L’ autoconsumo, finora, è impedito dalla legge
Cari amici,
Di seguito riporto un articolo interessante, tratto da http://www.ivg.it/ che descrive in modo esauriente le responsabilità in caso di “delega” ad un condòmino capace di piccoli lavori condominiali.
Purtroppo le cose stanno davvero così!
Non esistono norme che agevolino l’ autoconsumo in condomìnio; pertanto se un signore esegue lavori elettrici a “casa sua”, ed avviene un incidente è “fatalità”.
Se lo stesso signore esegue lavori elettrici nelle parti comuni di casa sua, in cambio di un piccolo rimborso spese, invece, è colpa!
A mio giudizio questa è una contraddizione!
Le AziendeCondomìnio dovrebbero avere il diritto di organizzarsi per creare valore per loro stessi, e la legge dovrebbe agevolare questa possibilità.
La società vive di rapporti umani, di socialità e di scambio di valore economico, e il cosiddetto “mercato” quando irrompe nelle nostre vite, dovrebbe almeno chiedere il permesso.
Di questo passo è possibile che in futuro saranno impedite le cene “in casa”, perchè solo i ristoranti hanno le qualifiche previste dalla legge per dar da mangiare alla gente!
Io come amministratore cerco di rispettare la legge, ma come cittadino mi indigno perchè non esistono norme che autorizzino i condòmini a cambiare le lampadine nell’ atrio da soli, senza il ricorso a ditte specializzate.
…E’ necessario cambiare!
ivg.it
Buon giorno. Prendo spunto dall’articolo “Sicurezza sul lavoro in condominio”, ritenuto da me interessante ed illuminante, per illustrarVi la metodologia adottata dall’amministratore nel complesso in cui abito che, per motivi di privacy – e non solo – evito di menzionare, sperando di avere delucidazioni e consigli a tal merito. Con la scusante di contenere le spese l’amministratore, con l’avallo dei consiglieri del complesso condominiale, delega un condomino, nel tempo libero dalla sua principale attività, quindi “IN NERO”, a svolgere i cosidetti “lavoretti”, prettamente elettrici, consistenti nella sostituzione di lampade, interne ed esterne al complesso, senza l’adozione, in tal caso, della minima accortezza per la tanto decantata “sicurezza sul lavoro”, viste le notevoli altezze in cui opera. Questo vicino si presenta anche a domicilio per la sostituzione di tapparelle e qualsivoglia intervento ritenuto necessario… riscuotendo l’importo del disturbo direttamente dall’interessato e, nei casi di cui sopra, dall’amministratore. Personalmente, ed invano, da me redarguito nell’ultimo intervento, mi sento in dovere di adire nelle opportune sedi se tale abitudine continuerà (ma credo sarà così)… La mia curiosità consiste nel conoscere l’eventuale responsabile in caso di malaugurato sinistro e l’entità della sanzione per tale mancanza che, con svariati stati d’animo, viene accettata dai vicini… Grato dell’attenzione Vi ringrazio per l’atteso riscontro e Vi porgo cordialità.
Un lettore
Mi pare evidente che si stratti di prassi assolutamente illegittima da qualunque profilo la si intenda valutarla. Per rimanere ad una valutazione assai astratta, poiché la disamina analitica di ogni fattispecie concreta implicata dal quesito risulterebbe oltremodo complessa, ci si limita a rilevare che la corresponsione di compensi senza alcuna regolarità contabile e fiscale, l’attribuzione di funzioni potenzialemnte pericolose a soggetto non legittimato a svolgerle, l’esecuzione di interventi tecnici da parte di personale che non pare avere le qualifiche professionali per farlo sono vicende che espongono ad ovvie ed evidenti responsabilità sotto molteplici profili e non solo in ordine alla sicurezza. Da non sottovalutare mi pare anche il rischio assunto nei confronti dei terzi (oltre che del soggetto esecutore in caso di infortunio) ove da una delle riparazioni dovesse derivare un danno a soggetti estranei al condominio (ad esempio tapparella che precipita al suolo).
