Installazione della canna fumaria in condominio
Giuseppe Donato Nuzzo scrive…
Le norme sulle distanze sono applicabili anche tra i condomini di un edificio condominiale, a condizione, tuttavia, che siano compatibili con la disciplina particolare relativa alle cose comuni. In ipotesi di contrasto, la norma speciale in materia di condominio prevale e determina l’inapplicabilità della disciplina generale sulle distanze. Pertanto, ove il giudice constati il rispetto dei limiti tutti di cui all’art. 1102 c.c., deve ritenersi legittima l’opera – eventualmente una canna fumaria posta in aderenza al muro perimetrale e a ridosso del terrazzo a livello di proprietà di un determinato condomino – quantunque realizzata in violazione delle norme dettate per regolare i rapporti tra proprietà esclusive, distinte e contigue.
Alla stregua di tale principio di diritto, la Corte di Cassazione, con sentenza n. 4936 del 3 marzo 2014, ha ritenuto legittima la realizzazione di una canna fumaria, costruita dal condomino sul muro perimetrale e in violazione delle distanze stabilite dall’art. 907 c.c.
Il condomino vicino ne aveva chiesto la demolizione, a tutela del proprio diritto di veduta. Secondo la Corte, però, le norme speciali sull’uso delle parti condominiali prevalgono sulla disciplina generale in tema di distanze tra proprietà private. Pertanto, la canna fumaria costruita nel muro comune, se realizzata entro i limiti sanciti dall’art. 1102 c.c., deve ritenersi legittima anche se collocata a distanza inferiore a quella legale.
Il caso.
Un condomino, previa autorizzazione dell’assemblea, realizza sulla parete perimetrale del condominio una canna fumaria di sfogo del suo camino, a ridosso del terrazzo del vicino. Quest’ultimo ricorre al giudice per la demolizione della canna fumaria che, a suo dire, impedisce il suo “diritto di veduta” dal parapetto del terrazzo. Rigettato in primo grado, il ricorso viene accolto in appello. Dal contratto di compravendita – osserva la corte d’appello – risulta che il terrazzo di che trattasi è pertinenza esclusiva dell’appartamento del ricorrente. Ragion per cui, lo stesso ha diritto di fruirne e di esercitare la veduta, diretta e obliqua ex art. 907 c.c.,
Diritto che, nella fattispecie, è ostacolato dalla canna fumaria in questione, idonea a “costituire turbativa del possesso della veduta”.
In ricorso in cassazione ritiene errata la sentenza d’appello nella parte in cui applica la disciplina generale delle distanze, anziché le norme speciali in tema di condominio. Nello specifico, si contesta l’errata applicazione dell’art. 907 c.c., norma che attiene a fattispecie diversa da quella in esame, che riguarda invece i diritti condominiali garantiti ai singoli condomini dall’art. 1102 c.c.
La questione di diritto. Confermata la proprietà esclusiva del terrazzo, la Corte concentra l’attenzione sui rapporti intercorrenti tra le norme generali sui rapporti fra proprietà individuali e la disciplina del condominio. Nel caso di specie, infatti, la canna fumaria è stata realizzata,in violazione delle distanze minime prescritte dall’art. 907 c.c., nel muro perimetrale dell’edificio condominiale.
La sua realizzazione, dunque, si configura quale utilizzo di una parte comune (il muro) da parte del singolo condomino. Si tratta, pertanto, di verificare se e in che misura le norme sulle distanze tra edifici siano compatibili con la disciplina speciale relativa all’uso delle parti comuni in condominio, con particolare riferimento al diritto di veduta nei rapporti condominiali.
Applicabilità delle norme sulle distanze al condominio. La questione è stata più volte affrontata dalla giurisprudenza di legittimità, secondo la quale, in tema di condominio, le norme sulle distanze (rivolte fondamentalmente a regolare con carattere di reciprocità i rapporti fra proprietari individuali, contigue e separate), sono applicabili anche tra i condomini di un edificio condominiale, a condizione, però, che siano compatibili con la disciplina particolare relativa alle cose comuni.
In caso di contrasto, la norma speciale in materia di condominio prevale e determina l’inapplicabilità della disciplina generale sulla proprietà, allorché i diritti o le facoltà da tal disciplina previsti siano compressi o limitati per effetto dei poteri legittimamente esercitati dal condominio secondo i parametri previsti dall’art. 1102 c.c.
La disciplina speciale del condominio prevale su quella generale della proprietà. Da questa angolazione prospettica, la Corte non ritiene ragionevole individuare, nell’utilizzazione delle parti comuni, limiti o condizioni estranei alla regolamentazione e al contemperamento degli interessi in tema di comunione. Al ciascun condomino va riconosciuto il diritto di utilizzare la parete perimetrale dell’edificio, avente natura condominiale, per l’apposizione della canna fumaria, anche senza alcuna autorizzazione da parte degli altri condomini, qualora – come nel caso in esame – ciò sia avvenuto nel rispetto e nei limiti dell’art. 1102 c.c.
L’uso delle parti comuni va valutato alla stregua di quanto prevede l’art. 1102 c.c. Tale affermazione, peraltro, è in linea con la statuizione assunta di recente dalla stessa Corte di cassazione in un caso analogo. Qualora il proprietario di un’unità immobiliare del piano attico agisca in giudizio per ottenere l’ordine di rimozione di una canna fumaria posta in aderenza al muro condominiale e a ridosso del suo terrazzo, la liceità dell’opera, realizzata da un altro condominio, deve essere valutata dal giudice alla stregua di quanto prevede l’art. 1102 c.c.(ai sensi del quale “ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto”), non rilevando, viceversa, la disciplina dettata dall’art. 907 c.c. sulla distanza delle costruzioni dalle vedute (Cass. civ. 23/02/2012, n. 2741).
Alla luce di tali considerazioni, la suprema Corte ha confermato la legittimità della canna fumaria di cui trattasi, affermando il principio di diritto riportato all’inizio.
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