L’errore nella redazione delle tabelle millesimali giustifica la loro revisione anche a maggioranza
…di Alessandro Gallucci
In tema di condominio negli edifici le tabelle millesimali, anche se approvate con il consenso di tutti i condomini, non hanno necessariamente natura negoziale e quindi possono essere modificate, nel caso di errore di redazione, con le stesse maggioranze necessarie per l’approvazione e la revisione del regolamento, atto del quale rappresentano un allegato.
L’errore rilevante, che è poi quello citato nell’art. 69 disp. att. c.c., consiste nella mancanza di corrispondenza tra situazione reale e valori espressi nelle tabelle.
Questa, in sostanza, la decisione resa dalla Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 21950 del 25 settembre 2013.
La sentenza è segnalata per due motivi:
a) gli ermellini ribadiscono espressamente il principio di diritto espresso dalle Sezioni Unite nel 2010 (sent. n. 18477) in materia di approvazione e revisione dei valori millesimali;
b) sebbene la controversia riguardasse un fatto antecedente l’entrata in vigore della riforma del condominio, i suoi effetti non potranno non essere tenuti in considerazione anche nella vigenza della nuova normativa.
Nozione di errore ai fini della revisione
Affermando gli ermellini che “ l’errore determinante la revisione delle tabelle millesimali ai sensi dell’art. 69 disp. att. c.c. è costituto dall’obiettiva divergenza fra il valore effettivo delle unità immobiliari e quello tabellarmente previsto”.
Quando possiamo affermare, come si suole dire ad un primo sguardo, che le tabelle sono errate?
Nella fattispecie risolto nella sentenza in esame, si legge in sentenza “ è piuttosto evidente la deduzione dell’esistenza di tali presupposti, già dalla prospettazione dell’iniziale domanda dell’attrice laddove si assumeva che le tabelle erano errate, perché prevedevano la ripartizione delle spese condominiali relative ai portici, che in realtà erano di proprietà esclusiva dei singoli condomini; perché si assumeva che alcuni immobili di proprietà dell’attrice erano inclusi nella tabelle per la ripartizione delle spese relative alle scale, ma erano siti al piano terra e privi di accesso alle scali comuni; perché si sosteneva l’esistenza di vani inutilizzabili ed inabitabili che partecipavano per intero al riparto delle spese anche di pulizia e di gestione, anziché parteciparvi in misura ridotta o non parteciparvi affatto” (Cass. 25 settembre 2013, n. 21950)..
Per revisionare le tabelle è necessario un sopralluogo in tutte le unità immobiliari interessate.
Si legge nella sentenza n. 21950: “ sia per revisionare o modificare le tabelle millesimali di alcune unità immobiliari, sia per la prima caratura di esse, il giudice deve verificare i valori di tutte le porzioni, tenendo conto di tutti gli elementi oggettivi – quali la superficie, l’altezza di piano, la luminosità, l’esposizione – incidenti sul valore effettivo di esse, e quindi adeguarvi le tabelle, eliminando gli errori riscontrati (Cass. n. 5942 del 15/06/1998)” (Cass. 25 settembre 2013, n. 21950).
Vale la pena ricordare che con l’entrata in vigore della legge n. 220/2012 il nuovo articolo 69 delle disposizioni di attuazione del codice civile specifica che l’errore rilevante giustifica l’azione giudiziale di revisione consentendo la chiamata in causa del solo amministratore e non di tutti i condomini, cosa necessaria prima dell’entrata in vigore della riforma.
Quorum deliberativi per la revisione
Non sempre è necessario ricorrere in giudizio per revisionare le tabelle millesimali. Le parti possono decidere fuori dalle aule di Tribunale. Per lunghi anni sembrava che una decisione del genere dovesse essere adottata con il consenso di tutti i condomini. Dal 2010, invece, la Cassazione, a seguito della summenzionata pronuncia delle Sezioni Unite, è costante nell’affermare che “” l’atto di approvazione delle tabelle millesimali, al pari di quello di revisione delle stesse, non ha natura negoziale; ne consegue che il medesimo non deve essere approvato con il consenso unanime dei condomini, essendo a tal fine sufficiente la maggioranza qualificata di cui all’art. 1136, secondo comma, c.c. (Cass. 25 settembre 2013, n. 21950).
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