Cari amici,
ci sono diversi affermati studiosi di economia che sono sinceramente convinti che è necessario abolire le regole che “impediscono” il commercio.
Spesso leggo sui giornali che “lo stato si dovrebbe ritirare dall’ economia”, in modo che i “mercati si autoregolino”.
E’ interessante come questi ragionamenti partano da fondamenti sbagliati, si sviluppino con logiche corrette, ma poi arrivino a conclusioni sbagliate.
Il fondamento sbagliato su cui si fondano le tesi dei liberisti è che tutti gli operatori economici sarebbero uguali, avrebbero gli stessi diritti e gli stessi doveri, e quindi le stesse possibilità di incidere sul mercato.
Pertanto a loro giudizio io e Berlusconi saremmo “uguali”!
Negli Stati Uniti, patria del liberismo, il 10 per cento più ricco delle famiglie americane possiede quasi la metà del reddito nazionale totale; la metà di questa percentuale finisce nelle tasche dell’ 1 per cento più ricco, e quasi la metà di questa seconda percentuale va a beneficiare lo 0,1 per cento più ricco.
Nonostante questi dati che gridano scandalo, molti studiosi benpensanti si ostinano a chiedersi perchè mai nel mondo ci sono un miliardo di persone che soffrono la fame!
Mi sembra evidente che le regole economiche liberiste sono sbagliate, perchè favoriscono coloro che sono già ricchi, e creano disuguaglianze tra chi non ha nulla.
A prescindere da ogni opinione politica, sociale o religiosa, un ambiente economico prospera solo ed in proporzione a quanto ripartisce la ricchezza in modo omogeneo; inoltre vive in pace solo se tutti i gruppi sociali si rispettano, e pongono a fondamento della loro esistenza la tolleranza e il dialogo.
La politica, pertanto, deve produrre regole che favoriscano questo processo virtuoso, e, proprio per promuovere questo fine, deve riuscire ad incidere sui processi di formazione del valore economico.
Altrimenti il valore economico si accumulerà soprattutto attraverso la speculazione, e finirà nelle tasche dei “soliti” ricchi.
Il sole 24 ore
Nel 1999, invitato al programma di attualità Uncommon Knowledge, l’economista Milton Friedmandisse che le norme sulla sicurezza dei prodotti non erano necessarie e penalizzavano il mercato. Friedman affermò che le grandi aziende erano perfettamente consapevoli che impegnarsi in pratiche nocive le esponeva al rischio di cause legali. «Secondo voi, l’azienda che ha prodotto il talidomide ci ha guadagnato o ci ha perso, con questo farmaco?», chiedeva Friedman.
Ma la posizione ultraliberista e insofferente alle regolamentazioni di cui Friedman è stato il portabandiera fino al momento della sua morte, nel 2006 (una posizione che continua a guadagnare terreno in varie forme, sia negli Stati Uniti che all’estero), non è credibile nel mondo reale, dove i politici spesso proteggono le aziende dalle cause intentate dai privati.
Prendiamo il caso della senatrice repubblicana Lisa Murkowski, dell’Alaska, che è riuscita ad affossare una legge che puntava a innalzare il tetto massimo di risarcimento per le compagnie petrolifere da 75 milioni a 10 miliardi di dollari. Nonostante il disastroso sversamento di petrolio dalla piattaforma della Bp, nel Golfo del Messico, tuttora in corso, la senatrice Murkowski ha preso le difese delle grandi compagnie petrolifere sostenendo che questa legge farebbe salire i costi della produzione di petrolio.
Normalmente, i liberisti rispondono a esempi di questo tipo dicendo che quello di cui c’è bisogno non è più normativa pubblica, ma semplicemente politici migliori. Ma se per il liberismo servono politici incorruttibili, vuol dire che non è una filosofia seria. E l’argomento che nessun liberista autentico sarebbe mai stato favorevole a imporre un tetto massimo di risarcimento non coglie il punto essenziale.
I liberisti vogliono che a tutti siano applicati gli stessi parametri di responsabilità personale, e sostengono che saranno le leggi contro gli illeciti o la logica spietata del mercato a risolvere gli squilibri fra ricchi e poveri. Ma in realtà i parametri valgono solo per chi non ha soldi né potere. Quando le grandi aziende danno prova di grave negligenza, i politici liberisti spesso giustificano la cosa dicendo che «a volte gli incidenti succedono», per citare la recente dichiarazione di Rand Paul, candidato al Senato per il Partito repubblicano, per criticare i tentativi dell’amministrazione Obama di usare la mano pesante con la Bp.
Il fatto è che la regolamentazione funziona. La normativa ambientale ha prodotto aria e acqua molto più pulite da quando è stata applicata. Dalla conferenza Onu sull’ambiente a Stoccolma nel 1972 agli sforzi per eliminare lo smog a Los Angeles, gli effetti dell’impegno dei governi nazionali e locali per combattere l’inquinamento sono non soltanto dimostrabili, ma misurabili.
In quest’epoca di ideologia anti-Stato tendiamo spesso a dimenticarci dell’importanza e dei pregi di un’amministrazione pubblica che svolge il suo lavoro con serietà: quando si affidano responsabilità chiare a enti pubblici professionali, e quando i politici e i cittadini trattano le autorità con rispetto, queste spesso svolgono il loro lavoro. Denigrare e sminuire l’amministrazione pubblica, come fanno i fautori del «poco Stato», porterà probabilmente a inefficienze e fallimenti. Ma non è così che deve essere.
Per approfondire – La zuffa sulla soluzione
Il 25 maggio, il segretario al Commercio Gary Locke ha detto che lo sversamento di petrolio dalla piattaforma della Bp rappresenta una catastrofe per l’industria della pesca dei tre Stati americani che affacciano sul Golfo del Messico. In molte aree le attività di raccolta delle ostriche, di pesca del gambero e delle altre specie ittiche sono bloccate, con effetti devastanti per quella che rappresenta una delle principali attività economiche della regione. Nonostante settimane di sforzi frenetici per bloccare lo sversamento, gli ingegneri della Bp e di una serie di altre compagnie petrolifere non sono approdati a niente, scatenando la rabbia dell’opinione pubblica e rilanciando il dibattito a Washington sulla salvaguardia dell’ambiente.
Sei senatori, tutti democratici, di Stati della Costa Ovest hanno proposto di vietare in via permanente la trivellazione in mare nell’Oceano Pacifico (un’iniziativa simbolica dato che attualmente non sono in cantiere progetti del genere), e altri due senatori, anch’essi democratici, hanno cercato di alzare il tetto massimo di risarcimento a carico delle compagnie petrolifere da 75 milioni a 10 miliardi di dollari. Quest’ultima proposta si è scontrata con l’opposizione dei senatori repubblicani, che hanno bloccato la legge sostenendo che soffocherebbe le compagnie petrolifere più piccole scoraggiando l’esplorazione di nuovi giacimenti.
Con la domanda energetica dei consumatori americani che non accenna a diminuire e movimenti politici emergenti come quello dei Tea Party, che puntano a canalizzare il malcontento degli elettori verso il governo federale, alcuni politici conservatori (in particolare Rand Paul, il candidato repubblicano al seggio di senatore del Kentucky) hanno accentuato le loro posizioni pro-deregulation. A maggio, il partito repubblicano del Maine ha aggiunto al suo programma un «ritorno ai princìpi della scuola economica austriaca», riferendosi alla corrente liberista il cui fondatore, l’economista austriaco Ludwig von Mises, sostenne una volta che «l’interferenza dello Stato nella vita economica, che si presenta sotto il nome di politica economica, non ha fatto altro che distruggere la vita economica».
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