Innovazioni
Come già per il condominio e per le parti comuni il codice civile non dà la definizione di innovazione ma detta la disciplina delle obbligazioni. Prima di tutto però è necessario comprendere che cosa sia un’innovazione per comprendere il perché di quella disciplina.
L’innovazione, come dice la parola stessa, è un qualcosa di nuovo che prima non c’era e che migliora una precedente situazione. L’innovazione può riguardare una cosa o un servizio comune già esistente, così che parleremo di mutazione e/o trasformazione del bene o del servizio rispetto alla sua originaria destinazione, o essere essa stessa una nuova cosa o servizio comune.
Così seguendo questi criteri di massima, la giurisprudenza ha definito l’innovazione come "le modifiche materiali o funzionali dirette al miglioramento, uso più comodo o al maggior rendimento delle parti comuni …" (Cass. civ. 26 maggio 2006 n. 12654). E’ chiaro, pertanto, che non tutti gli interventi sulle parti comuni debbano essere considerati innovativi. Allo stesso modo non è possibile catalogare preventivamente gli interventi al fine di considerarli o meno delle innovazioni. Certo è che il carattere indispensabile delle innovazioni sta nell’essere "dirette al miglioramento o all’uso più comodo o al maggior rendimento delle cose comuni".
Ciò sta a significare che un qualsiasi intervento, per quanto gravoso, non è ex se considerabile innovativo se non possiede questi requisiti, i quali vanno valutati caso per caso in relazione alla situazione di fatto esistente.
Proprio in considerazione di questa capacità delle innovazioni di incidere profondamente su una situazione preesistente, il codice ha previsto delle maggioranze ben precise e delle facoltà in capo ai dissenzienti per sfuggire al peso delle nuove opere. In particolare la riforma fa espresso rimando all’articolo 1136, secondo comma: al fine di disporre delle innovazioni è necessaria la maggioranza degli intervenuti con almeno presenti tanti condomini rappresentanti la metà del valore dell’intero edificio.
E’ onere dell’amministratore convocare l’assemblea entro trenta giorni dalla richiesta, la quale può essere legittimamente avanzata anche da uno solo dei condomini interessati; a patto che l’istanza contenga domanda particolareggiata ed altrettanto specifiche ipotesi concernenti le modalità di esecuzione. La valutazione di tale documentazione è rimessa alla discrezionalità dell’amministratore, il quale, ritenendola carente, può invitare il presentante all’integrazione.
Il secondo comma dell’art. 1120 c.c. dice, inoltre, "che sono vietate quelle innovazioni che possano recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, che ne alterino il decoro architettonico o che rendano talune parti comuni dell’edificio inservibili all’uso o al godimento anche di un solo condomino". Per esemplificare, sarà vietato installare un ascensore se questo rende notevolmente difficile l’ingresso in un’abitazione privata. Considerazioni simili vanno fatte anche per il decoro architettonico del quale abbiamo parlato in precedenza.
Sarà sufficiente che il godimento sia limitato anche ad uno solo dei condomino affinché l’innovazione sia vietata e quindi non approvabile. Con la riforma poi il legislatore ha inteso limitare il potere interpretativo degli interessati elencando determinati interventi da considerarsi sicuramente innovativi: ad esempio, l’installazione di impianti di cogenerazione per la produzione di energia, così come la costruzione di impianti per lo sfruttamento di energia rinnovabile nonché l’istallazione degli impianti centralizzati di trasmissione radiotelevisiva.
Che cosa accade se nonostante il divieto di legge si decida di approvare un’innovazione palesemente vietata oppure si approvi un’innovazione lecita ma con maggioranze inferiori a quelle sopra indicate? In quest’ultimo caso, trattandosi di materia di competenza dell’assemblea ma deliberata con quorum inferiore a quello di legge la delibera deve essere considerata annullabile. Nel primo caso, invece, la delibera dovrà essere considerata nulla in quanto si tratta di materia che esula dalle competenze assembleari. A parte l’impugnazione della delibera, c’è da chiedersi che cosa possa fare il condomino dissenziente che non voglia partecipare a quella spesa.
La questione non è di poco conto in quanto il codice civile prevede che le deliberazioni assembleari, valide, siano vincolanti per tutti i partecipanti al condominio (art. 1137 c.c.). L’art. 1121 c.c., in deroga a questa norma, prevede che "qualora l’innovazione importi una spesa molto gravosa o abbia carattere voluttuario rispetto alle particolari condizioni e all’importanza dell’edificio, e consista in opere, impianti o manufatti suscettibili di utilizzazione separata, i condomini che non intendono trarne vantaggio sono esonerati da qualsiasi contributo nella spesa".
Pertanto dinanzi ad un’innovazione molto onerosa o non strettamente indispensabile che sia suscettibile di utilizzazione separata i condomini contrari potranno decidere di non partecipare alla spesa non utilizzando il frutto della innovazione. Vi è di più: se l’utilizzazione separata dell’innovazione gravosa o voluttuaria non è concretamente realizzabile, l’innovazione sarà possibile se la maggioranza che l’ha deliberata decida altresì di accollarsi integralmente la spesa.
Facciamo degli esempi per comprendere al meglio la portata di queste norme. La maggioranza dei condomini in uno stabile con due piani fuori terra e nessun scantinato né box interrati(piano terreno e primo piano) decide l’installazione di un ascensore. Spesa gravosa per i condomini del piano terra, se si tiene presente che la copertura del fabbricato è un tetto e non un lastrico solare (facoltà di usufruirne, quindi, pari a zero).
I signori del primo piano potranno installare l’ascensore a proprie spese decidendo l’installazione di un congegno utile a consentire l’utilizzazione separata del bene. Si tratta solo di un esempio: il concetto di innovazione gravosa o voluttuaria andrà verificato di caso in caso. Così nella stessa situazione ma in presenza di un disabile, lo scenario potrebbe cambiare per i correttivi introdotti ai fini dell’abbattimento delle barriere architettoniche. Un’ultima annotazione. Non partecipare alla spesa iniziale non significa privarsi per sempre dell’utilizzo di quel bene: il terzo comma dell’art. 1121 c.c. precede una sorta di diritto di subentro e ne disciplina condizioni e termini.
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