Un approccio sostanzialistico potrebbe ammettere la detrazione se le imperfezioni nella causale del bonifico non hanno impedito la ritenuta
Con la recente risoluzione n. 55/2012, l’Agenzia delle Entrate è intervenuta sul tema della fruibilità dell’agevolazione del 36%, affermando che, se si esegue un pagamento al cedente con un bonifico incompleto, ovvero omettendo di indicare i dati richiesti dall’art. 1, comma 3, del DI 41/1998 (causale del versamento, codice fiscale del beneficiario della detrazione e numero di partita IVA e/o codice fiscale del soggetto a favore del quale il bonifico è effettuato), non è possibile fruire della detrazione fiscale.
L’agevolazione, peraltro, potrà comunque essere recuperata nel periodo d’imposta in cui il contribuente impreciso ripeterà il pagamento alla controparte, seguendo però alla lettera il preciso dettato regolamentare.
Con la replica del pagamento, il cedente e il cessionario potranno definire, con piena autonomia negoziale dalla quale l’Agenzia è estranea, anche le condizioni e le modalità di restituzione dell’importo inizialmente versato in modo non conforme.
Di fatto, quindi, per rientrare in bonis, il cessionario dovrà anticipare per qualche tempo la duplicazione dell’onere finanziario di somme anche molto ingenti, gravame che, purtroppo, la risoluzione non ha potuto evitare, poiché solo il rigoroso rispetto degli adempimenti prescritti nel citato decreto consente agli intermediari di non omettere l’effettuazione della ritenuta a titolo di acconto (del 4%, ex art. 25 del DL n. 78/2010) che è stata prevista anche, e soprattutto, per permettere l’esecuzione dei controlli incrociati dell’Amministrazione finanziaria.
Conseguentemente, quando l’omissione dei dati pregiudica il rispetto degli adempimenti da parte degli istituti finanziari, il contribuente che vuole fruire dell’agevolazione per le spese destinate al recupero del patrimonio edilizio non avrà altra possibilità che reiterare un bonifico corretto.
Il tema dei bonifici incompleti, peraltro, era già stato oggetto di precedenti pronunciamenti e, con le risoluzioni n. 300/2008 e n. 353/2008 e la circ. n. 95/2000, punto n. 2.1.3, l’Agenzia delle Entrate aveva sostanzialmente consentito che, ove vi fosse una correlazione inequivocabile tra somme pagate, lavori eseguiti e soggetti coinvolti nell’operazione, l’incompletezza dei dati esposti nelle causali del bonifico poteva essere colmata, integrando, presso l’intermediario, il proprio codice fiscale, ovvero la partita IVA del beneficiario del bonifico e/o comunicando/correggendo gli estremi della norma agevolativa di riferimento.
In passato, quindi, molti contribuenti hanno fatto ricorso a questa “sanatoria informale” per rimediare non solo ad omissioni ascrivibili direttamente a loro (per errori nei bonifici online), ma, a volte, anche per sanare la distrazione tecnica di qualche operatore bancario che, nella descrizione della causale del bonifico di sportello, aveva invertito erroneamente l’imputazione dei richiami della legge istitutiva del 55% (L. 296/2006), con quelli del 36% (L. 449/1998), circostanza che, tuttavia, non aveva interferito con l’esecuzione di una ritenuta analoga.
Ora, quindi, pur se alla luce della nuova interpretazione fornita con la risoluzione n. 55/2012, i descritti orientamenti benevoli della prassi devono ritenersi superati, poiché l’evoluzione della posizione dell’Agenzia sembra voler penalizzare solo i casi in cui “la non completa compilazione del bonifico bancario/postale pregiudica, in maniera definitiva, il rispetto da parte delle banche e di Poste Italiane SPA dell’obbligo di operare la ritenuta”, un approccio sostanzialistico al tema potrebbe ancora ammettere che ogni imperfezione nella causale di un bonifico che, tuttavia, non abbia impedito agli intermediari finanziari la possibilità di eseguire la prescritta ritenuta del 4%, possa comunque ritenersi titolo idoneo per l’accesso alla detrazione, senza, quindi, necessità di reiterazione di altro bonifico.
Simmetria tra le modalità applicative delle agevolazioni di 36% e 55%
Allo stesso modo, poiché mantenere “la simmetria tra le modalità applicative delle due agevolazioni fiscali” (36% e 55%, ndr), come sottolineato anche nella recente circolare n. 19/2012, punto 1.7, appare un obiettivo tendenziale della stessa prassi dell’Agenzia, anche ad errore inverso: laddove all’interno dei bonifici per interventi di riqualificazione energetica fosse stata erroneamente indicata, senza pregiudizio per ritenuta, l’indicazione legislativa delle spese per ristrutturazione edilizia, una simile apertura logica potrebbe ragionevolmente trovare applicazione. Soluzione illuminata, peraltro, che in alcuni casi potrebbe addirittura costituire l’unica possibilità di conservare il diritto alla detrazione, la quale, infatti, sarebbe definitivamente persa nel caso di cessata attività dell’impresa cedente, con ciò, quindi, cristallizzando una situazione insanabile per l’impossibilità di poter ricevere un nuovo bonifico corretto. E, in tempi di crisi del settore immobiliare, quest’ultima eventualità non appare poi così remota.
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