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Gli USA sono in recessione perchè manca l’ amore, non i soldi

Cari amici,

Pare che oggi i giornali economici si stiano accorgendo che negli USA le cose si stanno mettendo al peggio.

L’ economia americana è in crisi da almeno dieci anni, e oggi tutti i problemi si stanno materializzando.

I cittadini americani sono soli, abbandonati a loro stessi e alle forze di mercato, addestrati fin da bambini a consumare e produrre, e non conoscono altro che la competizione perchè nessuno si è mai preoccupato di fargli vedere il mondo da un’ altra prospettiva.

Questa situazione sociale così distorta porta a non vedere il valore delle cose, l’ importanza della società, il prezzo da pagare per un ambiente più sano e solidale.

Pertanto gli americani sono portati a credere che tutto abbia un prezzo, e a desiderare di avere sempre più soldi per comprare tutto ciò che la società suggerisce che sia desiderabile.

Non è possibile che una situazione così precaria prosegua all’ infinito; la crisi finanziaria ha solo evidenziato i problemi che ora devono essere risolti.

Anzitutto in America devono aumentare le tasse, e parecchio!

Ciò vuol dire che la classe media, dopo aver perso potere d’ acquisto a causa di incrementi di spesa irrinunciabili (assicurazione sanitaria, mutuo per l’ università dei figli, spese per la casa, auto, trasporti), dovrà accettare di perderne ancora, perchè dovrà pagare più tasse.

La classe dei super ricchi sarà sempre meno popolare, e si dovranno cercare spiegazioni per riuscire a capire perchè alcune persone devono disporre di un potere finanziario e patrimoniale così sproporzionato rispetto alla media della popolazione nazionale.

Quì in Europa siamo fortunati, perchè abbiamo una cultura più solidale e possiamo contare su reti di assistenza economica che in America sono inesistenti.

Dobbiamo finirla di imitare gli americani, perchè altrimenti rischiamo di finire come loro.

Quì in Italia la situazione è incerta, ma le nostre difficoltà dipendono soprattutto da una classe politica chiassosa e inetta, che passa il proprio tempo conducendo battaglie di potere dannose per gli interessi della gente.

Se non siamo già alla rivoluzione, lo dobbiamo alle risorse inesauribili di tantissima brava gente che riesce ad aiutarsi e sopravvivere grazie alle reti sociali e familiari che ci sostengono.

E’ bene ricordare che le risorse accumulate in passato oggi così necessarie alla sopravvivenza non dureranno per sempre.

Le case di proprietà dei genitori, le pensioni maturate in passato oggi impossibili, I BOT, che oggi garantiscono una vita dignitosa a nonni, padri e figli, prima o poi finiranno, perchè l’ economia basata sul profitto concentrerà la ricchezza sempre di più nelle mani di pochi “eletti”.

….ma non divaghiamo! Il messaggio è che l’ economia non può sostituirsi alla politica, nè può costituire un collante sufficiente a tenere insieme la società.

In America questo è un doloroso risveglio, e spero che forze nuove nascano nella società, le quali costringano la politica a condividere la ricchezza nazionale in modo più equo ed efficiente.

In Italia questa necessità è molto meno urgente che in America, ma certo anche da noi dobbiamo ripensare a lungo su come ripartire la ricchezze secondo logiche politiche più umane, solidali, ed efficienti.

Il punto della questione è che non abbiamo scelta: O ci salviamo tutti insieme, oppure tutti quanti affonderemo sempre di più nella solitudine, nella povertà, e nella disperazione.

Il Sole 24 ore

Fino a che punto sono tetre le prospettive per l’economia degli Stati Uniti? Sembra impossibile riuscire a capirlo dalle previsioni. Di questi tempi è facile trovare previsioni che diano il tasso di crescita economica degli Stati Uniti per l’anno prossimo al 3 per cento. Ma che cosa significa in realtà?

