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Camera USA boccia il piano Bush

Crisi mutui, no della Camera Usa al piano da 700 miliardi di dollari
Bush, “molto contrariato”, riunisce lo staff. Paulson: “Faremo di tutto” Appello di Obama ai mercati: “Calma e nervi saldi”.

Cari amici

La notizia di oggi è arrivata inaspettata, e si è abbattuta pesantemente sui mercati finanziari, producendo perdite molto pesanti.

Unica eccezione positiva, la diminuzione rilevante del prezzo del petrolio (ben 10,52 dollari); questa variazione “positiva” indica la percezione sensibile della volatilità del valore del dollaro, il quale, se fosse passato il piano finanziario, sarebbe rimasto “pressato” dal peso del debito pubblico di 700 miliardi di dollari, portato in aggiunta della massa debitoria imponente che lo stato USA ha in bilancio nei confronti del resto del mondo.

La situazione politica resta in stallo.

Pertanto i mercati finanziari restano da soli in mezzo al “libero mercato”, e se la devono cavare senza alcun aiuto!

I veri “liberisti” saranno contenti.

La prossima votazione del piano di salvataggio è prevista per il prossimo giovedì; l’ esito appare molto incerto, e dipenderà fortemente da come reagiranno i mercati nei prossimi giorni.

Ciò che si teme è che si inneschi una crisi di panico che inneschi una catena di vendite incontrollata.

A mio giudizio è stata una scelta discutibile puntare così tanto l’ attenzione dell’ opinione pubblica sul provvedimento, come se fosse “l’ ultimo rimedio” alla catastrofe.

A prescindere che non è scontata la buona riuscita di questa operazione di finanziamento “statale”, uno statista “navigato” dovrebbe sempre lasciarsi aperta un’ altra possibilità.

Repubblica

WASHINGTON – La Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti ha bocciato il pacchetto da 700 miliardi di dollari approntato dal Tesoro per salvare il sistema finanziario americano. E’ mancato il quorum per un pugno di voti. I contrari sono stati 228, i favoreli 205. Per far passare il provvedimento erano necessari 218 voti favorevoli. La notizia ha fatto sprofondare Wall Street: il Dow Jones ha chiuso in calo del 5,8% a quota 10.486,43 mentre il Nasdaq ha lasciato sul terreno il 9,14% a 1.983,73 punti e lo S&P500 è arretrato del 7,34% a 1.123,94.

E nelle contrattazioni after hours gli indici hanno continuato a scendere: il Dow Jones ha ceduto 738,42 punti cioè il 6,63% attestandosi a quota 10.404,71 e segnando la maggiore perdita della storia in termini di punti in una sola giornata e il peggior calo in termini percentuali dagli attacchi dell’11 settembre 2001 mentre lo S&P500 ha perso l’8,12% a 1.114,48 punti.

Chiusura in forte calo anche per il greggio: a New York il prezzo del barile per consegna novembre ha perso 10,52 dollari a quota 96,36. Attualmente i prezzi del petrolio sono di circa il 34% inferiori al record assoluto di 147,27 dollari toccato lo scorso 11 luglio.

Subito dopo il voto della Camera, il piano di salvataggio è rimasto per qualche minuto di fatto congelato: in molti hanno cercato di convincere, aggrappandosi a tecnicismi procedurali, chi aveva votato contro a cambiare idea. Ma non c’è stato nulla da fare.

Vano l’ennesimo appello del presidente Bush in mattinata (video): “Il Congresso potrà mandare un forte messaggio ai mercati approvando prontamente il piano di salvataggio”. Colossale l’errore del portavoce della Casa Bianca Tony Fratto che aveva dichiaratio: “Pensiamo di avere i voti sufficienti”.

La debolezza di Bush. Il clamoroso ‘no’ della Camera è stato innescato da un ripensamento in extremis di una dozzina di deputati repubblicani e dalla incapacità del leader democratico Nancy Pelosi di controllare il voto dei suoi deputati. Ma si è trasformato in uno schiaffo anche per il capo della Casa Bianca, confermando la perdita quasi totale da parte di Bush del potere di influenzare gli eventi. A nulla, infatti, sono valsi il drammatico discorso alla nazione (la scorsa settimana) e il disastroso vertice di giovedì con i due candidati alla presidenza, Barack Obama e John McCain, che si è rapidamente trasformato in una kermesse di recriminazioni.

