Opponibilità del Regolamento di condominio
Avv. Gabriele Mercanti scrive…
La Corte di Cassazione, con la Sentenza della Seconda Sezione Civile n. 5657 depositata in data 20 marzo 2015, enuncia una serie di principi in ordine alle modalità di approvazione del regolamento di Condominio nonché ai limiti di opponibilità del medesimo ai terzi acquirenti dell’unità immobiliare facente parte del complesso condominiale.
Tuttavia, se relativamente ad alcuni aspetti (id est l’invalidità di un mandato rilasciato dall’acquirente al venditore – costruttore avente ad oggetto l’approvazione dell’emanando regolamento) si registra un ampia e consolidata opinione di vedute (1), su altri (id est il ruolo decisivo della trascrizione del regolamento nel registro previsto dall’originario art. 1129 c.c.) (2) la conclusione accolta dagli Ermellini è a dir poco singolare.
La complessa vicenda analizzata nei giudizi di merito verteva, tra l’altro, sulla legittimità o meno di alcune clausole di un regolamento di condominio: dall’attore ritenute invalide, in quanto lesive dei diritti esclusivi del singolo condomino; dal convenuto reputate – invece – legittime, in quanto di natura contrattuale per esser le medesime state approvate in sede di acquisto delle singole unità immobiliari.
Prima, però, di entrare nel cuore della decisione del S.C. può essere utile una brevissima disamina in ordine all’istituto del Regolamento di Condominio, essendo pacifico ed assodato che nell’alveo della medesima locuzione siano – in realtà – enucleabili due distinte figure: il regolamento di Condominio c.d. proprio e il regolamento di Condominio c.d. contrattuale (o improprio che dir si voglia).
Il primo è quello contenente le norme circa l’uso delle parti comuni, la ripartizione delle spese, la tutela del decoro dell’edificio e l’amministrazione.
Il secondo, invece, è quello che incide sulla proprietà esclusiva del condomino ponendone dei limiti di godimento e/o utilizzo.
Detta distinzione è, seppur indirettamente, consacrata dall’art. 1138 quarto comma c.c. (3) nella parte in cui statuisce che le norme del regolamento (che a questo punto sappiamo essere quello c.d. proprio) “non possono in alcun modo menomare i diritti di ciascun condomino” (che, invece, per interpretazione ovvia – a contrario – potranno essere intaccati da un regolamento c.d. contrattuale).
Dalla distinzione contenutistica di cui sopra (4) discendono sia un differente iter procedimentale di approvazione sia un diverso regime pubblicitario, in quanto: mentre il regolamento c.d. proprio può essere approvato a maggioranza e non deve (né può) essere trascritto nei Registri Immobiliari, quello c.d. contrattuale richiede il consenso di tutti i condomini (5) e deve essere trascritto nei Registri Immobiliari consistendo – in linea di massima – nel perfezionamento di una servitù (a carico della proprietà esclusiva di un proprietario ed a favore delle restanti parti comuni).
I Giudici del Palazzaccio, tuttavia, per dirimere la vertenza a favore dell’inopponibilità ai terzi delle contestate clausole del regolamento affermano anche “che non era stato nemmeno trascritto nell’apposito registro di cui all’art. 1129 c.c., u.c., secondo la previsione dell’art. 1138 c.c., comma 3, in modo da poter assolvere la funzione di pubblicità notizia per essere opponibile nei confronti di tutti i condomini”.
L’affermazione lascia a dir poco perplessi, non tanto perché nessuna norma attribuiva a tale registro una funzione di pubblicità dichiarativa, ma – soprattutto – in quanto l’associazione professionale dei proprietari dei fabbricati, presso la quale il regolamento si sarebbe dovuto conservare, è stata soppressa con il D.Lgs. n.369 del 23.11.1944, rendendo così inattuabile (in fatto ed in diritto) l’adempimento pubblicitario de quo.
Ne è derivato allora l’accoglimento del ricorso per asserita inidoneità del regolamento contrattuale ad essere opposto ai terzi: unica consolazione è che la mancata pubblicità presso un organismo inesistente non è stato, come si evince dalla stesura del Provvedimento, il solo argomento che ha indotto gli Ermellini all’accoglimento del ricorso.
(1) Cfr. recentemente sul punto Cass. n. 8.606/2014.
(2) Il caso in commento riguardava una fattispecie perfezionatasi prima dell’entrata in vigore della Legge n. 220/2012 (c.d. riforma del Condominio) e, quindi, vigente l’art. 1138 terzo comma c.c. nella parte in cui statuiva che il regolamento di condominio dovesse essere “trascritto nel registro indicato dall’ultimo comma dell’art. 1129”; art. 1129 ult. comma c.c. che – a sua volta – faceva riferimento, seppur ad altri fini, all’esistenza di “apposito registro” che ai sensi dell’originario art. 71 disp. att. c.c. doveva essere “tenuto presso l’associazione professionale dei proprietari dei fabbricati”. Con la novella Legislativa sopra citata l’”apposito registro” è stato di fatto sostituito dal registro dell’anagrafe condominiale al quale deve oggi essere allegato il regolamento di Condominio.
Nonostante le differenze tra le due forme di conservazione, esse sono accomunate da un medesimo beffardo destino consistente nella mancanza di un’espressa previsione legislativa in ordine agli effetti di tale adempimento pubblicitario (verrebbe – quasi – da dire “mal comune … mezzo gaudio”): tale (omissiva) similitudine rende la Sentenza in commento potenzialmente estensibile anche alle fattispecie perfezionatesi post riforma.
(3) La formulazione letterale ante riforma e post riforma è identica, il che consente di trasferire i convincimenti maturati prima della novella legislativa ai giorni d’oggi senza particolari necessità di adeguamenti interpretativi.
(4) Correttamente la distinzione è di natura contenutistica e non formale, in tal senso cfr. Cass. n. 12.173/1991: “Poiché la natura di clausola regolamentare dipende unicamente dal suo contenuto, in un regolamento condominiale richiamato nei singoli atti d’acquisto degli appartamenti dell’edificio condominiale (c.d. regolamento contrattuale) hanno natura contrattuale soltanto le disposizioni che incidono nella sfera dei diritti soggettivi o degli obblighi di ciascun condomino, mentre hanno natura tipicamente regolamentare le norme riguardanti le modalità d’uso della cosa comune e, in genere, l’organizzazione e il funzionamento dei servizi condominiali”.
(5) Si noti che detto consenso dei condomini può essere raggiunto con due diverse modalità tecniche: o attraverso una delibera condominiale assunta all’unanimità ovvero attraverso la specifica ed espressa approvazione del regolamento da parte del condomino in sede di acquisto del bene in condominio.
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