Cari amici,
Mi chiedo dove sia finita la democrazia, ma forse è più esatto scrivere dove sia finita la cultura politica!!
Non capisco più la logica con cui si prendono le decisioni, che subisco senza sapere il perchè.
Mi sembra che le tasse si devono pagare soprattutto per pagare i debiti, che non si sa perchè, ma gravano sulle spalle di tutti i cittadini.
Ma quando ci si renderà conto che i debiti non si possono più pagare?
Non si tratta di cattiva volontà, ma bensì di mancanza di risorse finanziarie.
In altre e più semplici parole questo concetto si può scrivere scrivendo che non ci sono i soldi per pagare i debiti, e non abbiamo neanche la possibilità di produrli con il lavoro o la speculazione prodotta dai mercati reali.
Le tasse, finchè aumenteranno, aggraveranno questa situazione, perchè dreneranno altre risorse finanziarie, che pertanto non saranno usate per incrementare l’ economia.
Il trattato fiscale farà in modo che questa situazione diventi strutturale, e probabilmente causerà una recessione che durerà decenni.
Non abbiamo bisogno di un trattato fiscale, ma bensì di un governo fiscale, che serva a portare risorse fiscali dove mancano, e soprattutto a drenare risorse finanziarie laddove ce ne sono troppe.
Abbiamo bisogno di una visione politica comune della classe media, che possa indirizzare la politica in un confronto costruttivo con i detentori dei grandi patrimoni.
E questo può succedere soltanto con una evoluzione della società e della politica, oppure con una violenta rivoluzione sociale.
Io preferirei la prima soluzione!!
Il megafono quotidiano
New York – Più di 120 economisti hanno pubblicato un appello sul quotidiano francese Le Monde in cui si pronunciano contro il Trattato fiscale europeo. Denunciano un trattato "portatore di una logica recessiva che aggraverà gli squilibri attuali" e chiedono a François Holland di non seguire la politica di austerità dei suoi predecessori. I firmatari provengono da scuole accademiche diverse e tra loro ci sono economisti molto noti come: Frédéric Boccara, Marc Bousseyrol, Laurent Cordonnier, Denis Durand, Guillaume Etievant, David Flacher, Bernard Friot, Jean Gadrey, Jacques Généreux, Bernard Guerrien, Jean-Marie Harribey, Michel Husson, Sabina Issehnane, Florence Jany-Catrice, Esther Jeffers, Paul Jorion. E ancora Pierre Khalfa, Dany Lang, Philippe Légé, Frédéric Lordon, Christiane Marty, François Morin, André Orléan, Dominique Plihon, Christophe Ramaux, Gilles Raveaud, Jacques Rigaudiat, Dominique Taddéi, Stéphanie Treillet.
No al Fiscal compact
Dal 2008, l’Unione europea è di fronte a una crisi economica senza precedenti. Contrariamente a quanto preteso dagli economisti liberali, questa crisi non è dovuta al debito pubblico. La Spagna e l’Irlanda, ad esempio, subiscono gli odierni attacchi dei mercati finanziari nonostante questi paesi abbiano sempre rispettato i criteri di Maastricht. L’aumento dei deficit pubblici è una conseguenza della caduta delle entrate fiscali dovuta in parte ai regali fiscali fatti alle classi più agiate, all’aiuto pubblico apportato alle banche commerciali e al ricorso ai mercati finanziari per detenere il debito a tassi di interesse molto elevati.
La crisi si spiega anche per l’assenza totale di un regolamentazione del credito e dei flussi di capitali a spese del lavoro, dei servizi pubblici e delle attività produttive. Essa è gestita dalla Banca centrale europa che appoggia senza condizioni le banche private ed esige al momento una "stretta condizionalità" all’austerity dagli Stati quando si tratta di svolgere il ruolo di "prestatore in ultima istanza". Ed impone loro delle politiche di austerità che si rivelano incapaci di combattere la speculazione sui debiti sovrani dato che la sua sola missione riconosciuta dai trattati e quella di mantenere la stabilità dei prezzi. Inoltre, questa crisi è aggravata dal dumping fiscale intra-europeo e dal divieto imposto alla Bce di prestare direttamente agli Stati per le spese future, al contrario di altre banche centrali del mondo come la Federal Reserve Usa. Infine, la crisi è rafforzata dall’estrema debolezza del bilancio europeo e dal suo sprofondamento al tasso ridicolmente basso dell’1,24% del Pil, con un orientamento che rende impossibile qualsiasi espansione coordinata e ambiziosa dell’attività in Europa.’
Limitando più che mai la capacità dei paesi a rilanciare le loro economie e imponendo loro l’equilibrio dei conti pubblici, il trattato è portatore di una logica recessiva che aggraverà meccanicamente gli squilibri attuali. I paesi che soffrono un affossamento della loro domanda interna saranno condotti a ridurre ancora più fortemente la loro domanda pubblica. Mentre diversi Stati membri sono già in recessione, questa minaccerà ancora l’attività produttiva e il lavoro, dunque le entrate pubbliche, il che accentuerà alla fine i deficit. Così, l’Ocse prevede già 300 mila disoccupati in più, in Francia, alla fine del 2013 dovuti all’austerità. A medio e lungo termine, il dato ipotecherà la transione sociale ed ecologica che ha bisogno di investimenti considerevoli.
