Il corridoio condominiale può essere una parte comune
Avv. Valentina Papanice scrive…
Corridoio e norme sulle parti comuni
corridoio biancoGli studiosi e i giudici sono oramai da tempo concordi nel ritenere che quell’elenco delle parti comuni di cui all’art. 1117 c.c. sia tutt’altro che esaustivo: potendo rientrare nell’ambito di applicazione una ben più ampia gamma di parti dell’edificio, ciò che rileva sarà il fatto che la proprietà comune non sia esclusa dal titolo e il corridoio sia al servizio di più di una unità immobiliare (tra le tante v. Cass. SS. UU. 7449/1993).
L’interpretazione è oggi confermata ancor più dalla formulazione dell’art. 1117 c.c. come lievemente modificata dalla riforma del condominio, ove si evince chiaramente che l’elenco delle parti comuni in esso contenuto non è esaustivo: all’interno dell’elenco, in ogni numero è indicata la motivazione espressa di quella suddivisione, la cosiddetta ratio (con le espressioni tutte le parti dell’edificio necessarie all’uso comune, come al punto 1; i locali per i servizi in comune, come al punto 2; le opere, le installazioni, i manufatti di qualunque genere destinati all’uso comune, come al punto 3; espressioni, con la riforma, anticipate all’inizio di ogni numero, cui segue, aggiunto per i punti 1 e 2, un come, che sta ad indicare appunto con estrema chiarezza che l’elenco fornito non è assolutamente esaustivo. Dunque, oggi la questione sembra oramai risolta. D’altronde, diversamente non potrebbe essere dato che la molteplicità della casistica reale impedirebbe un elenco completo di parti comuni.
Il corridoio ancora oggi non rientra in quell’elenco (pur riveduto e aggiornato), pur essendo stato giudicato spesso parte comune dell’edificio.
Tale conclusione, se ad un primo approccio può sembrare piuttosto intuitiva, a guardare lo stato dei luoghi e dei fatti, non sempre è semplice. Ad esempio, spesso si tratterà di andare a verificare cosa dice il titolo; oppure si dovrà risalire allo stato dei luoghi, andando a verificare che funzione ha il corridoio rispetto alla restante costruzione.
Corridoio e titolo
Nella sentenza n. 7449/1993 le Sezioni Unite della Corte di Cassazione stabilirono che il titolo utile ad escludere il carattere della condominialità di una parte può essere costituito o dal regolamento contrattuale o dal complesso degli atti di acquisto delle singole unità immobiliari o anche dall’usucapione.
In una recente sentenza i giudici di Legittimità hanno ritenuto che la natura condominiale possa essere esclusa non sulla base dell’atto di acquisto del singolo, ma esclusivamente sulla base dell’atto costitutivo del condominio, con regolamento trascritto. Deve cioè potersi evincere che sin dall’inizio la volontà sia stata quella. Così si afferma in sentenza che le parti come il corridoio siano da considerarsi parti comuni e che Incombe a chi rivendichi l’acquisto uti singuli di dette porzioni di immobili l’onere di provare che queste ultime furono avocate a sè dal venditore col primo atto di frazionamento. La sola scheda catastale (costituente mero indizio, ma non prova di proprietà), neppure peraltro – richiamata in un singolo atto di acquisto, nè debitamente sottoscritta, non è di per sè idonea ad affermare l’esistenza di un diritto individuale di proprietà rispetto a beni, quali quelli per cui è causa, in ordine ai quali è sancita la presunzione di condominialità; viene espressamente esclusa nel detto deciso l’utilità di un qualuque atto notarile di compravendita del bene condominiale, concludendosi che Al fine dell’esatta individuazione della condominialità o meno dei detti beni non andava considerato il suddetto atto ed il titolo di acquisto dei resistenti, ma – al contrario – l’atto costitutivo del condominio al fine precipuo di considerare l’esclusione o meno di determinati beni da quelli per i quali vi è presunzione di legge di appartenenza al condominio medesimo. E, quindi, andava valutato differentemente – l’atto con la trascrizione del regolamento condominiale (Cass. n. 9523/2014).
In altri casi, per quanto non attinenti alla fattispecie del corridoio, è stato specificato che non sia sufficiente la volontà del costruttore, essendo un atto unilaterale, ma, che invece si debba vedere cosa è stato stabilito nell’atto di vendita concludendo che …per vincere in base al titolo la presunzione legale di proprietà comune delle parti dell’edificio condominiale indicate nell’art. 1117 cod. civ., non sono sufficienti il frazionamento – accatastamento, e la relativa trascrizione, eseguiti a domanda del venditore costruttore, della parte dell’edificio in questione, trattandosi di atto unilaterale di per sè inidoneo a sottrarre il bene alla comunione condominiale, dovendosi riconoscere tale effetto solo al contratto di compravendita, in cui la previa delimitazione unilaterale dell’oggetto del trasferimento sia stata recepita nel contenuto negoziale per concorde volontà dei contraenti Cass. Sez. 2, Sentenza n. 2670 del 23/02/2001) (Cass. n. 11195/2010).
