John Maynard Keynes, e il problema che ritorna
Il problema è che non sentiamo parole.
Parole che siano "pensiero", nobile come può esserlo ciò che è giusto, e giusto come può esserlo ciò che tiene conto, sopra ad ogni cosa, delle aspirazioni umane immutabili e del benessere dei propri simili.
E, invece, udiamo solo parole che altro non sono che squallide eco di pensieri imposti da tessitori dal volto sconosciuto; parole di "padroni" che sono, a loro volta, schiavi guidati dall’ignobile e dal meschino, servili, fino al fanatismo, nei confronti degli oscuri "tessitori".
E guidati così dalla vanità e dall’avidità personali, senza timore alcuno di contraddire la coscienza e, ancor più, la verità..
Non ci sono uomini, ci sono solo contabili votati al conformismo di un potere ottuso, come poche volte nella storia umana.
E non avremo speranza finchè non udremo le "parole" che esprimano il pensiero di chi sente, vede e intuisce, e studia, sapendo che deve servire gli altri esseri umani per il benessere comune. Parole di "uomini".
Questo silenzio è assordante e avvilente.
Un ossimoro grigio: il silenzio delle parole degli "uomini", sostituito dal fragoroso sbraitare delle disumane marionette senza coscienza.
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