Cari amici,
Sommessamente, il mondo politico in queste ore si sta facendo una domanda: “Si dimetterà il re Silvio?”
Nei prossimi giorni i media iniziaranno a rendere pubblico il materiale contenuto agli atti presentati alla camera, e potrebbe essere molto più compromettente di quanto si possa pensare.
Che farà Silvio se i particolari dei “festini” dovessero oltrepassare il grado di morale pubblica a cui gli italiani sono abituati?
E che faranno all’ estero, se i particolari piccanti saranno tradotti nelle capitali mondiali che decidono i destini del mondo?
Come farà Berlusconi a presentarsi alle riunioni internazionali senza sfuggire ai sorrisini compiaciuti dei rappresentanti mondiali, e delle loro mogli?
Povero lui, ….e poveri anche noi!
Speriamo che la politica riesca a metterci una pezza.
Rassegna stampa Wall Street Italia
Il mondo berlusconiano è in preda al panico. Pochi sanno che cosa c’è davvero nelle 400 pagine inviate dai magistrati alla Camera, ma chi vi ha dato uno sguardo non trova parole per raccontare.
Lo stesso premier ha trascorso l’altra notte sfogliando le carte e ne è rimasto «profondamente sconvolto». Per il linguaggio crudo, da fare arrossire qualche scaricatore di porto, con cui le ragazze intercettate descrivono i festini di Arcore. E per i giudizi spietati, gonfi di sprezzo, che mandano in briciole il suo ego, che trasformano il Cavaliere umanamente in un mostro.
A questo punto l’aspetto penale verrà dopo. Non per nulla gli avvocati Longo e Ghedini nemmeno sanno dire così, su due piedi, se il loro cliente dovrà appellarsi a qualche cavillo legale per schivare le domande della più terribile tra le inquisitrici, Ilda Boccassini. Prima della difesa legale, per Berlusconi viene quella urgente, urlata, disperata, della propria dignità di politico, di imprenditore, di padre e di nonno.
Da domani sapremo quali orrendi segreti stanno nel plico su cui, ironia del destino, metterà la sua firma Fini da presidente della Camera. Ma soprattutto misureremo le reazioni collettive di indifferenza o di sdegno, e dunque le chances del Cavaliere di sopravvivere come in altri frangenti gli era miracolosamente riuscito.
Una parte dei suoi ci crede ancora. Da Micciché alla Gelmini, da Bondi a Sacconi, da Cicchitto a Frattini, tutti si dichiarano pronti a immolarsi nell’ultima resistenza. Lo seguirebbero perfino all’inferno. Eppure, proprio nella guardia scelta berlusconiana si diffonde la sensazione di una battaglia inutile, senza speranza, senza la minima prospettiva strategica.
Perché nessuno crede seriamente che basteranno trovate mediatiche come quella di ieri, l’annuncio nel videomessaggio dell’anima gemella, per arginare una marea di fango. In altri momento sarebbe stato tutto un darsi di gomito, «hai visto Silvio che grande genio della comunicazione? Ha già fatto passare in secondo piano l’inchiesta»; ora invece solo sorrisi a denti stretti, e dubbi («cosa dici, funzionerà?») oppure sarcasmi velati («ma questa donna esiste davvero?»). Tra i collaboratori più intimi del premier non ce n’è uno, uno soltanto, che possa dire: io la conosco, ne ero al corrente. Se Berlusconi voleva tenere il nome della fortunata al riparo della curiosità (e dei pm), c’è riuscito fin troppo bene.
Ma forse l’annuncio è solo un modo per far sapere al mondo: «Ho messo la testa a posto. Tutto quello che leggerete nei prossimi giorni è acqua passata, appartiene al vecchio Silvio che non c’è più, morto e sepolto».
E’ la prima linea difensiva. La seconda barricata del premier consiste nel negare in via preventiva, nel contestare ancora prima che diventino pubblici i racconti boccacceschi delle ragazze, nel presentarli come vanterie, fanfaluche, bugie da comari, del resto tante se ne dicono al telefono quando mai si penserebbe di venire ascoltati.
La terza trincea del premier sta nell’orgogliosa rivendicazione della sua privacy. A chiunque lo chiami, ripete come un vecchio 33 giri in vinile: «In casa mia io ho il sacrosanto diritto di fare quello che credo, guai se si entra nelle camere da letto, se mi va di fare regali li faccio, nessuno può obbligarmi a perquisire le mie ospiti perché non scattino foto».