È dunque il primo atto di compravendita l’atto cui bisogna fare riferimento; (v. anche tra tante, Cass. n. 27640/2013 e Cass. n. 16022/2002).
Ed invero, è stato stabilito, anche recentemente, che la clausola che esclude il trasferimento della proprietà di alcune parti comuni dell’edificio (nella specie proprio un corridoio) è nulla, per violazione dell’art. 1118, c.c. (v. Cass. n. 1680/15 del 29 gennaio 2015, ma anche Cass. n. 6036/1995 e Cass. n. 3309/1977). Ai sensi dell’attuale art. 1118, co.2 c.c. il condomino non può rinunziare al suo diritto sulle parti comuni (il precedente testualmente era Il condomino non può, rinunziando al diritto sulle cose anzidette, sottrarsi al contributo nelle spese per la loro conservazione).
In qualche caso, si è fatta distinzione tra beni incorporati (ritenuti non separabili dalla proprietà esclusiva) e beni semplicemente funzionali (ritenuti invece separabili) (v. Cass. n. 12128/2004).
Inoltre, si aggiunge, se si considerasse valida la vendita che escluda un diritto condominiale, si inciderebbe sulle quote millesimali, in violazione dell’art. 1118, co. 1 c.c. (v. ad es. Cass. n. 1680/15).
Corridoio e uso comune
corridoio celesteAi sensi dell’art. 1102 c.c. una parte comune può essere modificata dal singolo, purché tale intervento non vada a alterare la destinazione della cosa e impedirne l’altrui pari uso. Dunque, a proposito di corridoio, è stata ritenuta legittima l’installazione di un cancelletto nel corridoio con l’impegno di assicurare agli altri condòmini la possibilità di continuare a utilizzarlo consegnando loro delle chiavi, rappresenti una legittima modifica apportata alla cosa comune per il migliore godimento di essa (v. C. App. Mi. 3/04/2008).
In tal caso venivano infatti esclusi sia l’impedimento all’altrui uso, sia la lesione della simmetria e sul decoro architettonico interno dei pianerottoli, negando che avesse modificato l’architettura del condominio nè leso le linee armoniche dell’edificio.
Viceversa, è stata esclusa l’applicazione dell’art. 1102 c.c., cioè un uso legittimo della parte comune, l’abbassamento del soffitto del corridoio comune, peraltro effettuato anche con l’incremento di carichi non accertati dalla competente autorità e senza il rispetto della normativa antisismica: in tal caso, ritenuta la natura di parte comune del condominio, si concludeva che non di uso della cosa comune si trattasse, ma di acquisizione in maniera definitiva a vantaggio della proprietà esclusiva di un singolo condomino… di parte della volumetria del corridoio comune con contestuale sottrazione di tale parte comune alla funzione cui essa è destinata a svolgere nel contesto dell’intero corridoio; e, quindi, in definitiva, con mutamento della destinazione primaria che quella parte è destinata a svolgere (non più parte volumetrica del corridoio comune, ma volume dell’appartamento del C.) (Cass. n. 21246/2007).
Corridoio e condominio parziale
Il corridoio – come altre parti del condominio – può poi essere una parte comune per alcuni, ma non per tutti i condomini (ed è un’ipotesi frequente); in tal caso abbiamo un condominio parziale, e non un uso esclusivo del bene da parte del singolo; dunque, anche in tal caso non è legittima una rinuncia allo stesso; così è stato ad esempio stabilito nella recente sentenza citata della Corte di Cassazione n. 1680/15.
Si riporta parte del testo illuminante della recente sentenza n. 1680 del 2015, che parte proprio dal criterio di individuazione delle cose comuni indicato dall’art. 1117 c.c. e conclude con la nozione di condominio parziale: il criterio d’individuazione delle cose comuni dettato da tale norma non opera con riguardo a cose che, per le loro caratteristiche strutturali, risultino destinate oggettivamente al servizio esclusivo di una o più unità immobiliari (Cass. S.U. n. 7449/93).
Servizio esclusivo che, ove riferito non ad una sola ma a più unità immobiliari, dà luogo al c.d. condominio parziale (su cui v., in generale, Cass. n. 23851/10), a sua volta configurato nella giurisprudenza di questa Corte anche con riferimento al caso di corridoi posti al servizio soltanto di talune delle unità immobiliari condominiali (v. Cass. nn. 21246/07 e 8136/04).
Non senza puntualizzare che il c.d. condominio parziale non possiede una propria autonomia perfetta, distinta e separata da quella relativa al condominio avente ad oggetto l’intero fabbricato, ma costituisce null’altro che una situazione configurabile per la semplificazione dei rapporti gestori interni alla collettività condominiale, in ordine a determinati beni o servizi appartenenti soltanto ad alcuni condomini (cfr. Cass. n. 2363/12, che difatti ne ha escluso l’autonoma legittimazione in giudizio) (Cass. n. 1680/15).
http://www.lavorincasa.it/il-corridoio- … te-comune/
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