Contro ogni previsione del FMI, della BCE e della Banca Mondiale, l’Islanda, in seguito ad una crisi finanziaria devastante, che ha causato il crollo del governo conservatore, l’elezione di un nuovo governo e la stesura di una nuova Costituzione, applicando misure opposte a quelle ritenute inevitabili dagli Organismi internazionali, è riuscita a sconfiggere la crisi e a tornare lungo un sentiero di crescita sostenibile.
Di questo miracolo economico e di questa rivoluzione politica, che ha fatto sì che il popolo islandese riaffermasse la propria sovranità, non vi è pressoché traccia sui media tradizionali e nel dibattito politico ed economico.
Diretta news
La disoccupazione in Islanda sta diminuendo a ritmo costante. I dati relativi al mese di giugno, diffusi dalla Direzione del Lavoro, parlano di 8.704 persone in cerca di impiego. Traducendo in percentuali significa che la disoccupazione islandese il mese scorso si è fermata al 4,8%. Rispetto al mese di maggio sono stati riassorbiti nel mercato del lavoro 838 uomini e 284 donne: oltre mille persone che hanno fatto scendere il dato sulla disoccupazione di quasi un punto (-0,8%, per la precisione). La situazione migliora ovunque, anche in quelle zone dell’isola – lontane dai grandi centri abitati – dove la mancanza di lavoro si fa sentire di più. Rispetto agli altri paesi europei, l’Islanda sta riassorbendo i propri disoccupati a un ritmo più sostenuto.Un ritmo più sostenuto l’Islanda lo sta tenendo anche con la propria economica, che dà segni di vitalità incoraggianti. Nel primo trimestre dell’anno il Pil islandese è cresciuto di circa quattro punti e mezzo rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Numeri importanti, considerato il tracollo degli anni passati.Secondo alcuni economisti l’Islanda si è messa la crisi alle spalle. A fine giugno, ad esempio, il RÚV ha raccolto l’opinione dell’economista islandese Gylfi Zoega secondo il quale gran parte degli indicatori economici fanno ben sperare: investimenti privati, esportazioni, consumi. Il potere d’acquisto degli islandese avrebbe raggiunto gli stessi livelli del 2007 e la crescita del Pil il ritmo del 2006. Lo standard di vita della popolazione resta indietro rispetto ai tempi precedenti la crisi e l’isola ha ancora bisogno dei prestiti della comunità internazionale, ma secondo Zoega il peggio è passato.
Il governo cancella il debito pubblico
Quando la popolazione islandese diede inizio a contetazioni pubbliche, prendendo a sassate il Palazzo del Parlamento, nel 2009, i respinsabili della politica e dell’amministrazione decisero di verificare se esisteva la reale possibilità di porre rimedio alle disastrate finanze nazionali. I contestatori avevano avuto ragione, e i frutti di tale decisione cominciano a vedersi con evidenza manifesta. Oggi l’Islanda è un Paese in crescita.
Che cosa è successo? Qual’è il segreto? E’ pressto detto: l’Islanda ha preferito emarginare il sistema bancario dalle proprie finanze nazionali. In pratica, ha sostituito le banche.
Dal 2009 il Paese non ha più pagato gli adempimenti che ammontavano al 13% del Prodotto Interno Lordo, alleggerendo in tal modo le conseguenze del debito per oltre 1/4 della popolazione,
mettendo al bando le banche nazionali che erano inadempienti per oltre 85 miliardi di dollari.
Oggi l’Islanda è economicamente cresciuta fino a livello che alcuni analisti giudicano addirittura superiori, in proporzione, per il sistema della zona euro. Un fenomeno che è stato confermato nell’uiltimo rapporto dell’Organizzazione per la Cooperazione Ecopnomica (OCSE).
Per affrontare la crisi, l’Islanda ha voluto dare la priorità alle esigenze della propria popolazione, rispetto a quelle dei mercati internazionali, presa coscienza che le banche locali erano al limite del collasso economico,il governo è intervenuto congelando i conti nazionali, lasciando i creditori esteri a bocca asciutta. La Banca Centrale Islandese decise rigidi controlli sui capitali per porre un freno alla cnseguente svalutazione della moneta locale, la Corona, er le banche controlate direttamente dal governo centrale hanno sostituito gli isstituti di credito in fallimento.
Dal punto di vista giuridico, circa 90 dirigenti e 200 ex manager delle banche finirorno sotto accusa e furono estromessi.
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