Nel passaggio più scabroso della sua quasi ventennale carriera, Berlusconi sfodera perfino con gli amici la solita sfrontata sicurezza. Sostiene che l’indagine su Ruby «fa acqua da tutte le parti, manca la prova per incastrarmi».
Salvo precipitare poi nel patetico quando sempre in privato confida: «Solo un uomo terribilmente solo, tutto questo succede perché vivo in questa condizione da cinque anni, ogni tanto anch’io sento il bisogno di una festa, desidero vedere gente… Invitavo quelle ragazze per scambiare un rapporto di affetto, con loro sono stato sempre paterno, a una ho fatto imparare l’inglese, un’altra l’ho fatta assumere a Mediaset…».
Mai che abbia pronunciato, finora, la parola fatale: dimissioni. Eppure chi gli circola intorno giura che sta bene al centro dei suoi pensieri. Aleggia come uno spettro nella villa di Arcore.
Qualcuno comincia a parlarne, sottovoce si capisce. Fa testo il giudizio di un ministro tra i massimi, che naturalmente non vuole essere nominato: «Il danno internazionale è insopportabile. Fosse Berlusconi accusato di violazione dell’articolo 2550 del codice civile, all’estero direbbero che è una storia italiana. Ma in questo caso si parla un linguaggio universale, sesso con una prostituta minorenne, lo capiscono anche in Cina. Tentare difese tecniche o andare in tivù è semplicemente ridicolo».
Perfino tra i colonnelli più fedeli si va spargendo il dubbio: non sarebbe preferibile un passo indietro ora, subito, prima che tutto precipiti? L’argomento ha una sua forza seduttiva. Rinunciando a Palazzo Chigi, Berlusconi potrebbe contestualmente indicare un successore, quantomeno condizionare pesantemente la scelta di Napolitano.
E poi restare dietro le quinte a difendersi dai processi, a tirare i fili della politica con un potere pur sempre smisurato. I vecchi leader democristiani, quelli immarcescibili, loro sì sapevano quando uscire di scena per ritornare al momento giusto.
Tremonti, Alfano, Letta… Nessuno dei tre faticherebbe a trovare appoggi nell’Udc. Specie il primo, sarebbe la migliore garanzia per la Lega. Resistere a oltranza, invece, a che pro? Tra gli strateghi Pdl si fatica a trovare una risposta convinta. Qualcuno (Osvaldo Napoli) scuote la testa: «Qui non si fanno prigionieri, possiamo solo combattere, andrà come dio vuole». I più tacciono, sospirano, fremono e se la cavano con un «aspettiamo di leggere le carte, vediamo che cosa succede».
Con un leader «sputtanato» non si può certo correre alle urne, questo risulta chiaro ai gerarchi del Cavaliere. Allora sì che Bossi diventerebbe padrone del Nord… Qualcuno più pessimista si spinge a paventare l’esilio di Bettino nella Tunisia. Anzi, «di questo passo Silvio farà la fine di Ben Ali». La sensazione è che in pochi giorni si consumerà tutto. (Articolo di Ugo Magri – copyright La Stampa)
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Il presidente della Giunta per le autorizzazioni a procedere della Camera, Pierluigi Castagnetti, ha aperto in mattinata il fascicolo, con la richiesta di autorizzazione a procedere, giunta dal tribunale di Milano che indaga sul caso Ruby, che coinvolge Silvio Berlusconi.
Le carte con cui la procura chiede di perquisire gli uffici di Giuseppe Spinelli, addetto alla contabilità del Cavaliere, saranno fotocopiate e solo dal pomeriggio i commissari ne potranno prendere visione. Castagnetti ha anche preannunciato l’intenzione di mettere la richiesta all’ordine del giorno della prossima convocazione della giunta, mercoledì, per l’avvio dell’esame.
Negli uffici milanesi di Spinelli, figura storica nell’entourage berlusconiano, i pm di Milano erano convinti di trovare le tracce della contabilità delle «erogazioni di denaro» (o anche i contratti di affitto delle abitazioni) in favore delle ragazze che partecipavano alle serate con Berlusconi. Fa notare Pierluigi Mantini, Udc, componente della Giunta, che «sono stati i legali di Spinelli a parlamentarizzare le carte milanesi». Insomma, a ritenere il male minore dare il semaforo verde alla pubblicizzazione degli atti, rispetto alla perquisizione di quegli uffici.