In nome di una pretesa "solidarietà europea", il trattato organizza di fatto la garanzia da parte degli Stati dei grandi patrimoni finanziari privati. Scolpisce nel marmo misure di austerità automatiche, imposte ai rappresentanti dei popoli, costringendo le loro decisioni di bilancio, dettate da un organismo non eletto. Il Meccanismo di stabilità europea (l’Esm), instituzione anti democratica per eccellenza, potrebbe proporre prestiti a tassi un po’ meno elevati (5% in media). Ma questi prestiti sarebbero condizionati all’applicazione di una austerità drastica imposta ai popoli!
La garanzia pubblica degli investitori privati non fa che incoraggiare la speculazione mentre bisognerebbe spezzarla togliendole dalle mani il debito pubblico. L’insieme dell’edificio risposa così su delle condizionalità anti-sociali imposte a qualsiasi aiuto o intervento, e il rifiuto di intervento diretto della Bce per le nuove spese. Questa si accontenterà di un riacquisto restrittivo dei titoli di stato sul mercato secondario come già annunciato recentemente da Mario Draghi.
Centinaia di economisti nel mondo, tra cui alcuni premi Nobel come Joseph Stiglitz e Paul Krugman, hanno ampiamente criticato il non senso economico della politica attualmente in campo in Europa. Il risultato è senza appello: l’austerità è ingiusta, inefficace, anti-democratica.
Noi possiamo fare diversamente. L’avvenire dell’Europa merita un dibattito democratico sulle soluzioni di uscita dalla crisi. Un’espansione coordinata dell’attività produttiva, del lavoro e dei servizi pubblici sarebbe possibile, in particolare tramite il finanziamento diretto selettivo e a basso tasso da parte della Bce degli organismi pubblici di credito pubblici. Perché la Ue metta in azione queste politiche è urgente riformare e democratizzare le sue istituzioni. Un Fondo europeo di sviluppo sociale ed ecologico, a gestione democratica, potrebbe accentuare questa dinamica. In più, potrebbe mettere in pratica un controllo della finanza, in particolare vietando gli scambi di obbligazioni sovrane sui mercati secondari, limitando strettamente la cartolarizzazione e i prodotti derivati e tassando i movimenti di capitali speculativi.
Le sfide sociali ed ecologiche sono attualmente immense. È urgente una svolta per uscire dalla crisi dall’alto. È possibile disfarsi del bilancio oscuro delle politiche liberiste di una Francia che comprende 5 milioni di disoccupati e 10 milioni di poveri. Per darsi i mezzi adeguati occorre spezzare la morsa dei mercati finanziari e non dare loro maggior forza. È per questo che rifiutiamo la ratifica del Trattato europeo sulla stabilità, il coordinamento e la governante (Tscg).
I firmatari:
• Louis Adam, commissaire aux comptes,
• Matthieu Agostini, expert RSE,
• Pierre Alary, maître de conférences, Université Lille 1,
• Daniel Bachet, professeur, Université d’Evry,
• Emmanuel Barret, expert, banque d’investissement,
• Philippe Batifoulier, maître de conférences, Université Paris 10,
• Michel Bellet, professeur, Université de Saint-Etienne,
• Nicolas Beniès, économiste, université populaire de Caen,
• Matthieu Béraud, maître de conférences, Université de Lorraine,
• Eric Berr, maître de conférences, Université Bordeaux 4,
• Jacques Berthelot, INP Toulouse,
• Pierre Bezbakh, maître de conférences, Paris IX-Dauphine,
• Pierre Bitoun, INRA,
• Frédéric Boccara, maître de conférence associé, Université Paris XIII,
• Paul Boccara, maître de conférence honoraire, université de Picardie,
• François Bojzcuk, conseiller en développement socio économique des territoires,
• Serge Bornet, agrégé SES,
• Marc Bousseyrol, maître de conférences, IEP de Paris,
• Mireille Bruyère, maître de conférences, Toulouse 2,
• Claude Calame, directeur d’étude, EHESS, Paris
• Christophe Carrincazeaux, maître de conférences, Université Bordeaux 4,
• Pierre Causse, économiste,
• David Cayla maître de conférences, Université d’Angers,
• Christian Celdran, administrateur civil honoraire,
• Gabriel Colletis, professeur, Université de Toulouse 1,
• Christian Corneliau, économiste, EHESS,
• Laurent Cordonnier, maître de conférences, Université Lille 1,
• Jacques Cossart, économiste,
• Yves Dimicoli, économiste, ancien membre du conseil Äanalyse économique,
• Vanessa Di-Paola, maître de conférences, Université d’Aix-Marseille
• Jean-Paul Domin, maître de conférences, Université de Reims,
• Alain Dontaine, Université Stendhal-Grenoble,
• Ali Douai, maître de conférences, Université Bordeaux 4,
• Denis Durand, économiste, membre du Conseil économique, social et environnemental,
