Cari amici,
Gli incrementi di valore dei mercati finanziari che si verificano non hanno alcuna giustificazione economica.
L’ unico motivo per cui le azioni salgono è che la Fed fornisce denaro gratis per comprarle.
In america l’ economia reale è in ginocchio, gli americani sono per la maggior parte sempre più poveri (e quindi non spendono), e i pochi ricchi che ci sono, sono già così scandalosamente arricchiti che un po’ di soldi in più non gli danno un’ ulteriore voglia di spendere.
Tutto questo valore che continua a crescere senza motivo mi spaventa!
Ormai, dal punto di vista dell’ Unione Europea, la soluzione migliore è nazionalizzare tutti i debiti pubblici e presentarci uniti, in modo da dare un’ alternativa ai mercati, quando si toglieranno le bende dagli occhi e cominceranno a fuggire via dal biglietto verde, per cercare un’ alternativa.
Come tante vacche grasse in fuga, cercheranno il cavallo migliore, e lasceranno la fed al suo destino.
Forse, accanto alla Cina, un posticino ce lo ritaglieremo.
Se resteremo uniti, forse, avremo qualche speranza in più!
…ecco a voi il grande Maurizio Piglia:
Il Sole 24 Ore
Nella zona euro è in atto «una modesta ripresa» che resta tuttavia fragile, dopo la grave recessione e la successiva crisi del debito sovrano di alcuni Paesi che sono state «il primo, grande test di robustezza per l’area». L’euro si è comunque ben comportato e l’Eurozona, nel suo insieme, ha evitato alcuni dei peggiori eccessi della crisi finanziaria, mostrando una buona resistenza. Ora vi sono segnali incoraggianti di rafforzamento della domanda interna e le condizioni finanziarie sono migliorate. Tuttavia, «gli squilibri economici, finanziari e fiscali nei singoli Paesi membri hanno ostacolato un funzionamento efficiente dell’unione monetaria e portato a una sua crescente vulnerabilità». Vanno pertanto affrontati con un mix di sane politiche di bilancio, di strumenti macroprudenziali e di riforme strutturali.
È partendo da queste considerazioni che l’Ocse rivolge alla zona euro una lunga lista di raccomandazioni nel rapporto sulla politica economica dell’area, diffuso oggi a due anni di distanza dal precedente. Con un avvertimento: riportare all’equilibrio economie che soffrono di ampi squilibri, sarà un lavoro lungo e difficile. «L’immediata priorità» é l’avvio del consolidamento fiscale in tutti i paesi entro il 2011, anche se questo potrà frenare la crescita nel breve termine.
Ripetere gli stress test sulle banche a intervalli regolari
Tra le misure per stabilizzare e riparare il sistema finanziario, l’Ocse suggerisce di ripetere gli stress testsulle banche a intervalli regolari, di introdurre in tutti i Paesi strumenti che permettano di affrontare in modo ordinato ed efficiente le crisi finanziarie e tali da «assicurare che i costi dei fallimenti bancari ricadano il più possibile su azionisti e creditori». L’Organizzazione sottolinea che «nonostante il massiccio sostegno pubblico, la salute del settore bancario europeo resta il rischio-chiave per la ripresa», dopo gli eccessi degli anni del boom. È dunque necessaria una maggiore sorveglianza e supervisione del sistema bancario, anche con un efficace sistema ‘cross border’, così come una normativa più stringente. Il tutto ai fini di ridurre il rischio sistemico.