Una scelta apparentemente suicida se è vero che, come ha affermato ieri sera il presidente del Consiglio, negli atti sono riportati «perché vengano divulgati, frammenti di telefonate private di tutte queste persone che hanno osato venire a casa mia». Berlusconi deve conoscere le carte, e dunque deve essere stato consapevole della portata degli elementi dell’accusa. L’esito della richiesta di autorizzazione a procedere alla perquisizione, a questo punto, passa in secondo piano rispetto alle ricadute politiche e mediatiche della pubblicità degli atti dell’inchiesta dei pm di Milano. L’attenzione, naturalmente, si concentrerà sulle intercettazioni telefoniche e ambientali, sui racconti tra le ragazze nei quali, per dirla con Silvio Berlusconi, «ci si vanta di cose mai accadute o si danno giudizi superficiali per amore delle battute».
Finora, le «carte» di Milano sono state blindate. Dell’inchiesta si sapeva anche nei palazzi della capitale, ovviamente prima che diventasse ufficiale. Alcune cose le sapeva anche il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, visto che una parte delle indagini sono state affidate al Servizio centrale operativo della Polizia.
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di Alessandro Sallusti – Il Giornale
La notizia è che Silvio Berlusconi è fidanzato. Il nome di questa signora, entrata nella vita del premier dopo la separazione da Veronica, è ancora misterioso. Fino a ieri di lei si sapeva solo nella cerchia più stretta, da oggi il segreto sulla sua identità credo durerà poco. Non stiamo parlando di gossip di una trovata a effetto per sviare l’attenzione.
Svelare la storia personale con la dama misteriosa era necessario per rimettere un po’ d’ordine in una vicenda che sta assumendo contorni surreali. Giovani donne dello spettacolo fatte passare per escort, cene per orge, la generosità per pagamento di prestazioni. La mia compagna, ha detto ieri Berlusconi, era presente a quasi tutte quelle serate finite sotto inchiesta ed è ovvio che in sua presenza non sarebbe potuto accadere quello che si legge sui giornali in questi giorni.
La notizia non farà piacere ai giustizialisti che già vedono Berlusconi al gabbio. Ieri, di fatto, se l’è augurato anche Giuseppe D’Avanzo in un articolo pubblicato da Repubblica : due giorni o una settimana ma in cella finirà, ha scritto. Una speranza condivisa dal suo editore, Carlo De Benedetti, che non vede l’ora di pareggiare il conto con il nemico di sempre, Silvio Berlusconi.
De Benedetti, infatti, agli arresti ci finì davvero per una vicenda di tangenti e da allora, nonostante i tentativi di rimuovere l’onta prendendo anche la tessera numero uno del Pd, non si dà pace. Ha infatti fatto di tutto con i suoi giornali perché Berlusconi diventasse uguale a lui non essendo riuscito lui a essere uguale a Berlusconi.
Repubblica non è l’unica a cercare di sfruttare politicamente questo ennesimo assalto mediatico-giudiziario. Dietro le quinte sta riprendendo fiato il partito dei ribaltonisti uscito sconfitto dal recente voto di fiducia. Alcune telefonate preoccupate per la situazione fatte in queste ore dal presidente Napolitano vengono lette in certi ambienti come un via libera a cercare nuove avventure e alleanze.
Ma ieri Bossi ha gelato i becchini di professione: Silvio è perseguitato, non se la prenda con i giudici, ma se vuole ci riporti a votare che farà un pieno di voti perché la gente non è mica stupida. Non si passa neppure questa volta, quindi. La Lega resta alleata del Pdl, non cede alle sirene finiane e bersaniane e non si fa spaventare dai pm della procura milanese.
Le prossime ore saranno decisive sia sul piano giudiziario sia, di conseguenza, politico. Vuoi vedere che Berlusconi, che per via delle donne ha avuto solo guai, per una volta sarà salvato da una donna? La fidanzata misteriosa, ma poi non tanto, e non a tutti.
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(WSI) – Silvio Berlusconi attacca i giudici da Studio Aperto e dal sito deI Promotori della Libertà, in un messaggio registrato da Arcore. Il premier parla di una “volontà persecutoria dei giudici”, di accuse infondate e risibili. “Non ho mai pagato una donna in vita mia – sostiene il premier, che scagiona anche Fede, Lele Mora e la consigliere regionale Nicole Minetti. In un’intervista al tg2, Bersani definisce “imbarazzante e desolante” il discorso di Berlusconi. “Una aggressione vergognosa ai pm, il premier evidentemente pensa che gli Italiani siano imbecilli, visto che nega l’evidenza”. E Rosy Bindi aggiunge: “Si difenda in tribunale, non in tv”.
