Per il Lodo Alfano, Caso Consulta, lite in aula
Di Pietro attacca i giudici
La cena tra il premier, il Guardasigilli e due toghe chiamate a pronunciarsi sul Lodo Alfano: è polemica
Cari amici,
Leggo sul giornale di oggi che Berlusconi è “amico” dei giudici costituzionali che hanno giudicato il cosiddetto “lodo Alfano”, il quale ha interrotto in corso d’ opera i processi penali a carico del Premier.
Leggo anche che questi personaggi si incontrano privatamente per passare del buon tempo conviviale, si stimano, hanno interessi in comune da condividere.
Devo pensare che questi rapporti non “ungano le ruote” dei meccanismi politici che poi producono le leggi?
Devo pensare che le decisioni si prendano nelle aule preposte, dopo un sereno dibattito?
Mi si dica cosa devo pensare!
Io non so più cosa pensare.
Corriere della sera
ROMA – Una interrogazione dai toni assai duri del leader dell’Italia dei Valori Antonio Di Pietro, un conseguente battibecco tra l’ex pm e il ministro Sandro Bondi, la risposta del ministro Elio Vito, e una lettera aperta del giudice Costituzionale Mazzella al premier Silvio Berlusconi.
Infiamma l’aula della Camera la polemica sulla Consulta e in particolare sulla cena, al centro di un’inchiesta de L’Espresso, alla quale hanno partecipato il presidente del Consiglio, il ministro della Giustizia Angelino Alfano e due giudici della Corte Costituzionale, Luigi Mazzella e Paolo Maria Napolitano, chiamati a pronunciarsi sul Lodo Alfano.
«I DUE GIUDICI E IL MINISTRO SI DIMETTANO»
Il leader dell’Italia dei Valori Antonio Di Pietro ha presentato un’interrogazione per chiedere conto della cena.
E il governo, attraverso, il ministro Elio Vito, si è difeso in aula spiegando che si è trattato di un «incontro conviviale», durante il quale non si è parlato del lodo Alfano.
Spiegazioni poco convincenti per l’ex pm, che usando toni molto duri a Montecitorio, ha parlato di «toghe spregiudicate» e ha chiesto le dimissioni dei giudici Mazzella e Napolitano e del Guardasigilli.
Da parte sua, con una lettera aperta al premier, il giudice Mazzella, ha voluto garantire all’«amico di vecchia data» che la cena a casa sua, contestata dal Pd e dall’Idv, non è stata la prima e «non sarà certo l’ultima fino al momento in cui – scrive – un nuovo totalitarismo malauguratamente dovesse privarci delle nostre libertà personali».
L’iniziativa di Mazzella ha inasprito le polemiche.
Per Di Pietro la missiva dimostra che il giudice è «reo confesso» e quindi «deve dimettersi».
«Pur comprendendo il legittimo desiderio del giudice Mazzella di difendere le proprie libertà personali, non possiamo che continuare a giudicare del tutto inopportuna una cena privata con il presidente del Consiglio, il ministro della Giustizia e i presidenti delle commissioni Affari costituzionali, alla vigilia della decisione della Corte sul lodo Alfano» afferma la capogruppo del Pd nella commissione Giustizia della Camera, Donatella Ferranti.
«INCONTRO CONVIVIALE»
«Il governo Berlusconi non ha organizzato nella casa del giudice Mazzella alcuna riunione» è stata la difesa del governo in Aula di cui si è fatto portavoce il ministro Elio Vito a Montecitorio.
«Molte settimane prima della data indicata, a maggio, il presidente Berlusconi, il sottosegretario Gianni Letta, il ministro della Giustizia Angelino Alfano, il presidente della commissione Affari costituzionali del Senato Carlo Vizzini e il giudice costituzionale Paolo Maria Napolitano hanno ricevuto un invito a cena con le rispettive consorti dal giudice costituzionale Luigi Mazzella.
Si trattava di un incontro conviviale – ha spiegato Vito – che è conseguenza di rapporti di conoscenza e di stima antica organizzato nella prima metà del mese di maggio.
In ogni caso antecedente al 26 giugno, quando la Consulta ha fissato al 6 ottobre la data di inizio della sua discussione sul lodo Alfano nominando il relatore».
«CENA CARBONARA E PIDUISTA»
Parole che non hanno però soddisfatto Di Pietro che ha giudicato «inaccettabile» la risposta del governo, apostrofando come «carbonara e piduista» la cena attraverso la quale, secondo l’ex pm, è stata «compromessa la credibilità della Corte» che deve essere «talmente indipendente che non dovrebbe in alcun modo essere oggetto di interferenze».
Insomma, con quella cena «avete infangato la sacralità della Corte» e ora «qualsiasi decisione presa il 6 ottobre non sapremo mai se sarà frutto di indipendenza» o esito della «cena piduista», ha concluso Di Pietro.
POLEMICHE
Anche per Lanfranco Tenaglia, responsabile Giustizia del Pd, «la cena getta un’ombra di grave inopportunità sul comportamento dei due giudici costituzionali Mazzella e Napolitano».
«La violenta aggressione dell’opposizione nei confronti della Corte Costituzionale è un chiarissimo tentativo di delegittimazione e di interferire sulla decisione del Lodo Alfano» contrattacca Fabrizio Cicchitto, presidente dei deputati del Pdl.
BATTIBECCO DI PIETRO-BONDI
Il caso Mazzella è stato anche al centro di un battibecco tra il leader dell’Italia dei Valori e il ministro della Cultura Sandro Bondi.
Quando l’ex pm Di Pietro ha preso la parola per illustrare la sua interpellanza sulla cena ha usato toni molto forti.
Che non sono piaciuti al ministro Bondi.
Seduto ai banchi del governo, accanto al ministro dell’Istruzione, Mariastella Gelmini, e a quello dei Rapporti con il Parlamento, Elio Vito, Bondi ha più volte allargato le braccia scuotendo la testa e borbottando.
Ma nel momento in cui Di Pietro ha parlato di «giudici spregiudicati che infangano la Corte», anche Elio Vito ha guardato ripetutamente il presidente di turno, Rocco Buttiglione, sperando in un intervento.
Che non è arrivato.
«Vergognati! Vergognati!» ha a quel punto gridato più volte Bondi all’indirizzo di Di Pietro.
Poi si è alzato continuando a inveire verso gli scranni dell’Idv. I commessi gli si sono avvicinati.
Alla fine, il ministro della Cultura ha preferito abbandonare l’Aula.
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