Nuovi quorum dell’assemblea di condominio
Tra le più importanti novità introdotte dalla riforma del condominio, vi sono la modifica del quorum costitutivo in prima convocazione e l’introduzione del quorum costitutivo in seconda. In prima convocazione il quorum costitutivo resta di due terzi del valore dell’edificio, ma si abbassa in riferimento ai partecipanti: da due terzi alla maggioranza. Resta invariato il quorum deliberativo: la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio.
Il quorum in seconda convocazione – È del tutto nuovo, invece, il quorum costitutivo in seconda convocazione. Prima della riforma, infatti, il legislatore aveva previsto unicamente quello deliberativo. Non essendo indicato un minimo per la valida costituzione dell’assemblea, occorreva fare riferimento al solo quorum necessario per la validità delle deliberazioni, vale a dire un terzo dei partecipanti e un terzo del valore dell’edificio. Dal 18 giugno 2013, invece, anche nella seconda convocazione si incontra il quorum costitutivo, che coincide con il precedente quorum deliberativo: un terzo dei partecipanti e un terzo dei millesimi. Di conseguenza, si abbassa il quorum deliberativo, consistente nella maggioranza dei presenti e almeno un terzo del valore dell’edificio.
La riforma, poi, ha stabilito un quorum ancora più elevato di quello previsto per le innovazioni: per soddisfare esigenze di interesse condominiale, l’assemblea, con un numero di voti che rappresenti i quattro quinti dei partecipanti al condominio e i quattro quinti del valore dell’edificio, può modificare la destinazione d’uso delle parti comuni.
Il quorum per le innovazioni – A proposito di innovazioni, il legislatore è intervenuto anche in questa materia. Il secondo comma dell’articolo 1120 del Codice civile prevede ora una maggioranza agevolata (ma più alta che in passato) per una serie di interventi che possiamo definire "virtuosi", riguardanti gran parte delle opere sull’edificio o sugli impianti previsti dalle leggi speciali: sicurezza e salubrità degli edifici e degli impianti; barriere architettoniche; contenimento del consumo energetico; realizzazione di parcheggi; produzione di energia mediante l’utilizzo di fonti rinnovabili; impianti centralizzati per la ricezione radiotelevisiva e per l’accesso a qualunque altro genere di flusso informativo. Su tutti questi fronti si richiede la maggioranza degli intervenuti, con almeno la metà dei millesimi (invece dei due terzi normalmente previsti per le innovazioni).
Le iniziative in proprio – Sino a oggi il condomino, anche senza il consenso dell’assemblea o l’avviso all’amministratore, poteva servirsi della cosa comune, purché non ne alterasse il decoro e la destinazione e non impedisse agli altri partecipanti di farne parimenti uso. Sussistendo tali requisiti, era possibile apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa.
Sul punto vanno segnalate le rilevanti modifiche dovute alla riforma. Infatti, nell’unità immobiliare di sua proprietà o nelle parti normalmente destinate all’uso comune, che siano state attribuite in proprietà esclusiva o destinate all’uso individuale, il condomino, prima di eseguire opere, deve darne preventiva notizia all’amministratore, che ne riferisce all’assemblea. È, questo, un adempimento prima non previsto. Se ne desume che l’amministratore deve convocare appositamente l’assemblea, che avrà la possibilità di verificare se l’opera possa recare danno alle parti comuni o determinare pregiudizio alla stabilità, alla sicurezza o al decoro architettonico dell’edificio. Peraltro, anche dopo la riforma, il condomino non avrà bisogno di una delibera favorevole. L’assemblea potrà solo imporre lo stop all’opera in caso di violazione dei divieti citati.
Le prerogative dell’assemblea – Il legislatore ha previsto un’altra possibilità di intervento dell’assemblea, qualora il condomino voglia procedere con:
a) installazioni di impianti non centralizzati per la ricezione radiotelevisiva e per l’accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo, avendo cura che i relativi collegamenti fino al punto di diramazione per le singole utenze siano realizzati in modo da recare il minor pregiudizio alle parti comuni e alle unità immobiliari di proprietà individuale, preservando in ogni caso il decoro architettonico dell’edificio;
b) installazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili destinati al servizio di singole unità del condominio sul lastrico solare, su ogni altra idonea superficie comune e sulle parti di proprietà individuale dell’interessato.
Nelle ipotesi indicate, qualora si rendano necessarie modificazioni delle parti comuni, l’interessato ne dà comunicazione all’amministratore, indicando il contenuto specifico e le modalità di esecuzione degli interventi.
Anche in questo caso, quindi, l’amministratore dovrà convocare appositamente l’assemblea, la quale potrà verificare la sussistenza dei requisiti e prescrivere, con lo stesso quorum necessario per le innovazioni (maggioranza degli intervenuti e almeno due terzi del valore dell’edificio), adeguate modalità alternative di esecuzione o imporre cautele a salvaguardia della stabilità, della sicurezza o del decoro architettonico dell’edificio.
Nei casi delle opere di cui alla precedente lettera b, l’assemblea potrà provvedere, su richiesta degli interessati, a ripartire l’uso del lastrico solare e delle altre superfici comuni, salvaguardando le diverse forme di utilizzo previste dal regolamento di condominio o comunque in atto. L’assemblea, con la medesima maggioranza, può altresì subordinare l’esecuzione alla prestazione, da parte dell’interessato, di una idonea garanzia per i danni eventuali.
Un recente orientamento giurisprudenziale, infine, aveva ritenuto che l’assemblea non avesse competenza per deliberare l’adozione di sistemi di videosorveglianza. Sul punto la riforma, rispondendo anche a una sollecitazione del garante della privacy, ha stabilito che tali impianti possono essere installati con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio.
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