In serata Gianfranco Fini è intervenuto alla trasmissione di Fabio Fazio: “Mi spiace che sia questa l’attualità. E’ evidente che si tratti di un fatto, che riempie i giornali internazionali. Il presidente del Consiglio ha una sola cosa da fare: vada dai magistrati, dica la sua opinione, chiarisca la sua versione, dimostri la sua estraneità. Chi sbaglia paga, al pari di tutti”.
Ma vediamo cosa ha detto il Cavaliere.
Ai giudici. “Si è trattato di una gravissima intromissione nella mia vita privata da parte dei giudici, inaccettabile la diffusione di conversazioni private” ha continuato il presidente del Consiglio. “Non si può andare avanti così. Non è un Paese libero quando alcuni magistrati conducono battaglie politiche contro chi ha cariche pubbliche. Si tratta di una casta di privilegiati, che puo’ commettere ogni abuso”. “Occorre fare immediatamente le riforme, tra cui quella della giustizia”, insiste.
“E’ inaccettabile – aggiunge – che si facciano perquisizioni a persone nelle loro case alle 7 di mattina. Non si possono trattare persone alla stregua di malfattori impiegando più di 100 uomini, un impiego di forze che – osserva il Cavaliere – è degno di una retata contro la mafia”.
“A questi Pubblici Ministeri non è evidentemente piaciuto il voto di fiducia del 14 dicembre tanto che, subito dopo, mi hanno iscritto nel registro degli indagati. A quegli stessi Pm non è piaciuta nemmeno la decisione della Corte Costituzionale al punto che, il giorno successivo alla sentenza della Consulta, con una tempistica perfetta, hanno reso pubbliche le loro indagini” dichiara il Cavaliere nell’audiomessaggio ai promotori della Libertà.
Si tratta “di una intromissione nella vita privata delle persone”, dice il presidente del Consiglio, che fra l’altro ha voluto precisare: “Dopo la mia separazione, ho un rapporto stabile con una donna”. “Non avrei mai voluto dirlo per non esporla mediaticamente: ma chiuso il matrimonio, ho avuto uno stabile rapporto di affetto con una persona”, rivela nel videomessaggio ai Promotori della libertà. Questa stessa persona “che ovviamente era assai spesso con me, anche – sottolinea – in quelle serate e che certo non avrebbe consentito che accadessero a cena, o nei dopo cena, quegli assurdi fatti che certi giornali hanno ipotizzato”.
L’inchiesta. Berlusconi è entrato anche nei particolari delle accuse. “Il dirigente della Polizia che
sarebbe stato ‘concusso’ nega di esserlo mai stato, e la persona minorenne (Ruby ndr)nega di aver mai avuto avances né tantomeno rapporti sessuali e afferma di essersi presentata a tutti come ventiquattrenne, fatto avvalorato da numerosissime testimonianze”.
“E’ gravissimo che, trascorsi 15 giorni prosegue – non abbiano mandato gli atti di queste indagini al Tribunale dei Ministri come prescrive la legge”. “E’ gravissimo, inoltre, che abbiano tentato di accedere ai locali della mia segreteria politica, per ricercare poi chissà cosa, visto che sostengono di avere prove così evidenti da poter richiedere addirittura il giudizio immediato”.
Il premier si riferisce alla mancata perquisizione nell’ufficio del ragionier Giuseppe Spinelli, che da trent’anni cura i conti delle holding del Cavaliere. Per i pm, è l’uomo che consegnava alle ospiti di Berlusconi le buste con i contanti.
Mai pagato donne. “Non c’è mai stata, lo ripeto, ‘mai’ alcuna correlazione fra denaro e prestazioni sessuali”. “La mia vita di imprenditore mi ha insegnato quanto sia difficile affermarsi per una persona giovane, soprattutto agli inizi, perciò, quando posso cerco di aiutare chi ha bisogno. In particolare, conosco il mondo dello spettacolo e so cosa vuol dire e cosa succede a chi cerca di lavorare in quell’ambiente”.
“Nel corso della mia vita ho dato lavoro a decine di migliaia di persone e ne ho aiutate a centinaia.