Ma il fatto che la maggiore opposizione al piano è venuta dai deputati repubblicani, cioè dal partito del presidente, è un’altra fonte di frustrazione per Bush. I deputati repubblicani sono preoccupati dal voto imminente di novembre: tutti i membri della Camera devono sottoporsi al giudizio degli elettori e sono quindi molto sensibili agli umori dei loro collegi elettorali, umori che sono chiaramente contrari al piano. Gran parte degli elettori sono convinti che il piano, che costerà 700 miliardi di dollari ai contribuenti, miri infatti a salvare le grandi compagnie di Wall Street ma faccia ben poco per i piccoli risparmiatori e per chi non è più in grado di pagare i mutui delle case.

Subito dopo la bocciatura del piano, un Bush “molto contrariato”, ha convocato il suo staff nello Studio Ovale. E il segretario al Tesoro Henry Paulson, che ha incontrato il presidente della Fed Ben Bernanke, si è immediatamente detto pronto “a usare tutti gli strumenti a disposizione per proteggere i mercati e l’economia”.

I candidati alla presidenza. Il candidato democratico Barak Obama ha chiesto ai mercati “fiducia” e “calma”. Il piano da 700 miliardi appena bocciato dalla Camera “non è morto” e adesso “è importante che tutti, gli americani e i mercati finanziari, abbiano nervi saldi”.

Ma il suo avversario ha attaccato a testa bassa lo stesso Obama e i democratici. McCain ha affidato al proprio consigliere economico, Douglas Holtz-Eakin, il compito di diffondere una dichiarazione al veleno, affermando che il fallimento è legato al fatto che “Barack Obama e i democratici hanno messo la politica di fronte agli interessi del paese”. Il consigliere di McCain ha sostenuto che dal momento in cui il candidato repubblicano, la scorsa settimana, ha interrotto la propria campagna elettorale per recarsi a Washington a lavorare per il piano, Obama e la leadership democratica in Congresso hanno lanciato “attacchi faziosi per guadagnare vantaggi politici, durante una crisi economica nazionale”. Cosi facendo, secondo McCain, i democratici “hanno messo a rischio le case, le condizioni di vita e i risparmi di milioni di famiglie americane”.

Per ora nessuna replica diretta da parte di Obama, che da Westminster, Colorado, ha lanciato un appello: “Democratici e repubblicani a Washington – ha detto – hanno la responsabilità di mandare avanti questo pacchetto di misure d’emergenza, così che possiamo quantomeno fermare i problemi imminenti che abbiamo”.

Nuovo voto non prima di giovedì. Dopo la picchiata dei mercati la Camera si è riconvocata per giovedì. Oggi i deputati dovevano votare e andare a casa fino alla fine dell’anno per la pausa elettorale: i sostenitori in entrambi i partiti del piano da 700 miliardi – la speaker della camera Nancy Pelosi e (a malincuore) il capo della minoranza repubblicana John Boehner – si sono ripromessi invece di riportare in riga le truppe smarrite e rimettere ai voti il piano. Domani il Congresso osserva la festa ebraica di Rosh Hashanah e i lavori parlamentari erano in ogni caso sospesi.

“Dobbiamo continuare”, ha detto la Pelosi mentre il suo collega Barney Frank, presidente democratico della commissione Finanze della Camera, ipotizzava discussioni con il capo del Tesoro Henry Paulson per parlare di “alternative”. Un’ipotesi in cantiere è che sia il Senato, dove il pacchetto ha avuto vita più facile nei negoziati preliminari dei giorni scorsi, a riprendere in esame il piano mercoledì prossimo.

“Abbiamo bisogno di un piano che funzioni” e ne “abbiamo bisogno il più presto possibile”, ha detto Henry Paulson. Il segretario al Tesoro si è definito “contrariato” dal no della Camera e ha evidenziato come “i mercati in tutto il mondo siano sotto stress”.

Paulson ha sottolineato che il piano di salvataggio “è troppo importante per lasciarlo semplicemente fallire”, e ha sottolineato l’urgenza di rimettersi al lavoro con i leader del congresso e “concludere qualcosa il più presto possibile”.

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