Cari amici,
Le ultime elezioni le ha vinte la Lega Nord!
Questa triste notizia rivela il vuoto politico e l’ individualismo che pervade il nostro paese.
Mi chiedo chi saprà riannodare le fila del consenso “di sinistra”?
Forse Di Pietro? …può darsi, ma io non ci credo!
Di Pietro esprime il voto di protesta, che serve per far capire il dissenso ma non a costruire un’ alternativa politica.
In Italia abbiamo bisogno di un linguaggio alternativo di sinistra, che oggi non esiste.
Berlusconi esprime una visione politica chiara, dal suo punto di vista, che io non condivido, ma che tuttavia posso capire.
La cosiddetta “sinistra” invece non ha una visione alternativa coerente, e a mio giudizio difende delle categorie sociali senza garantire una visione di insieme che possa promuovere una prospettiva politica.
Per questo motivo il PD perde consensi, e non credo che questa emorragia si fermerà, almeno fino a quando il gruppo dirigente di questo partito riuscirà a trovare argomenti validi, coerenti e alternativi.
Il fatto quotidiano
I risultati delle Regionali sono salutari per il Paese e un’opportunità (l’ultima) per il centrosinistra. Dalle urne è uscito un responso chiaro e, checché se ne dica, ben poco favorevole al Cavaliere: il centrodestra ha vinto – generalmente per insussistenza degli avversari – ma Berlusconi ha perso. Dalle Politiche in poi il Pdl (al pari del Pd) è in costante emorragia di voti: nel giro di due anni ha addirittura lasciato per strada il 7 per cento dei consensi. E ora il neonato partito del premier vale quanto valeva la vecchia Forza Italia. Segno che il giudizio di Dio, più volte invocato da Berlusconi contro i giudici e l’informazione, è stato un flop. Dio (gli elettori) si è astenuto o ha votato Lega. Con questi numeri parlare ancora di riforme – a partire dall’unica che interessa all’anziano leader del Pdl: la reintroduzione dell’autorizzazione a procedere – non ha senso.
Se si mettesse davvero mano alla Costituzione, il referendum confermativo, previsto per le leggi fondamentali che non hanno una maggioranza qualificata, è destinato a chiudersi con una sonora bocciatura. Resta, è vero, la via delle riforme condivise sempre invocata dai brontosauri della partitocrazia. Ma si tratta di un percorso politicamente suicida. Saggiamente ben pochi tra gli elettori (di destra e di sinistra) ne sentono il bisogno. Perché al Paese più che nuove regole servono il rispetto di quelle vecchie e una nuova classe dirigente. Per questo la sconfitta della nomenklatura del Pd è un’opportunità.
Se nel Lazio e in Piemonte il centrosinistra avesse vinto (ci voleva un niente), oggi Pier Luigi Bersaniracconterebbe di avercela fatta. Per fortuna è andata diversamente. Ed è arrivata l’ora delle centinaia di funzionari, militanti e amministratori locali onesti, con meno di quarant’anni. Adesso tocca a loro. Devono scegliere: o ribellarsi per prendere il potere nel partito, o morire con esso prima ancora di essere nati. Per gli Italiani comunque andrà a finire, sarà una liberazione.
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