Il condomino disabile, e pertanto portatore di una invalidità, non può obbligare gli altri condomini ad eseguire opere di intervento edilizio per l’abbattimento delle barriere architettoniche.
Ad esempio, la realizzazione di montascale, di rampe e varchi di accesso senza gradini (con un pendio percorribile da una sedia a rotelle), cancelli automatici, ascensori esterni, manufatti che alterino la sagoma dell’edificio o altre opere simili, non si ha il diritto di metterli a carico del condominio.
Consenso del condominio per la partecipazione della spesa
Anche in questi casi vige il principio della maggioranza.
Pertanto, se l’assemblea non dà il proprio consenso alla realizzazione di questi lavori, per quanto socialmente apprezzabili, il disabile non può rivolgersi a un giudice per costringere gli altri proprietari, neanche se, a causa di ciò, l’accesso alla propria abitazione gli è completamente impedito.
D’ altra parte, il disabile ha il diritto di provvedere in autonomia all’abbattimento delle barriere architettoniche, incaricando una ditta e sostenendo lui tutta la spesa.
Quando l’intervento è integralmente a carico del portatore di handicap, questi non deve chiedere la preventiva autorizzazione all’ assemblea di condominio, ma deve solo comunicare all’ amministratore l’ avvio dei lavori; spetta a quest’ultimo riferire agli altri condomini nella prima riunione utile.
In ogni caso, la riforma del condominio del 2012 ha reso più facile il raggiungimento, in assemblea, della maggioranza necessaria all’approvazione degli interventi pro-disabili, stabilendo che, per il nulla osta all’ avvio dei lavori di abbattimento delle barriere architettoniche, è sufficiente la maggioranza degli intervenuti che rappresentino la metà del valore dell’edificio.
Con l’approvazione dell’assemblea, le spese per le opere da realizzare in favore del portatore di handicap verranno divise tra tutti i condomini i quali, peraltro, ne potranno anche usufruire qualora necessitati in un futuro.
Il condomino disabile può agire a proprie spese
Se il condomino disabile intende agire con spese a proprio carico, dovrà comunque munirsi – se necessario – delle dovute autorizzazioni amministrative rilasciate dal Comune.
Il che si rende necessario in tutti i casi, ad esempio, in cui l’intervento edilizio presupponga il permesso di costruire.
L’ amministrazione non può subordinare la licenza o il deposito delle relative comunicazioni (come la Scia) alla previa autorizzazione dell’assemblea condominiale.
È quanto chiarito dal Consiglio di Stato in una recente sentenza [1].
A giudizio dei giudici amministrativi, in caso di disabilità è diritto dell’invalido presentare l’istanza al Comune per la realizzazione di interventi edilizi per agevolare l’accesso all’immobile senza che l’ente locale possa subordinare ciò al deposito del consenso degli altri condomini.
Il portatore di handicap, proprietario dell’appartamento di cui fa parte il condominio, ha diritto – si legge nella sentenza in commento – ad avanzare una richiesta per lavori volti ad eliminare barriere architettoniche.
Ai sensi di legge [2], il disabile può anche realizzare a proprie spese alcune opere per le quali sia necessaria la licenza edilizia, ossia il cosiddetto permesso a costruire (come, ad esempio, l’allargamento porta di accesso all’ immobile) anche se non ottiene il parere positivo del condominio.
[1] Cons. St. sent. n. 353/17 del 27.01.2017.
[2] Art. 78, comma 2, TUE, riproduttivo dell’art. 2 della l. n. 13/1989.
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