Dottrina e giurisprudenza
Allo stato attuale della legislazione la progettazione di un edificio deve sempre prevedere la sua fruibilità da parte di qualunque soggetto. Per gli stabili esistenti la situazione può essere differente. In pratica possono sussistere dei veri e propri ostacoli, delle barriere, che rendono difficile, se non impossibile, l’accesso.
Eliminare le barriere architettoniche, quindi, significa consentire a tutti gli individui, indipendentemente dalle loro difficoltà motorie, di poter accedere liberamente ad un fabbricato.
E’ questo lo spirito con cui il legislatore, nel 1989, ha approvato la legge n. 13 recante, per l’appunto, “ Disposizioni per favorire il superamento e l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati”.
L’esempio classico è quello dell’edificio senza ascensore o dell’ingresso preceduto da scalini che impediscono ad una persona disabile di accedere allo stabile o di raggiungere il piano desiderato.
Nel caso del condominio la decisione di eliminare le barriere architettoniche, fino al 1989, era considerata come una vera e propria innovazione. Infatti, a livello tecnico giuridico con questo termine s’individuano le “ modifiche, le quali importino l’alterazione della entità sostanziale o il mutamento della originaria destinazione, in modo che le parti comuni, in seguito alle attività o alle opere innovative eseguite, presentino una diversa consistenza materiale, ovvero vengano ad essere utilizzate per fini diversi da quelli precedenti (tra le tante: Cass.,23 ottobre 1999, n. 11936; Casa., 29 ottobre 1998, n. 1389; Cass., 5 novembre 1990, n. 10602)” (così Cass. 26 maggio 2006 n. 12654).
Si pensi, per tornare all’esempio di cui sopra, all’installazione di un ascensore o alla creazione di uno scivolo sulle scale d’accesso al palazzo. Interventi senz’altro innovativi che, come tali, per l’approvazione avrebbero richiesto “ la maggioranza dei partecipanti al condominio e i due terzi del valore dell’edificio”(art. 1136, quinto comma, c.c.).
La legge n. 13/89 è intervenuta in materia di eliminazione delle barriere architettoniche in condominio, stabilendo che:
“ Le deliberazioni che hanno per oggetto le innovazioni da attuare negli edifici privati dirette ad eliminare le barriere architettoniche di cui all’articolo 27, primo comma, della legge 30 marzo 1971, n. 118, ed all’articolo 1, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1978, n. 384, nonché la realizzazione di percorsi attrezzati e la installazione di dispositivi di segnalazione atti a favorire la mobilità dei ciechi all’interno degli edifici privati, sono approvate dall’assemblea del condominio, in prima o in seconda convocazione, con le maggioranze previste dall’articolo 1136, secondo e terzo comma, del codice civile.
Nel caso in cui il condominio rifiuti di assumere, o non assuma entro tre mesi dalla richiesta fatta per iscritto, le deliberazioni di cui al comma 1, i portatori di handicap, ovvero chi ne esercita la tutela o la potestà di cui al titolo IX del libro primo del codice civile, possono installare, a proprie spese, servoscala nonché strutture mobili e facilmente rimovibili e possono anche modificare l’ampiezza delle porte d’accesso, al fine di rendere più agevole l’accesso agli edifici, agli ascensori e alle rampe dei garages.
Resta fermo quanto disposto dagli articoli 1120, secondo comma, e 1121, terzo comma, del codice civile” (art. 2 l. n. 13/89). La norma contiene due disposizioni di notevole importanza.
La prima è relativa ad una deroga ai quorum che tradizionalmente sono necessari per l’approvazione d’interventi innovativi in generale: così, per l’eliminazione delle barriere architettoniche, in prima convocazione sarà sufficiente il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti che rappresentino almeno 500 millesimi, mentre in seconda convocazione basterà che la deliberazione sia assunta con il voto favorevole di un terzo dei partecipanti al condominio che rappresentino almeno un terzo del valore dello stabile (333 millesimi).
Qualora non si riuscisse a deliberare, o ad eseguire la delibera, inoltre, la legge prevede la possibilità per singolo condomino d’installare, a proprie spese, dispositivi amovibili (quali servoscala e simili) per consentire ai portatori di handicap l’accesso all’edificio.
Va sottolineato, inoltre, che la giurisprudenza non ritiene indispensabile che il portatore d’handicap debba, per forza, essere un condomino.
In ogni caso, qualunque intervento innovativo, non può comportare pericolo per sicurezza e stabilità dell’edificio o alterarne il decoro e se particolarmente gravoso potrà essere eseguito solamente a cura e spese dei condomini che hanno votato favorevolmente.
Quanto al decoro, la sua tutela è meno rigorosa rispetto a situazioni ordinarie in quanto, si è, giustamente, detto che la stessa “ deve essere contemperata anche con altre esigenze nella specie particolarmente rilevanti in quanto connesse ai principi di eguaglianza e di solidarietà anche costituzionalmente protetti” (Trib. Milano 7 maggio 1992).
Ai sensi del primo comma dell’art. 3 della legge n. 13 del 1989, infine: “ le opere di cui all’articolo 2 possono essere realizzate in deroga alle norme sulle distanze previste dai regolamenti edilizi, anche per i cortili e le chiostrine interni ai fabbricati o comuni o di uso comune a più fabbricati”.
Avv. Alessandro Gallucci
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