Ai sensi del quarto comma dell’art. 1136 c.c. le deliberazioni che concernono la nomina e la revoca dell’amministratore o le liti attive e passive relative a materie che esorbitano dalle attribuzioni dell’amministratore medesimo, nonché le deliberazioni che concernono la ricostruzione dell’edificio o riparazioni straordinarie di notevole entità devono essere sempre prese con la maggioranza stabilita dal secondo comma.
Vale la pena ricordare che il quorum deliberativo richiamato è quello che si raggiunge con il voto favorevole della maggioranza dei condomini che rappresentino quanto meno la metà del valore millesimale dell’edificio (500 millesimi).
In questo contesto è lecito domandarsi: nel caso di controversia rispetto alla quale le parti manifestino la volontà di giungere ad una transazione, l’assemblea è competente a decidere in merito? Se si qual è la maggioranza necessaria per deliberarla?
Andiamo per gradi.
Quanto al primo quesito, vale la pena riprendere quanto detto giurisprudenza in merito alla competenza dell’assise condominiale.
Prima di tutto è bene ricordare che, secondo la dottrina, “ l’assemblea è l’organo supremo, preminente del condominio. E’ la voce di questo, è la sua volontà all’interno del gruppo con riflessi immediati all’esterno. E’ organo naturale (che non richiede alcuna nomina), strutturale e permanente” (Branca, Comunione Condominio negli edifici, 1982).
In questo contesto, secondo la Suprema Corte di Cassazione, “ l’assemblea condominiale – atteso il carattere meramente esemplificativo delle attribuzioni riconosciutele dall’art. 1135 c.c. – può deliberare, quale organo destinato ad esprimere la volontà collettiva dei partecipanti, qualunque provvedimento, anche non previsto dalla legge o dal regolamento di condominio, sempreché non si tratti di provvedimenti volti a perseguire una finalità extracondominiale. Ne consegue che le deliberazioni dell’assemblea dei condomini non sono impugnabili per difetto di competenza bensì restano soggette all’impugnazione a norma dell’art. 1137 c.c. soltanto per contrarietà alla legge o al regolamento di condominio, nella quale contrarietà confluisce ogni possibile deviazione del potere decisionale verso la realizzazione di fini estranei alla comunità condominiale”. (Cass. 13 agosto 1985 n. 4437).
In sostanza l’organo deliberante può prendere ogni decisione utile e conveniente rispetto alla gestione e conservazione delle parti comuni.
Siccome nella gestione del condominio rientra a pieno titolo la valutazione del da farsi in merito alle controversie che riguardano la compagine, non vi sono dubbi sulla possibilità che l’assemblea possa decidere di trovare un accordo, ergo transigere, in relazione ad una lite già nata o magari anche solamente per prevenirla.
Ciò detto è indispensabile, anche solamente per completare quanto abbiamo detto in questo articolo, specificare quali sono i quorum deliberativi necessari a dare l’ok all’amministratore per stipulare una transazione.
Al riguardo, posto che la legge è silente in merito, a parere di chi scrive, se si tratta di materia sulle quali l’assemblea può deliberare, la maggioranza è la medesima richiesta per la decisione sulle liti attive o passive di cui parla il quarto comma dell’art. 1136 c.c. insomma: il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio.
Art. di Alessandro Gallucci
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