Federico Genta scrive…
Il buio che avvolge Chiara, cieca dalla nascita, non le ha impedito di coronare il sogno di una vita indipendente. Prima gli studi classici, una laurea in Filosofia morale, poi l’avventura nel mondo del lavoro, negli uffici di Axa. Una carriera lunga ormai quindici anni, da semplice centralinista a responsabile delle comunicazioni nella sede di via Bertola. Poi un infortunio stupido al ginocchio destro ha interrotto quella libertà, conquistata anno dopo anno, con quel carattere forte che a tanti può sembrare scontroso. E proprio qui, nella sede che si affaccia sulle vetrine della Apple di via Roma, è iniziato il calvario.
Tutta colpa di quei tre gradini di marmo. Eleganti, coperti da un tappeto rosso, da quattro mesi fanno litigare i condomini di un palazzo alle spalle di via Roma. Perché, malgrado non siano più alti di una decina di centimetri, non hanno il mancorrente. Quello che basterebbe a Chiara, cieca dalla nascita, per uscire dal lavoro senza dover essere ogni volta accompagnata a braccetto. Sempre meglio di quello che capitava alla fine di dicembre, quando la donna, senza l’aiuto di nessuno, era costretta a sedersi per terra, su un elegante tappeto rosso, e a strisciare fino all’uscita.
Via Bertola, civico 2. Palazzo Anni 30, sede di studi legali, commercialisti, notai, e di Axa. Qui, negli uffici del centro liquidazione danni, lavora Chiara Vogliolo, 44 anni. Dipendente del gruppo assicurativo dal 2001, lo scorso ottobre ha avuto un banale incidente al ginocchio. «Mi sono lesionata il legamento crociato», racconta. La riabilitazione è durata un mese, lei è rientrata in servizio a inizio novembre. «Riesco di nuovo a camminare ma i medici, pur sconsigliando l’intervento chirurgico, mi hanno spiegato di evitare nella maniera più assoluta di scendere le scale senza un aiuto. Tornata in ufficio, credevo di non avere problemi a trovare un po’ di aiuto e comprensione. Invece…». Invece, la prima risposta che ha ricevuto è stato il suggerimento «di comprarsi un bastone».
LA RICHIESTA D’AIUTO
Due volte al giorno Chiara deve affrontare quella breve scalinata, per andare in pausa pranzo e, a metà pomeriggio, per tornarsene a casa. «Le prime settimane mi sono arrangiata. Appena uscita dall’ascensore, da sola, speravo di trovare il custode del palazzo. Se non era presente nell’atrio, mi appoggiavo per terra e mi lasciavo scivolare giù dai gradini. È stato umiliante. Poi, mi sono stufata». L’11 dicembre la donna decide di chiamare lo Spresal. I tecnici dell’Asl effettuano un sopralluogo. Il risultato? Prescrivono all’amministratore dello stabile di provvedere perché venga eliminata la barriera architettonica, installando un mancorrente, e sollecitano Axa affinché, in via provvisoria, qualcuno si preoccupi di aiutare Chiara a uscire dal palazzo. Tutto risolto? Pare proprio di no. «Da quel giorno, un responsabile della sicurezza aziendale arriva ogni volta da corso Marconi, zona San Salvario. Del corrimano, invece, nessuna notizia». Ecco perché: l’amministratore di via Bertola, Federico Galloni, si è dato da fare. Si è subito informato dei costi dell’intervento, poche centinaia di euro, ma è stato subito interrotto dai condomini. «Hanno chiesto un progetto scritto, con tanto di studio di fattibilità redatto da un geometra. Così, l’intervento, non costerà meno di duemila euro».
CONDOMINI IMPEGNATI
Anche questo, però, non è bastato: l’assemblea straordinaria, convocata il 15 febbraio, è andata pressoché deserta. Su dodici proprietari, si sono presentati in due: la stessa Axa e il Bar Stampa, quello dove Vogliolo trascorre la pausa pranzo. «Ma non siamo certo contrari ai lavori – precisa uno dei tanti assenti, l’avvocato Stefano Commodo – Anzi, avevo personalmente proposto una raccolta firme per accelerare i tempi. Purtroppo, quel giorno, eravamo tutti impegnati». Poco male, l’amministratore ha spiegato a tutti che, in ogni caso, l’intervento dovrà essere portato a termine, anche senza l’esplicito consenso dei condomini. Anche Axa, adesso, assicura di voler far presto. Promette di chiudere il caso entro la fine di marzo, al massimo aprile. Intanto, Chiara continua ad aspettare. Protagonista, suo malgrado, di una storia che ha del surreale.
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