‘Mai’ in cambio di qualcosa – ribadisce – se non della gratitudine, dell’amicizia e dell’affetto. E continuerò a farlo. E’ assurdo soltanto pensare che io abbia pagato per avere rapporti con una donna. E’ una cosa che non mi è mai successa neanche una sola volta nella vita. E’ una cosa che considererei degradante per la mia dignità”.
“A me piace stare con i giovani, mi piace ascoltare i giovani, mi piace circondarmi di giovani. Alcune di queste persone – osserva – le conosco da diversi anni, altre da meno tempo, ma di molte conosco la situazione di disagio e di difficoltà economica. Le ho aiutate in certe occasioni e – rivendica – sono orgoglioso di averlo fatto. Ho dato spesso incarico ai miei collaboratori di aiutarle per la loro casa, per le cure mediche, per l’educazione dei loro figli”.
La difesa degli altri indagati. “Sono destituite di ogni fondamento le accuse a Emilio Fede, a Lele Mora, e a Nicole Minetti”. “Emilio Fede è un amico carissimo da sempre”. “Lele Mora – prosegue – lo conosco da molti anni per il suo eccellente lavoro a Mediaset. L’ho aiutato in un momento di grande difficoltà economica e di salute e sono orgoglioso di averlo fatto. So che, quando potrà, mi restituirà – osserva – quanto gli ho prestato”. Quanto alla consigliera regionale Nicole Minetti “è una giovane donna brava e preparata che sta pagando ingiustamente il suo volersi impegnare in politica”
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di Francesco Verderami – Corriere della Sera
Le carte della Procura di Milano sono come una mozione di sfiducia contro Silvio Berlusconi, un tentativo di dichiarare scacco al re. Ma come a dicembre il Cavaliere era certo di sconfiggere in Parlamento i suoi avversari politici, ora è fiducioso di battere nel palazzo di Giustizia i suoi avversari in toga. Ma è chiaro che se il re vacilla, con lui vacilla anche la legislatura.
Il «caso Ruby» è politicamente ancor più destabilizzante del «caso Mills», perché mai come stavolta le norme di procedura penale si intrecciano ai regolamenti parlamentari, perché non è più un avviso di garanzia che viene presentato al premier, ma una richiesta di processo con rito immediato. E quanto può reggere una simile situazione?
A chiederselo sono i leader delle opposizioni, che non sono riusciti a dare scacco a Berlusconi un mese fa alla Camera e ora attendono – prudenti e un po’ preoccupati – di leggere la «mozione di sfiducia» dei magistrati di Milano. Il Cavaliere quelle carte le ha già lette e ritiene che i suoi avversari in toga «faranno la fine dei miei avversari politici».
Dopo aver scorso una per una le centinaia di intercettazioni che coinvolgono Lele Mora e le ragazze, «in cui – dice – si parla solo di regalie», il premier non smentisce di aver compiuto «gesti di liberalità» verso le sue ospiti «ma senza prestazioni di alcun tipo in cambio»: «Se questo è reato, allora lo è anche aver dato centomila giuro a un collegio di religiose».
E pure per quella telefonata con cui aiutò Ruby in questura – e che gli è valsa l’accusa di concussione – spiega di non aver nulla da temere, perché «la mia situazione è trasparente, ed è confortata anche dalla solidarietà che mi ha espresso il ministro dell’interno», con cui il premier si è sentito ieri, e che «è pronto a una presa di posizione non solo politica».
E’ da vedere se stanno davvero così le cose processualmente. Ma come a dicembre sosteneva di avere i numeri per ottenere la fiducia delle Camere, così ora Berlusconi chiede agli alleati di aver fiducia, «la storia si sgonfierà. Abbiamo passato tante bufere, passeremo pure questa».
E sono proprio le sue assicurazioni a tenere in agitazione i suoi avversari politici, che hanno imparato a tenere in conto le mosse del Cavaliere. Ci sarà un motivo infatti se nel Pd trepidano in attesa di consultare gli atti dell’inchiesta: temono un «effetto boomerang» qualora l’impianto accusatorio dei pm non fosse inattaccabile, e soprattutto paventano che un simile scenario finisca per far saltare i fragili equilibri in Parlamento, aprendo la strada alle elezioni anticipate.
Sono considerazioni che uniscono tutte le forze di opposizione, dato che tutti sono impreparati al voto. E il rischio è «elevatissimo», lo spiegava ieri Gianfranco Fini, che al pari di Pier Ferdinando Casini considera l’iniziativa della procura di Milano «inaspettata», capace di incidere sulle sorti della legislatura. E dire che giovedì, dopo la sentenza della Consulta sul legittimo impedimento, il leader dell’Udc era parso fiducioso, tranquillizzato per la posizione «corretta» tenuta dal premier.