Gli analisti economici non affermano mai con certezza che la crescita sarà del 3%, dato che tutti riconoscono che il tasso di crescita reale può sempre essere superiore o inferiore alla percentuale indicata. Esiste, infatti, una distribuzione del possibile tasso di crescita, di cui ci viene data una delle opzioni disponibili.
Quindi, se un analista economico “sostiene” che ci si debba aspettare un tasso di crescita pari al 3%, vuol dire, in realtà, che il tasso potrebbe essere sia superiore che inferiore al 3%, indicandoci, di conseguenza, ciò che lui stima essere la percentuale media della distribuzione del possibile tasso di crescita? Oppure vuole invece dire che il tasso più probabile si avvicina al 3% (il valore modale) anche se in realtà secondo lui la percentuale reale sarà, con molta più probabilità, inferiore invece che superiore al valore medio?
Molti analisti oggi credono che vi sia un’alta probabilità che l’economia possa entrare nei prossimi dodici mesi in un periodo di recessione. Una seconda recessione, quindi, all’interno del processo di espansione. Pur ritenendo possibile questa prospettiva, gli stessi analisti indicano comunque che per i prossimi dodici mesi la percentuale più probabile, o il valore modale della distribuzione del possibile tasso di crescita, sarà intorno al 2 per cento.

Qualsiasi decision maker che faccia affidamento sulle previsioni, che si tratti di uomini d’affari, investitori o funzionari di governo, deve necessariamente conoscere le probabilità d’incorrere in tassi di crescita molto bassi o molto elevati. Ma quest’informazione non viene rivelata.

Alcuni sondaggi condotti sulle previsioni riportano la distribuzione dei vari analisti presi in considerazione. Tramite questi sondaggi, si è osservato che il valore medio delle previsioni di 20 analisti diversi è pari al 2,8%, il valore più elevato al 3,2%, mentre il più basso è al di sotto del 2,5. Se da un lato si tratta senza dubbio d’informazioni utili, dall’altro non vi è alcun riferimento alla probabilità che la crescita possa, alla fin fine, essere inferiore all’1% o persino inferiore a 0.

Gli ultimi dati sull’economia statunitense sembrano confermare la probabilità di una fase di declino nei prossimi dodici mesi. Mentre in Europa le cose sembrano prendere un’altra direzione. La ragione principale di questa prospettiva pessimistica è data dai piani di incentivi del governo che, pur avendo contribuito all’aumento della spesa pubblica nell’estate del 2009, stanno ora portando, con la loro scadenza, a una riduzione della spesa pubblica.

I piani d’incentivi non sono riusciti ad assicurare il rilancio dell’economia, come pianificato. Se da un lato sono stati in grado d’innescare il processo di ripresa, dall’altro il processo si è fermato lì. Le agevolazioni fiscali per l’acquisto delle automobili ne sono un esempio, in quanto hanno senza dubbio determinato un aumento del Pil nel terzo quadrimestre del 2009, di cui i due terzi dovuti alla produzione di autovetture, ma adesso, con la loro scadenza, hanno comportato una riduzione sia del livello delle vendite che della produzione. Un recente sondaggio condotto sui consumatori ha registrato il più basso livello d’intenzioni d’acquisto di auto degli ultimi 40 anni.

Sebbene la crescita su base annuale del Pil sia stata del 3% nel primo quadrimestre dell’anno, la crescita totale ha rivelato tuttavia un accumulo d’inventario, parte del quale dovuto a un livello deludente di vendite. Senza considerare l’accumulo d’inventario, la crescita del primo quadrimestre delle vendite finali su base annuale era pari allo 0,8%, e allo 0,2% rispetto al quarto quadrimestre del 2009.

Il secondo quadrimestre ha beneficiato di un’impennata dell’acquisto d’immobili grazie alle agevolazioni fiscali a favore degli acquirenti, con scadenza lo scorso aprile. Ma che cosa succederà nel terzo quadrimestre e nel periodo successivo ora che il piano è giunto al termine?

Se da un lato sembra troppo avventato al momento parlare di una seconda recessione per i prossimi mesi, molti di noi vedono comunque sempre più probabile una fase discendente. Purtroppo previsioni di questo tipo non vengono rese note.

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