, con l’ aiuto di qualche mattone e di un pò di detriti, avrà costruito alla bell’ e meglio un alloggio da aggiungere ai tanti che già esistono nel gigantesco e caotico condominio della produzione nazionale.
Della quale però nessuno oserà toccare le fondamenta.
Rimarrà immutata la strana e inquietante struttura del palazzaccio.
E continuerà a crescere una “cosa” più che una casa.
Nella calma di una prima mattina che ti sta regalando momenti di mesta lucidità, stai riflettendo sul fatto che a te, come a tutti, hanno insegnato a prendere più che a dare, che è meglio essere specialisti dell’ incasso che del gesto, che l’ arte è quella di elargire numeri, realtà virtuali, appropriandosi di fatti e di oggetti, di cose reali.
Perchè è così che si conquista la propria fetta di PIL, che si occupa il proprio spazio in un luogo in cui, una volta entrati, ci si deve fare largo.
Ed è così che il PIL diventa la casa della prepotenza e dell’ arroganza, un posto in cui ci si guadagna la vita sottraendola a quella degli altri.
Il sole 24 ore
Nel primo trimestre del 2010 il Pil è aumentato dello 0,5% rispetto al trimestre precedente e dello 0,6% rispetto al primo trimestre del 2009. Lo ha comunicato l’Istat precisando che i dati sono espressi in valori concatenati con anno di riferimento 2000, corretti per gli effetti di calendario e destagionalizzato. Il dato congiunturale è il migliore dalla fine del 2006 e il dato tendenziale è il migliore dal terzo trimestre 2007.
L’Istat ha reso noti anche i dati revisionati a partire dal 2005, in base ai quali negli ultimi trimestre il pil è diminuito del 2,9% congiunturale e del 6,5% tendenziale nel primo trimestre 2009, rispettivamente dello 0,3% e del 6,1% nel secondo, mentre è aumentato dello 0,4% congiunturale e sceso del 4,7% tendenziale nel terzo ed è sceso, infine, dello 0,1% e del 2,8% nell’ultimo trimestre dello scorso anno.
L’aumento congiunturale del Pil – spiega l’Istat in una nota – è il risultato di un aumento del valore aggiunto dell’agricoltura, dell’industria e dei servizi. Il primo trimestre del 2010 ha avuto due giornate lavorative in meno rispetto al trimestre precedente e lo stesso numero di giornate lavorative del primo trimestre 2009. La crescita acquisita per il 2010 è pari allo 0,6 per cento.
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