Bene Basilea III, ma andrebbe accelerata
Positiva l’introduzione di Basilea III (ma secondo l’Ocse “si dovrebbe prendere in considerazione la possibilità di accelerare la sua completa entrata in vigore”) e ben venga l’European Banking Authority che dovrebbe avere sufficienti poteri e risorse per assicurare la coerenza e l’efficacia dei sistemi nazionali di supervisione. A livello generale, va rafforzata la governance dell’area euro, con un maggiore coordinamento tra le politiche nazionali e con la creazione anche di un meccanismo permanente di risoluzione delle crisi, il cui intervento e sostegno preveda condizioni stringenti, che se non rispettate portino a un ritiro dell’aiuto. Considerando che la crisi risulterà probabilmente in una perdita del 3% dell’output potenziale, sia per il maggior costo del capitale, sia per un aumento della disoccupazione strutturale dell’area, l’Ocse consiglia di attuare una serie di riforme che limitino gli effetti di lungo termine della crisi e portino produttività e utilizzo del lavoro ai livelli dei ‘top performer’ dell’area Ocse. Vanno in primis allentate le norme che hanno effetti restrittivi sui mercati dei prodotti e del lavoro e va aumentata la concorrenza nelle industrie di rete.
Benefici sul Pil, da aumento età pensionabile e riduzione tasse su redditi anziani
Un considerevole contributo all’aumento del Pil pro capite (+0,5%-1%) potrà venire dall’aumento dell’età di pensionamento e dalla riduzione della tassazione del reddito dei lavoratori più anziani. Le riforme potrebbero anche portare a riduzione di salari e dei prezzi, che in alcuni casi potranno rivelarsi “inevitabili” per spostare le risorse dai settori interni diventati troppo grandi negli anni del boom e per aumentare la competitività all’export. L’impossibilità di ricorrere a svalutazioni della moneta, richiede in effetti “considerevole moderazione dei prezzi e dei salari nei Paesi con deficit” delle partite correnti. Sarebbero «particolarmente efficaci le riforme che riducono la ‘viscosita” di prezzi e salari, considerando le barriere relativamente elevate che in molti Paesi ostacolano l’aggiustamento». Tra queste l’Ocseelenca le norme stringenti di protezione del lavoro, l’elevata copertura da accordi collettivi tra sindacati e aziende e le normative restrittive del mercato dei prodotti. Le riforme contribuirebbero a frenare l’aumento della disoccupazione strutturale e il calo della partecipazione al lavoro.
Tra le priorità per le finanze pubbliche, l’Ocse indica che il consolidamento dovrebbe privilegiare la riduzione della spesa pubblica e la riduzione del rapporto debito/Pil dovrebbe avvenire a “un ritmo sostenuto” in modo che in tutti i Paesi non vada oltre al 60% del Pil. Un obiettivo che “richiederà ad alcuni Paesi uno sforzo prolungato”. Va inoltre rafforzata l’applicazione dei vincoli di bilancio europei, con l’introduzione sistematica di sanzioni. Sul fronte monetario, lo stimolo andrebbe ritirato non appena emergessero pressioni inflative, così come deve continuare il ritiro delle misure non standard, restando tuttavia pronti a reagire se si materializzano rischi nel settore finanziario. Vanno tenuti d’occhio anche fattori quali i prezzi dei beni immobiliari che potrebbero avere rischi di lungo termine, ricordando però che la politica monetaria «è uno strumento spuntato per sgonfiare le bolle, se non ai margini» e che invece servono politiche macro-prudenziali.
Politica monetaria e consolidamento fiscale
La politica monetaria può restare accomodante più a lungo, se il consolidamento fiscale, viene avviato come previsto e se emergono pressioni deflazionistiche. Tuttavia, va monitorato il rischio di distorsioni sui mercati finanziari che potrebbero emergere se i tassi restano bassi per un periodo prolungato. Tornando alle banche, infine, anche se i risultati sono migliorati, così come le situazioni patrimoniali, «è improbabile che abbiano ripulito i loro bilanci di tutti gli asset deboli e continueranno a soffrire perdite per il protrarsi delle ricadute della recessione». La possibilità di nuove svalutazioni è elevata e probabilmente saranno necessari rafforzamenti patrimoniali per assicurare che la provvista di credito sia adeguata.
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