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Periodico non apologetico di letteratura
Perché Eserèsi? Perché si può aprire una vecchia edizione dello Zingarelli, puntare l’indice e sapere che non sarà un caso.
Eserèsi, stessa radice di eresia. Eserèsi, operazione con cui si taglia da un corpo ciò che è inutile o nocivo con amputazione, ablazione, estrazione, evulsione.
Eserèsi, parola rispettabile e da difendere, perché sarà asportata, come vuole del resto il significato dalla parola stessa, dalle successive edizioni del dizionario. (Resterà exèresi, con la x e l’accento sdrucciolo, ma il Devoto-Oli e il Dop attestano anche la versione piana, a cui restiamo legati).
Eserèsi, perché si tratta di estrarre, dalle pile affastellate di manoscritti, un testo, portandolo alla luce, editandolo. Tirar fuori da cassetti qualche pagina, pubblicandola. Asportare: portare via da un luogo, e portare altrove, sul mercato.
Prelevare: sottrarre all’oblio. Togliendosi così anche uno sfizio, un dente.
Fare opera di elisione: perché lo stile sta nel levare, nel togliere l’inutile da un testo, rimuovere ciò che eccede alla forma perfetta.
Estirpare. Eliminare totalmente, all’interno dell’opera, gli errori. Ed anche: sradicare, svellere dalla radice, perché spesso il testo è nascosto, e la sua edizione è una sorta di necessaria violenza sulla parola stessa, che se è vera, forse vorrebbe restare nascosta, rintanata nel privato.
Dunque, ancora, taglio del cordone ombelicale, separazione dell’opera dall’autore attraverso un gesto chirurgico: lavoro editoriale come manualità, artigianato, ma anche colpo netto inferto con un bisturi, uno strumento speciale, acuminato.
Edizione di un testo come gesto che dirime, che non lascia spazio a ripensamenti.
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