Le linee guida dell’11 luglio 2012 hanno fornito precisazioni su alcuni aspetti per la corretta applicazione dell’imposta
Ai fini IMU, i Comuni possono considerare direttamente adibita ad abitazione principale, a condizione che non sia locata:
– l’unità immobiliare posseduta a titolo di proprietà o di usufrutto da anziani o disabili che acquisiscono la residenza in istituti di ricovero o sanitari a seguito di ricovero permanente;
– l’unità immobiliare posseduta dai cittadini italiani non residenti nel territorio dello Stato a titolo di proprietà o di usufrutto in Italia (art. 13 comma 10 del DL n. 201/2011).
Con riferimento al primo aspetto le linee guida Ministero Economia e Finanze 11 luglio 2012 hanno precisato che tale assimilazione si riferisce esclusivamente alle unità immobiliari possedute da anziani o disabili che acquisiscono la residenza presso istituti di ricovero e non anche all’ipotesi in cui la residenza venga fissata presso un parente o affine.
In quest’ultimo caso, tuttavia, il Comune può comunque deliberare un’aliquota agevolata, purché non inferiore allo 0,46%, ai sensi dell’art. 13 comma 6 del DL n. 201/2011 e nell’esercizio della propria autonomia regolamentare (cfr. rilievo 12 delle linee guida Ministero Economia e Finanze 11 luglio 2012).
Nel caso in cui i Comuni prevedano l’assimilazione all’abitazione principale, agli immobili posseduti da anziani e disabili si applicano sia l’aliquota ridotta, sia la detrazione dall’imposta lorda, sia la maggiorazione di quest’ultima prevista in relazione a ciascun figlio di età non superiore ai 26 anni dimorante abitualmente e residente anagraficamente nell’unità immobiliare, previste per l’abitazione principale (cfr. circ. Ministero dell’Economia e delle Finanze 18 maggio 2012 n. 3/DF, § 6.2).
Non deve essere computata invece la quota riservata allo Stato.
L’eventuale assimilazione all’abitazione principale deliberata dai Comuni consente di fruire della possibilità di versare l’IMU in tre rate, anziché in due.
Non concesso il beneficio alle abitazioni in comodato gratuito a parenti
L’abitazione che il possessore concede in uso gratuito ad un familiare (ad esempio, al figlio), ancorché quest’ultimo vi dimori abitualmente e vi risieda anagraficamente insieme al proprio nucleo familiare, invece, non solo non configura un’abitazione principale, ma non può nemmeno essere assimilata all’abitazione principale su iniziativa dei Comuni.
Tale facoltà di assimilazione era prevista per l’ICI dall’art. 59 comma 1 lett. e) del DLgs. n. 446/97, ma non è stata riproposta in relazione all’IMU (il citato art. 59, infatti, è stato abrogato con il fine di limitare la potestà regolamentare dei Comuni).
Tuttavia, l’ente locale può modificare in aumento o in diminuzione l’aliquota di base entro il limite di 0,3 punti percentuali. In altre parole, il Comune può deliberare un’aliquota agevolata ridotta (fino allo 0,46%) per gli immobili in uso gratuito a parenti (rilievo 13 delle linee guida 11 luglio 2012).
In conseguenza dell’abrogazione del citato art. 59, quindi, i Comuni non possono più disporre con proprio regolamento (con la conseguente decadenza delle disposizioni regolamentari già adottate in tal senso):
– né di considerare parti integranti dell’abitazione principale le sue pertinenze, ancorché distintamente iscritte in Catasto (è ammessa una unità pertinenziale per ciascuna delle categorie C/2, C/6 e C/7, quindi il numero massimo di pertinenze è tre);
– né di considerare abitazioni principali, con conseguente applicazione dell’aliquota ridotta o anche della detrazione per queste previste, quelle concesse in uso gratuito a parenti in linea retta o collaterale, stabilendo il grado di parentela.
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