• Jean-Marc Durand, économiste,
• Guillaume Etievant, expert économique auprès des CE,
• David Flacher, maître de conférences, Université Paris 13,
• Mathieu Forgues, professeur agrégé de SES,
• Anne Fretel, maître de conférences, Université Lille 1,
• Bernard Friot, Université Paris-X, institut européen du salariat,
• Maryse Gadreau, professeur émérite, Université de Bourgogne,
• Jean Gadrey, professeur, Université Lille I,
• Véronique Gallais, économiste,
• Jacques Généreux, professeur, IEP de Paris,
• Ariane Ghirardello, maître de conférences, Université Paris 13,
• Patrick Gianfaldoni, maître de conférences, université d’Avignon et des Pays de Vaucluse,
• Jean-Pierre Gilly, professeur, Université de Toulouse 1
• Gael Giraud, CNRS, Ecole d’Economie de Paris, ESCP-Europe
• Bernard Guerrien, SAMM, Centre d’économie de la Sorbonne,
• Alain Guéry, Histoire économique, CNRS
• Bernard Guibert, économiste-statisticien,
• Hector Guillen-Romo, université Paris 8,
• Ozur Gun, maître de conférence, université de Reims,
• Jean-Marie Harribey, maître de conférences, Université Bordeaux 4,
• Michel Husson, économiste,
• Sabina Issehnane, maître de conférences, Université Rennes 2,
• Florence Jany-Catrice, professeur, Université Lille 1
• Esther Jeffers, maître de conférences, Paris 8
• Paul Jorion, titulaire de la chaire « Stewardship of Finance » à la Vrije Universiteit Brussel,
• Andrée Kartchevsky, professeur, université de Reims,
• Pierre Khalfa, syndicaliste, membre du Conseil économique, social et environnemental,
• Thierry Kirat, directeur de recherche au CNRS, Paris Dauphine
• Robert Kissous, statisticien économiste,
• Agnès Labrousse, maître de conférences, Université de Picardie,
• Stéphanie Laguérodie, maître de conférences, Paris 1,
• Dany Lang, maître de conférences, Université Paris 13,
• Catherine Lebrun, économiste,
• Cécile Lefevre, professeur, Université Paris Descartes,
• Pierre Le Masne, maître de conférences, Université de Poitiers
• Philippe Légé, maître de conférences, Université de Picardie,
• Pierre Lévy, maître de conférences, Université Paris Dauphine,
• Frédéric Lordon, directeur de recherche au CNRS,
• Jérôme Maucourant, maître de conférences, Université Jean Monnet – IUT de Saint-Etienne
• Jean Magniadas, membre honoraire du Conseil économique et social,
• Marc Mangenot, économiste,
• Jonathan Marie, maître de conférences, Université Paris XIII,
• Christiane Marty, économiste,
• Pierre Mascomère, actuaire,
• Gustave Massiah, économiste,
• Antoine Math, économiste,
• Thierry Méot, statisticien-économiste,
• Nicolas Meunier, économiste,
• Sandrine Michel, maître de conférences, Université Montpellier 1
• Catherine Mills, maître de conférences, Université Paris 1,
• Matthieu Montalban, maître de conférences, Université Bordeaux 4,
• Alain Morin, directeur de la revue Economie et Politique,
• François Morin, professeur, Université Toulouse 1,
• Nolwenn Neveu, professeur agrégé de SES,
• Alain Obadia, membre du Conseil économique social et environnemental
• André Orléan, directeur de recherches, CNRS-EHESS,
• Fabienne Orsi, IRD,
• Gilles Orzoni, économiste,
• Bernard Paranque, économiste, euromed management,
• Pascal Petit, économiste, université Paris 13,
• Henry Philipson, économiste,
• Dominique Plihon, professeur, Université Paris 13,
• Jean-François Ponsot, maître de conférences, Université Grenoble 2,
• Nicolas Prokovas, maître de conférences, Université Paris 13,
• Christophe Ramaux, professeur, Université Paris 1
• Gilles Rasselet, professeur, Université de Reims,
• Frédéric Rauch, rédacteur en chef de la Revue Economie et Politique,
• Gilles Raveaud, Institut d’Etudes Européennes, maître de conférence Paris 8 St-Denis,
• Jacques Rigaudiat, ancien conseiller social des Premiers ministres Rocard et Jospin,
• Bertrand Rothé, professeur agrégé d’économie gestion, Université de Cergy Pontoise,
• Gilles Rotillon, professeur, université Paris X,
• Jean-Marie Roux, économiste,
• Catherine Samary, maître de conférences, Paris Dauphine,
• Bertrand Seys, maître de conférences Télécom Bretagne,
• Richard Sobel, maître de conférences Université Lille 1,
• Bernard Sujobert, statisticien-économiste,
• Dominique Taddéi, ancien président d’université, ancien Président de la Caisse des dépots et consignations,
• Bernard Teper, économiste,
• Bruno Tinel, maître de conférences, Université Paris I,
• Stéphanie Treillet, maître de conférences des universités,
• Sébastien Villemot, économiste,
• Philippe Zarifian, professeur, Université Paris Est-Marne la vallée
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