Chi paga le spese legali per il recupero crediti dei morosi
Uno dei problemi più delicati nei condomini è quello del recupero dei crediti nei confronti dei proprietari morosi: non tanto per il fatto che, se alcuni condomini non pagano gli oneri all’amministratore, gli altri potrebbero essere chiamati ad anticipare i “vuoti in bilancio” onde evitare che i fornitori interrompano i servizi (si pensi alla luce o all’acqua) e notifichino decreti ingiuntivi ai danni della gestione condominiale (con ulteriori aggravi di spese).
Ma anche e soprattutto perché, considerati i problemi della nostra giustizia, il recupero dei crediti diventa sempre più costoso e lungo: costoso per via dell’aumento delle spese necessarie per intraprendere cause o anche per richiedere un decreto ingiuntivo (si pensi all’aumento del contributo unificato); lungo perché, in caso di opposizione al decreto ingiuntivo – sebbene, di norma, venga concessa la provvisoria esecuzione – i tempi per la definizione del giudizio potrebbero protrarsi per oltre tre anni.
Ebbene, proprio a tal proposito, potrebbe porsi il dubbio su chi gravino i costi dell’avvocato e le spese vive necessarie per recuperare i crediti dai morosi.
A riguardo, una norma del codice civile [1], che non è stata modificata dalla legge di riforma del condominio, stabilisce come criterio legale della ripartizione delle spese condominiali la suddivisione per millesimi di proprietà.
Sicuramente è, pertanto, corretto ripartire per quote le spese legali per radicare una causa contro i condomini morosi.
Insomma, per quanto ingiusto possa apparentemente sembrare, i costi per il recupero crediti gravano su tutti i condomini, anche su quelli più virtuosi.
È anche vero, però, che di norma, il giudice, nel condannare il debitore inadempiente, gli pone a carico non solo la sorte capitale con gli interessi, ma anche le spese di giudizio (oneri legali e spese vive) anticipate dal creditore per il recupero del credito.
Quindi, in genere, tali costi sono solo anticipati dal condominio, ma poi dovrebbero essere restituiti dai morosi.
Due ultime precisazioni che potrebbero dissuadere i “furbetti” dal voler evitare di pagare i propri debiti.
La prima è che, in base alla riforma del condominio entrata in vigore lo scorso anno, da oggi, i creditori del condominio che non sono stati pagati, dovranno, prima di tutto, avviare l’esecuzione forzata solo nei confronti dei condomini morosi: a tal fine, i fornitori chiedono all’amministratore di condominio la lista dei condomini non in regola coi pagamenti e, quindi, procedono a effettuare il pignoramento nei confronti di questi ultimi.
Solo in via subordinata, in caso di mancata soddisfazione, agiscono nei confronti degli altri condomini virtuosi.
La seconda attiene alle concrete possibilità di recupero del credito.
È vero che l’esecuzione forzata mobiliare, nel nostro ordinamento, ha sempre scarse possibilità di riuscita. Ma, in questo caso, il condomino moroso è sempre quello titolare dell’appartamento.
Pertanto si potrà procedere prima iscrivendo una ipoteca sull’immobile e poi procedendo alla successiva vendita forzata all’asta.
Anche la presenza di un fondo patrimoniale, nel quale l’immobile familiare sia stato inserito, non impedisce al condominio di agire con un pignoramento immobiliare sull’appartamento: e ciò perché le spese condominiali vengono fatte rientrare in quelle necessarie al sostentamento della famiglia: con la conseguenza che, al condominio, non può mai opporsi la precedente esistenza del fondo patrimoniale.
[1] Art. 1123 cod. civ.
http://www.laleggepertutti.it/54454_con … grlge.dpuf
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