Il regolamento non sempre può vietare attività «poco tranquille»
Anche se c’è un regolamento condominiale deciso all’unanimità, non si possono imporre vincoli al libero uso delle proprietà private. La vicenda, risolta dalla Cassazione (sentenza 22892, depositata l’8 ottobre 2013), parte da un regolamento del 1985, approvato all’unanimità, che vietava le attività incompatibili con il decoro e la tranquillità dell’edificio.
Un condomino aveva poi affittato alcuni locali a un circolo ricreativo, che attirava clienti e soci a tarda notte creando molestie e rumore e innescando un contenzioso con un altro condomino. Quest’ultimo chiedeva la cessazione delle attività in virtù prprio di quella clausola del regolamento condominiale.
La Corte d’appello di Napoli aveva dato torto al condomino ricorrente, affermando in sostanza che quell’articolo del regolamento (che sinora non aveva avuto effetto sul condomino che aveva affittato i locali) non poteva essere invocato, perché andava a incidere negativamente sull’utilizzabilità e destinazione delle parti dell’edificio non di proprietà comune esclusiva e quindi il consenso del proprietario andava espresso in forma scritta, cosa che non era avvenuta, trattandosi di una semplice (per quanto unanime) votazione in assemblea.
La Cassazione ha accolto in pieno l’orientamento della Corte partenopea, limitandosi a rilevare la legittimità della richiesta di risarcimento del condomino ricorrente per le molestie ricevute, ai sensi dell’articolo 844 del Codice civile e cassando quindi la sentenza ma solo per questo aspetto.
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