Conto corrente condominiale: alcune problematiche da affrontare
La riforma del condominio ha introdotto l’obbligo di conto corrente, ma le norme pongono delle questioni particolari.
Come già abbiamo detto, la recente riforma del condominio ha rivoluzionato il settore della gestione degli stabili abitativi: tra le novità più importanti vi è quella dell’obbligo di conto corrente condominiale, ovvero di un conto (bancario o postale, tradizionale od on line) che deve essere aperto per la gestione delle entrate e delle uscite del condominio e ad esso intestato: tuttavia c’è da dire che, come spesso accade quando ci sono novità così importanti in settori chiave, ad una attenta analisi si scorgono diverse questioni che vanno affrontate.
Ad esempio il conto corrente condominiale deve essere dotato, se sono necessari degli interventi di ristrutturazione o di manutenzione, di un fondo per tali spese dove versare la somma di denaro da utilizzare e che deve essere costituito in anticipo sui lavori tramite il versamento della propria quota da parte di ogni condomino: chiaro è che non tutti possono essere in grado di pagare per intero e subito, cosa che potrebbe dunque bloccare i lavori.
Vi è poi un dubbio a riguardo della necessità di specificare a che titolo l’amministratore di condominio depositi o prelevi liquidità dal conto corrente condominiale: giustamente introdotto per evitare l’appropriazione indebita da parte di amministratori poco onesti, rischia però di complicare la gestione finanziaria dello stabile, visto che è anche stato eliminato il fondo cassa in contanti condominiale.
Infine, la riforma del condominio non si esprime sulla personalità giuridica del condominio: persona fisica o persona giuridica? C’è la possibilità dunque che le banche non diano la qualifica di consumatore allo stabile (che può essere data solo alle persone fisiche), proponendo così dei conti correnti con più spese.
Queste le parole dell’avvocato Lina Calonghi dell’Ufficio Legale milanese del Sunia (il Sindacato Nazionale Unitario di Inquilini e Assegnatari) e dell’Apu (l’Associazione dei Proprietari Utenti): "Non è la riforma che ci si aspettava, sono stati recepiti solo gli orientamenti della giurisprudenza. Ma non sono state risolte le problematiche principali che sono emerse nel testo di legge precedente, datato 1942. Ed è chiaro che in 71 anni di cose ne sono cambiate parecchie".
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