Mi identifico moltissimo con don Chisciotte della Mancia.
Era un tipo straordinario che combatteva contro i mulini a vento.
Naturalmente, è impossibile battere un mulino a vento, ma lui non lo sapeva.
Caricava il mulino, e il mulino lo mandava ruzzoloni.
Ma lui si rialzava e caricava di nuovo e finiva di nuovo ruzzoloni.
La mia impressione, quando chiudo il libro, è che forse don Chisciotte aveva i calli al sedere per i troppi ruzzoloni, ma, caspita, viveva una vita meravigliosa.
Sapeva di essere vivo.
“Oh, Dio, arrivare in punto di morte per scoprire di non avere mai vissuto”.
Questo non era il caso di don Chisciotte.
Lui lo sapeva!
Quando hanno messo in scena quel bellissimo musical, “L’ uomo della Mancia”, nel finale, quando lui moriva, tutti coloro che aveva amato gli erano intorno e piangevano la sua morte.
Lui però non piangeva la propria morte, perchè aveva vissuto.
Poi si alzava, e sul palcoscenico scendeva una grande scala illuminata.
Don Chisciotte prendeva la sua lancia, girava gli occhi su tutti quelli che amava, sorrideva e saliva, nella luce.
E l’ orchestra e il coro attaccavano “The impossible Dream”.
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