Perché il condominio può agire contro l’appaltatore?
Perchè in tema di azione di responsabilità per gravi difetti contro l’appaltatore o il costruttore – venditore può agire anche l’amministratore di condominio?
Il condominio è una persona giuridica…no! Il condominio è un ente di gestione…nemmeno! Il condominio è un centro d’imputazione d’interessi distinto dai singoli condomini…forse!
AppaltoInsomma che gran confusione sulla natura giuridica del condominio! Esatto!
Il fatto che il condominio negli edifici, dal punto di vista della gestione, rappresenti un’incompiuta normativa (incompiuta cui nemmeno la riforma ha posto rimedio) fa sì che quando sia l’amministratore, per esso, a promuovere determinate cause, ci si domandi se ne aveva realmente i poteri.
Il riferimento non è solamente alla legittimazione attiva e passiva dell’amministratore ma proprio alla possibilità della compagine di portare avanti determinate azioni legali.
Tra queste v’è quella inerente l’azione di responsabilità dell’appaltatore.
Difformità o gravi difetti?
Due le azioni di responsabilità contemplate dalle norme codicistiche dettate in materia di appalto:
a) quella per vizi e difformità dell’opera (art. 1667 c.c.);
b) quella per gravi difetti e pericolo di rovina (art. 1669 c.c.).
In questo contesto, quindi, è necessario distinguere il concetto di vizi e difformità da quello di gravi difetti pericolo di rovina.
Secondo la dottrina per difformità deve intendersi una discordanza dell’opera dalle prescrizioni contrattuali, mentre i vizi sono la mancanza di modalità e qualità che, anche se non espressamente pattuiti, devono comunque considerarsi inerenti all’opera secondo le regole dell’arte e la normalità delle cose (così Caringella – De Marzo, Manuale di diritto civile – il contratto – Giuffrè, 2007).
CantiereI gravi difetti di costruzione, che danno luogo alla garanzia prevista dall’art. 1669 c.c., ad affermarlo è la Cassazione, non si identificano con i fenomeni che influiscono sulla staticità, durata e conservazione dell’edificio, ma possono consistere in tutte le alterazioni che, pur riguardando direttamente una parte dell’opera, incidano sulla struttura e funzionalità globale, menomando apprezzabilmente il godimento dell’opera medesima (sent. n. 2977/1998 e, proprio con riferimento ad infiltrazioni di acqua e di umidità per difetto di copertura, n. 10218/1994, n. 13112/1992) (Cass. 4 novembre 2005 n. 21351).
Il confine, spesso sottile ad un occhio non tecnico (proprio per questo è sempre bene farsi coadiuvare da un esperto qualora si riscontrassero problemi nel proprio immobile), incide e non poco sulle garanzie per il proprietario dell’appartamento in relazione alle opere commissionate all’appaltatore (o al costruttore nel caso d’immobile acquistato da chi lo ha costruito senza specifico contratto di appalto).
Nel caso difetti ai sensi dell’art. 1667 c.c., infatti, la responsabilità dell’appaltatore è biennale e di natura contrattuale, ossia solamente chi ha stipulato un contratto con il committente può lamentarsi dei vizi del bene.
Opere, difformità e gravi difetti
Il discorso cambia rispetto a quanto previsto dall’art. 1669 c.c.
Secondo il Tribunale di Roma, che è tornato sull’argomento nel dicembre del 2013 ribadendo quanto più volte detto dalla Cassazione, la norma in esame prevede una ipotesi di responsabilità di natura extracontrattuale, per l’ipotesi di rovina e gravi difetti di cose immobili, sancita per ragioni e finalità di interesse generale.
Ciò fa sì che essa si applichi non soltanto ai rapporti fra committente ed appaltatore, ma anche a quelli fra l’acquirente di un fabbricato ed il costruttore venditore, pur in mancanza fra di essi di un formale negozio di appalto (cfr., in tal senso, fra le molte, Cass. 28 gennaio 2005 n. 1748, Cass. 29 marzo 2002 n. 4622, 19 settembre 1997 n. 9313, Cass. 27 agosto 1997, n. 8109; Cass. 14 agosto 1997, n. 7619; Cass. 7 giugno 1994, n. 5514), con la conseguenza il predetto costruttore non può ritenersi sollevato dalla responsabilità verso l’acquirente qualora l’opera sia stata eseguita (in tutto o in parte), su suo incarico, da un terzo (Trib. Roma 18 novembre 2013 n. 23119).
In questo contesto, specifica il Tribunale di Roma, ossia proprio in ragione della natura extracontrattuale della responsabilità prevista dall’art. 1669 c.c., il condominio dev’essere considerato legittimato ad agire per il risarcimento del danno per gravi difetti riguardanti le parti comuni.
La norma stessa, conclude il giudice capitolino, trova applicazione non solo in ipotesi di rovina, ovvero di evidente pericolo di rovina dell’edificio, ma anche allorché l’immobile presenti gravi difetti di costruzione, configurabili nei vizi che, senza influire sulla stabilità dell’opera, pregiudichino in modo grave la funzione cui l’immobile è destinato, ovvero il normale godimento del medesimo (in tal senso, fra le altre, cfr. Cass. 10 aprile 1996, n. 3301; Cass. 29 novembre 1994, n. 10218; Cass. 11 dicembre 1992, n. 13112) (Trib. Roma 18 novembre 2013 n. 23119).
http://www.lavorincasa.it/articoli/in/n … paltatore/
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