Distacco da impianto riscaldamento e «notevoli squilibri di funzionamento»
II nuovo art. 1118 C.C. comma 4 c.c. consente al singolo condomino di distaccarsi dall’impianto di riscaldamento centralizzato.
A condizione che da questa operazione non derivino “notevoli squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condomini”.
Ma con quali conseguenze?
Condizioni richieste per procedere al distacco
La norma condivide le impostazioni già seguita dalla giurisprudenza.
Tuttavia, al contrario delle precedenti sentenze in merito al distacco, in cui si parlava di «squilibrio termico», nella nuova disposizione si fa riferimento a «notevoli squilibri di funzionamento».
In tal modo, si richiama il concetto già espresso dalla Cassazione (sentenza n. 11857 del 27/05/2011), secondo cui per “squilibrio termico” non deve essere intesa la possibile differente temperatura nell’appartamento distaccato.
Ciò in quanto, in ogni caso, anche senza distaccarsi il proprietario potrebbe sempre semplicemente chiudere i propri radiatori.
“Se così non fosse – osserva la Corte – quel distacco dall’impianto di riscaldamento centralizzato ammesso in linea di principio sarebbe sempre da escludere in concreto.
Ciò in quanto nell’ambito di un condominio ogni unità immobiliare confina con almeno un’altra unità immobiliare.
Per cui il distacco dall’impianto centralizzato da parte di uno dei condomini provocherebbe sempre quel tipo di squilibrio termico che, invece, deve essere considerato irrilevante”.
Il termine ‘’notevole” sta a indicare il limite entro cui è consentita l’operazione di separazione dall’impianto centralizzato.
La perizia tecnica
La prova della coesistenza delle condizioni tecniche sopra citate deve essere fornita dal condomino interessato tramite perizia (così come già stabilito della Cassazione con sentenza n.5974 del 25 marzo 2004).
Il documento deve essere redatto da un tecnico abilitato.
Un professionista iscritto agli albi professionali in possesso delle competenze tecniche in ambito di impianti di riscaldamento dotati di canne fumarie collettiva ramificate.
La perizia deve attestare lo stato dei consumi della caldaia e la proiezione del consumo in caso di distacco e deve dimostrare l’assenza di futuri squilibri termici per il fabbricato.
Il tecnico, in particolare, dovrà accertare la misura dell’inevitabile squilibrio che viene a crearsi nell’impianto centralizzato (dimensionato per garantire ripartizione di calore e confort adeguati nei vari alloggi), venendo meno una unità.
Dovrà inoltre quantificare l’eventuale quota forfettaria di compensazione per la quantità di calore di cui si continuerebbe comunque ad usufruire, derivante dagli appartamenti confinanti e dalle tubazioni che attraversano l’appartamento (in media, si riuscirebbe a beneficiare di una temperatura di 16-17°)
Analisi dei costi e benefici
Dimostrata la presenza delle due condizioni richieste, il condomino può procedere all’intervento di distacco senza preventiva informazione all’amministratore.
L’assemblea è sovrana
La relazione tecnica va sottoposta al vaglio dell’assemblea dei condomini, la quale non deve autorizzare il distacco, ma solo prendere atto della sussistenza dei presupposti di legge.
L’assemblea potrebbe anche riservarsi di decidere, opponendo una propria relazione tecnica, mentre si discute circa la legittimità di un eventuale divieto di distacco previsto nel regolamento (contrattuale) di condominio che comunque, secondo alcuni, non potrebbe mai tradursi in un divieto assoluto.
Chi paga le spese? – Distacco da impianto riscaldamento
Avvenuto il distacco, il condominio non è più tenuto a partecipare alle spese di consumo dell’impianto centralizzato, ma ha comunque l’obbligo di contribuire alle spese di manutenzione straordinaria, compresi i lavori per la sua conservazione e messa a norma.
I condomini che si distaccano continuano inoltre ad essere obbligati a partecipare alle spese di consumo del carburante o di esercizio se e nella misura in cui il distacco non ha comportato una diminuzione degli oneri del servizio a carico degli altri condomini (Cass. 30.04.2014 n. 9526).
Ma quanto costa?
La riforma del condominio mira al miglioramento dell’efficienza energetica ed alla riduzione dei consumi.
Per poter risparmiare, infatti, è necessario avere piena libertà nella gestione del riscaldamento, cioè nella scelta dei tempi di accensione dell’impianto e della temperatura degli ambienti.
L’impianto autonomo risulta la soluzione più economica perché consente di adattare alle proprie esigenze l’accensione, ottenendo un buon rapporto costi-benefici.
Con l’impianto individuale, inoltre, si hanno minori dispersioni di calore rispetto agli impianti centralizzati; il calore che viene irradiato dalle tubazioni della caldaia centralizzata verso cantine, vani scala, ecc. viene in parte disperso.
Il distacco peraltro comporta il più delle volte costi non indifferenti.
Si pensi alle spese necessarie per l’installazione della caldaia autonoma ad alto rendimento energetico o a condensazione o per l’installazione di un canna fumaria per lo scarico fumi, nonché alle spese per tutti gli interventi necessari per la realizzazione del nuovo impianto (es. distacco delle tubazioni, allaccio e adeguamento della nuova linea gas; realizzazione di una nuova rete idraulica di distribuzione ai vari radiatori, ecc).
A questi costi si aggiungono quelli dei consumi annui di gas e quelli delle verifiche periodiche e degli interventi manutentivi.
Possibili misure alternative (e meno costose) per il risparmio energetico. – Distacco da impianto riscaldamento
Oltre al distacco, oggi sono disponibili nuove tecnologie che permettono di risolvere i problemi connessi agli impianti di riscaldamento centralizzati, garantendo notevoli benefici di comfort ambientale e risparmio energetico a costi più contenuti.
Più conveniente risulterebbe, ad esempio, un intervento di efficientamento dell’impianto centralizzato, con relative spese pro-quota per la riqualificazione della centrale termica, spese di risanamento degli impianti individuali con l’installazione di valvole termostatiche ai radiatori e di un sistema di contabilizzazione del calore.
In particolare, gli impianti condominiali possono essere trasformati in impianti di riscaldamento a gestione autonoma attraverso l’installazione di un sistema di apparecchiature che misurano la quantità di calore effettivamente consumata in ogni appartamento e consentono di regolare le temperature in ogni alloggio.
Si tratta di un impianto centralizzato con la contabilizzazione individuale del calore e la termoregolazione autonoma delle temperature, che somma i vantaggi dell’impianto centralizzato con quelli dell’impianto individuale.
Con questa tecnologia ogni utenza può regolare la temperatura ambiente al valore desiderato, senza avere nel proprio appartamento una caldaia.
La caldaia rimane unica all’interno del condominio e il calore utilizzato da ogni utente viene contabilizzato grazie alla presenza di contatori individuali.
La spesa risulta, dunque, in funzione del consumo individuale.
Del resto, il D.P.R. 59/09 sul contenimento dei consumi energetici, dispone che per tutti gli immobili con più di 4 unità abitative e con potenza superiore ai 100 Kw, è preferibile mantenere l’impianto centralizzato.
Inoltre che l’eventuale ricorso all’autonomo deve essere vincolato a gravi cause tecniche certificate da un professionista abilitato.
L’impianto di contabilizzazione del calore è considerato intervento finalizzato al risparmio energetico.
Come tale, è incentivato dalla Legge: la sua realizzazione permette di godere del regime IVA agevolato del 10% per le ristrutturazioni edilizie e consente di recuperare tramite detrazione fiscale, il 50% della spesa effettuata.
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