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Le spese per il rifacimento del cortile comune, che funge anche da copertura per i box, si dividono tra tutti i condomini e non solo tra quelli che sono anche proprietari delle autorimesse. E per ripartirle occorre usare il criterio indicato dall’articolo 1125 del Codice civile, tenendo conto della duplice funzione svolta dall’area, e non le regole dettate dall’articolo 1126, né dall’articolo 1123, comma 1, che prevedono la divisione in base ai millesimi di proprietà, né dall’articolo 1123, comma 2.
Lo ha confermato la Corte di cassazione che, con la sentenza 2243 del 16 febbraio scorso, ha chiarito che «in materia di condominio, qualora si debba procedere alla riparazione del cortile condominiale, che funga anche da copertura per i locali sotterranei di proprietà esclusiva di singoli condomini, ai fini della ripartizione delle relative spese non si può ricorrere ai criteri previsti dall’articolo 1126 del Codice civile, ma si deve, invece, procedere a un’applicazione analogica dell’articolo 1125 del Codice civile, il quale stabilisce che le spese per la manutenzione e la ricostruzione dei soffitti, delle volte e dei solai sono sostenute in parti eguali dai proprietari dei due piani l’uno all’altro sovrastanti, mentre accolla per intero le spese relative alla manutenzione della parte della struttura complessa identificantesi con il pavimento del piano superiore a chi con l’uso esclusivo della stessa determina la necessità della inerente manutenzione e pone a carico del proprietario del piano inferiore l’intonaco, la tinta e la decorazione del soffitto».
Nel caso in esame, alcuni condomini avevano chiesto al Tribunale di dichiarare la nullità di una delibera assembleare che aveva ripartito, in base ai millesimi di proprietà generale, la spesa per la manutenzione straordinaria del cortile comune. I condomini, sostenendo che il cortile serviva i comproprietari in misura diversa, dato che fungeva anche da copertura dei box, avevano chiesto di dividere le spese in base al criterio dell’articolo 1123, comma 2, del Codice civile, vale a dire in modo proporzionale rispetto all’uso che ciascun condomino ne può fare. Ma i giudici di primo grado avevano respinto la domanda.
Così, i condomini avevano impugnato la sentenza di primo grado di fronte alla Corte d’appello, che aveva accolto il ricorso e annullato la delibera assembleare, ritenendo che si potesse applicare l’articolo 1123, comma 2, del Codice civile: questo perché «il cortile comune risulta pacificamente privo di attrezzature per la sosta delle persone, così da non offrire alcuna particolare utilità ai condomini residenti», mentre «la pavimentazione del cortile serve anche da copertura delle sottostanti autorimesse (…), assolvendo all’essenziale funzione di protezione e impermeabilizzazione dei corrispondenti spazi e dei beni negli stessi collocati (o collocabili) dai condomini che ne hanno la proprietà esclusiva».
I giudici di legittimità hanno però cassato la sentenza di secondo grado, evidenziando che il cortile comune non perde «la funzione di dare aria e luce al condominio, né quella di assolvere a una funzione di generico e indifferenziato calpestio da parte dei condomini residenti e di consentire (…) l’accesso dei furgoni»: quindi non può essere esclusa «la compartecipazione di tutti i condomini (…) alle spese relative alla copertura del pavimento». Su come dividere le spese nel dettaglio serve però una valutazione sul merito dei lavori. E la Cassazione ha rilevato come «la Corte d’appello abbia omesso di valutare il tipo di intervento in relazione al quale è intervenuta la delibera di riparto della spesa: se cioè l’opera di manutenzione straordinaria avesse riguardato solo la manutenzione o la riparazione della pavimentazione del cortile (spesa da porre a carico di tutti i condomini) o avesse riguardato anche la struttura sottostante, e cioè il solaio con la relativa impermeabilizzazione (spesa da ripartire invece in parti eguali tra tutti i condomini contitolari del cortile, da un lato, e i proprietari esclusivi dei garage sottostanti, dall’altro)».
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