La responsabilità è certamente ascrivibile all’amministratore in caso di sua autonoma iniziativa, salvo che i condomini non prestino assenso: la condotta di coloro che, a vario titolo, accettano la prestazione di colui che sanno non essere legittimato mi pare scarsamente difendibile nel caso di evento dannoso. Da rilevare che ove l’amministratore abbia agito di propria iniziativa ed all’oscuro dei condomini, l’approvazione dei rendiconti con quelle spese – che dovrebbero essere prive di alcun giustificativo – è atto comunque di ratifica e assenso.
Per andare esenti da responsabilità in caso di infortunio mi parrebbe invece indispensabile, per non incorrere nel reato (eventualemnte anche a titolo di concorso), la comunicazione di una espressa diffida all’amministratore e di segnalazione alla competente autorità; si consideri a tal proposito che – secondo le più recenti letture dottrinali e giurisprudenziali – il “datore di lavoro” (e quindi colui che risponde anche penalmente delle omissioni in campo sicurezza) rimane colui che ha il potere gestionale e di spesa e dunque l’assemblea: il condominio è sempre datore di lavoro, ove impieghi subordinati o autonomi; responsabile è l’organo di vertice, ma per costante interpretazione giurisprudenziale ciò non esime l’amministratore quale soggetto che concretamente organizza e gestisce l’attività lavorativa all’interno della “Azienda” condominio (Cass. Pen. 9814/73): “si qualifica datore di lavoro il soggetto titolare del rapporto con il lavoratore o, comunque, il soggetto che secondo il tipo e l’assetto dell’organizzazione nel cui ambito il lavoratore presta la propria attività ha la responsabilità dell’organizzazione stessa o dell’unità produttiva in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa” (ripresa anche in “commentario al TUs – a cura di Michele Tiraboschi, Giuffrè 2008 pag 104 e si veda anche, in proposito, Correale / Benedetti in Riv. Anaci Milano – maggio 2008). Si sottolinea nel commentario Giuffrè che, a differenza della 626, ove si prevedeva responsabilità per chi è “titolare dei poteri decisionali di spesa” l’art. 2 TUs identifica quale datore chi “ha la responsabilità dell’organizzazione stessa o dell’unità produttiva in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa “: alla titolartità che è criterio formale, si è sostituito il concetto di esercizio, che è condizione di fatto e che si estende (A mio avviso pacificamente) all’amministratore di condominio
Per gli aspetti civilistici del risarcimento nei confronti di terzi danneggiati, con riferimento all’ipotesi precedente, il condominio risponderebbe comunque in via diretta ai sensi dell’art. 2051 cod.civ., salvo eventualmente rivalersi verso il responsabile del danno.
Per quel che riguarda le sanzioni mi pare certamente applicabile l’art. 55 del Decreto Legislativo 9 aprile 2008 n.81: “E’ punito con l’arresto da quattro a otto mesi o con l’ammenda da 5.000 a 15.000 euro il datore di lavoro: a) che omette la valutazione dei rischi e l’adozione del documento di cui all’articolo 17, comma 1, lettera a), ovvero che lo adotta in assenza degli elementi di cui alle lettere a), b), d) ed f) dell’articolo 28 e che viola le disposizioni di cui all’articolo 18 , comma 1, lettere q) e z), prima parte”. Anche se, in caso di evento infausto, non escluderei l’applicabilità in via autonoma o concorrente delle ipotesi di reato di cui all’art. 589/590 cod. pen. (omicidio / lesioni colpose).
In collaborazione con il Centro Studi Anaci Liguria, a cura di Ivano Rozzi. Invia a redazione@ivg.it le tue domande inerenti la materia condominiale. I quesiti più interessanti saranno trattati con appositi articoli in questa rubrica.
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