Nulla la delibera che dispone la rimozione coatta dell’auto
Avv. Alessandro Gallucci scrive…
E’ nulla, perché contraria alla legge, la deliberazione con la quale l’assemblea condominiale decide la rimozione coatta dell’auto del condomino, con spese a suo carico, per il caso d’inosservanza delle disposizioni concernenti la regolamentazione dell’uso dei parcheggi comuni.
La Cassazione, con la sentenza n. 820 del 16 gennaio 2014 ha stabilito, meglio ribadito, che il regolamento di condominio non può stabilire sanzioni che vadano oltre quelle previste dall’art. 70 disp. att. c.c.
La decisione riguarda un caso sorto prima dell’entrata in vigore della riforma del condominio, e dei correttivi prescritti dal così detto decreto destinazione Italia (Destinazione Italia. Due utili allegati per scoprire come cambierà la normativa sul condominio) ma conserva tutta la propria efficacia anche nella vigenza della nuova disciplina.
Vediamo perché.
Nel caso risolto dagli ermellini, alcuni condomini impugnavano una deliberazione assembleare con la quale era stata decisa la regolamentazione dell’uso di uno spazio comune, prescrivendo la possibilità di parcheggiare un’autovettura per ogni condomino nonché le sanzioni per il caso d’inosservanza di quella decisione.
In particolare, la delibera condominiale prevedeva la rimozione del mezzo con spese a carico del condomino che aveva commesso l’infrazione. L’impugnazione era respinta tanto in primo, quanto in secondo grado.
I condomini, quindi, portavano la causa davanti ai giudici di piazza Cavour. Relativamente alla sanzione prevista dalla deliberazione contestata, essi ne contestavano l’illiceità per contrarietà alla legge.
La Cassazione gli ha dato ragione.
Si legge in sentenza che rispetto alle sanzioni come quella oggetto di contestazione già in altre occasioni s’è avuto modo di chiarire che "qualora nel regolamento condominiale sia inserita, secondo quanto previsto eccezionalmente dall’art. 70 disp. Att. c.c., la previsione di una "sanzione pecuniaria", avente natura di pena privata, a carico del condomino che contravvenga alle disposizioni del regolamento stesso, l’ammontare di tale sanzione non può essere superiore, a pena di nullità, alla misura massima consentita dallo stesso art. 70 e pari ad Euro 0,05 (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 10329 del 21/04/2008; Cass. n. 948 del 26.01.1995). A maggior ragione dunque non si può ritenere che sia consentito introdurre nel regolamento condominiale sanzioni diverse da quelle pecuniarie, ovvero diversamente “afflittive”, ciò che sarebbe in contrasto con i principi generali dell’ordinamento che non consentono al privato – se non eccezionalmente – il diritto di "autotutela" (Cass. 16 gennaio 2014, n. 820).
Perché questa sentenza varrà anche come precedente pure nella vigenza delle norme novellate dalla riforma del condominio?
L’art. 70 disp. att. c.c., prima per mano della legge n. 220 del 2012, poi per mezzo del d.l. n. 145/2013 (così detto decreto Destinazione Italia) è stato oggetto di modifiche riguardanti l’importo delle sanzioni e il soggetto legittimato ad erogarle.
La norma in esame attualmente recita:
Per le infrazioni al regolamento di condominio può essere stabilito, a titolo di sanzione, il pagamento di una somma fino ad euro 200 e, in caso di recidiva, fino ad euro 800. La somma è devoluta al fondo di cui l’amministratore dispone per le spese ordinarie. L’irrogazione della sanzione è deliberata dall’assemblea con le maggioranze di cui al secondo comma dell’articolo 1136 del Codice.
Insomma si innalza la sanzione pecuniaria e si specifica chi può irrogarla ma non si dice nulla in merito alla possibilità di prevedere sanzioni di altro genere.
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