La revoca dell’ amministratore di condominio può essere deliberata in ogni tempo dall’ assemblea, con la maggioranza prevista per la sua nomina oppure con le modalità previste dal regolamento di condominio.
Può anche essere disposta dall’ autorità giudiziaria su ricorso di ciascun condòmino.
Questo è il caso previsto dal quarto comma dell’ articolo 1131, se l’ amministratore non rende il conto della gestione, ovvero in caso di gravi irregolarità.
Nei casi in cui siano emerse gravi irregolarità fiscali o di non ottemperanza a quanto disposto dal numero 3) del dodicesimo comma del presente articolo, i condòmini, anche singolarmente, possono chiedere la convocazione dell’ assemblea per far cessare la violazione e revocare il mandato all’ amministratore.
In caso di mancata revoca da parte dell’ assemblea, ciascun condòmino può rivolgersi all’ autorità giudiziaria.
In caso di accoglimento della domanda, il ricorrente, per le spese legali, ha titolo alla rivalsa nei confronti del condominio.
Ovviamente il condominio, a sua volta, può rivalersi nei confronti dell’ amministratore revocato.
L’amministratore deve adeguarsi alla decisione presa dalla maggioranza dell’assemblea non potendo avanzare rivendicazioni in merito alla stabilità del proprio incarico.
Ciò indipendentemente da quelle che siano le ragioni della revoca assembleare.
Diritto al compenso dopo la revoca: L’ amministratore ha diritto al compenso solo se è stata approvata la specifica analitica
Qualora all’atto dell’accettazione della nomina o del suo rinnovo sia stato previsto analiticamente un importo dovuto all’amministratore a titolo di compenso per l’attività svolta, la revoca deliberata dall’assemblea, prima della scadenza annuale dell’incarico ed in assenza di giusta causa, legittima l’amministratore a pretendere il proprio compenso professionale; pertanto assume il diritto al compenso dopo la revoca.
Se non è stata approvata la specifica analitica del compenso, la nomina dell’ amministratore è nulla; pertanto non ha diritto ad alcun compenso.
Diritto dell’ amministratore a riscuotere l’ intero compenso, oppure solo la minor somma in proporzione all’ effettiva esecuzione del mandato
E’ tuttavia discusso se l’amministratore anticipatamente revocato in assenza di giusta causa abbia diritto all’integrale compenso pattuito per la durata annuale dell’incarico.
Oppure se abbia diritto solamente alla minor somma da liquidare in proporzione al tempo di effettiva esecuzione del mandato.
Sulla questione, con sentenza del 22.09.2005, è intervenuto il Giudice di Pace di Avellino.
Il giudice, conformandosi alla seconda soluzione, ha statuito che “l’amministratore anticipatamente revocato dall’assemblea non ha diritto al pagamento dell’intero compenso stabilito per la normale durata dell’incarico, ma alla minor somma liquidata in proporzione al tempo di effettiva esecuzione del mandato”.
Un provvedimento di identico contenuto è stato adottato dal Tribunale di Monza con sent. n. 27 giugno 1985.
In questo caso il giudice si è pronunciato in merito alla revoca dell’amministratore disposta dall’assemblea, ma il principio è da ritenersi valido anche per il caso di revoca giudiziale.
Appare evidente che due sole sentenze, peraltro pronunciate da giudici di primo grado, non appaiono sufficienti per sostenere l’esistenza di un orientamento giurisprudenziale consolidato.
L’ incarico dell’ amministratore di condominio ha durata di un anno
L’ incarico di amministratore ha durata di un anno, anche se si intende rinnovato per uguale durata.
Pur essendo vero che l’assemblea in qualsiasi momento può sollevare l’amministratore dall’incarico conferitogli, non bisogna dimenticare l’attuale applicabilità dell’art. 1725 c.c. ai rapporti fra il condomino ed il suo rappresentante.
In forza di detta, a cui ora, a differenza della disciplina ante riforma, rimanda espressamente l’art. 1129, comma XV, c.c. “la revoca del mandato oneroso, conferito per un tempo determinato o per un determinato affare, obbliga il mandante a risarcire i danni, se è fatta prima della scadenza del termine o del compimento dell’affare, salvo che ricorra una giusta causa”.
Revoca giudiziale dell’ amministratore di condominio
Una trattazione diversa merita invece la richiesta di revoca giudiziale.
In detta ipotesi l’amministratore gode ancora della fiducia della maggioranza del condominio in quanto solo uno o più condomini, insoddisfatti dell’operato dell’amministratore ed evidentemente in difficoltà nell’ottenere una revoca assembleare, decidono di rivolgersi al Tribunale competente affinché venga instaurato ed istruito un giudizio nelle modalità già ampiamente spiegate nel precedente capitolo.
Il procedimento giudiziale così introdotto rappresenta un momento di tutela per l’amministratore.
Infatti in questo caso, a differenza di quanto avviene all’interno dell’assemblea, il suo operato non viene arbitrariamente giudicato, ma sottoposto alla valutazione di fatto e di diritto da parte di un giudice.
Ossia un soggetto terzo ed imparziale chiamato a verificare se l’amministratore si sia reso responsabile di uno o più episodi di mala gestio.
L’esito favorevole del giudizio comporterà il diritto dell’amministratore a proseguire l’espletamento del proprio mandato, sino a che conservi il consenso della maggioranza condominiale nel rispetto del contenuto dell’art. 1136, comma II, c.c.
Al contrario una pronuncia sfavorevole comporterà la risoluzione del contratto di mandato.
Inoltre il conseguente diritto dei soggetti lesi ad avviare un autonomo giudizio di cognizione affinché vengano accertati e quantificati i danni arrecati dall’irregolare svolgimento dell’incarico.
Anche in questo caso il diritto al compenso viene disciplinato dall’art. 1725 c.c.
La norma autorizza il condominio a non corrispondere il compenso in caso di revoca per giusta causa, la quale dovrà essere giudizialmente accertata.
E’ bene ricordare che le pretese risarcitorie nei confronti dell’amministratore non potranno essere avanzate nel giudizio di revoca giudiziale introdotto con l’art. 64 disp. att. c.c..
Ciò in quanto detto strumento apre un procedimento in camera di consiglio soggetto alle disposizioni generali previste dagli art. 737 e ss. c.p.c., al quale va riconosciuto carattere di volontaria giurisdizione.
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