Tutto lasciava presagire una relativa fase di stabilità, al punto che il capo dei centristi aveva inserito in agenda un appuntamento con Gianni Letta. Ora la situazione cambia, e se è vero che la nuova «mozione di sfiducia» può decretare lo scacco al re, è altrettanto vero che non ci sono le condizioni per un altro governo con un altro presidente del Consiglio.
E il silenzio di Bossi cela l’impazienza per l’approvazione del federalismo, in attesa di far saltare il banco. Perciò Casini teme la deriva elettorale, e come lui anche Fini, che ha immaginato il clima di tensione nel quale si terrebbe la sfida delle urne, con l’immagine dell’Italia deturpata, con i problemi sociali ed economici irrisolti: «E su cosa andremmo a interpellare il Paese, sulle escort?».
Il punto è questo: perché, certo, un Cavaliere azzoppato dal «caso Ruby» tornerebbe comodo ai leader del Terzo polo, ma solo nel caso in cui non si andasse al voto. Altrimenti il presidente della Camera è consapevole di come si svolgerebbe la campagna elettorale, «si ridurrebbe tutto a un referendum pro o contro Berlusconi», sarebbe un’ordalia centrata sulla giustizia, con il premier che già ieri sembrava far le prove generali a suon di slogan: «E in atto un tentativo di sovvertire le regole della democrazia», «i magistrati politicizzati ci fanno perder tempo mentre vorremmo governare»…
Perciò gli avversari politici del premier attendono di leggere prudenti e un po’ preoccupati – gli atti dell’inchiesta sul «caso Ruby». O passa la «mozione di sfiducia» presentata dalla procura di Milano, o toccherà a loro pagare il conto.
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di Francesco Bei – La Repubblica
«Hanno fatto una retata con decine di poliziotti, come se agissero contro dei mafiosi, entrando in casa di persone per bene. Non si è mai vista al mondo una cosa simile contro un capo di governo». Silvio Berlusconi era perfettamente a conoscenza che “qualcosa”, unnuovo ciclone, stavaper abbattersi sudi lui. Ma sperava di avere più tempo a disposizione per creare un argine abbastanza alto – con l’allargamento della maggioranza- per mettere al riparo ilgoverno dalla tempesta.
Adesso invece, nonostante Paolo Bonaiuti si affanni a ripetere che «nella nostra strategia non cambia nulla: andiamo avanti a governare», il timore è che l’operazione “responsabili” si afflosci e la situazione possa improvvisamente precipitare. Verso le elezioni anticipate o persino verso un nuovo governo.
Gli avvocati Ghedini e Longo non avevano creduto affatto alle rassicurazioni di Edmondo Bruti Liberati, quando a novembre aveva per un po’ fatto calare il sipario sulla vicenda Ruby dichiarando che le modalità del rilascio della ragazza dalla Questura erano state «regolari». Insomma, l’allarme era rim asto sempre alto.
E tuttavia il Cavaliere non si aspettava questa «violenza», come l’ha definita in privato, con tutto il giro dei suoi amici e conoscenti «passati al setaccio come dei veri criminali». F furibondo perun episodio che definisce di «vero e proprio spionaggio, visto che sono stati controllati i miei ospiti senza che ci fosse nemmeno un’inchiesta in corso». E di sicuro non si aspettava che la tegola gli finisse in testa così presto.
Raccontano che ieri, quando gli ufficiali giudiziari hanno bussato a sorpresa persino all’ufficio di Giuseppe Spinelli, storico “cassiere” del premier, per eseguire una perquisizione, sia apparso in tutta fretta sulla porta un cartellino “on. Silvio Berlusconi”. In modo da evitare che gli agenti frugassero tra gli estratti conto personali del presidente del Consiglio. «Era tutto pronto: appena è uscita la sentenza della Consulta sul legittimo impedimento-racconta unministro-a Milano hanno fatto partire un ufficiale giudiziario che ha passato la notte a Roma.
E alle 8 del mattino ha bussato a palazzo Grazioli per consegnare l’avviso di comparizione». Non erano quindi casuali quelle parole del premier pronunciate a Matti no Cinque, nella telefonata con Maurizio Belpietro, quando ammetteva che non sarebbe stato facile per i suoi avvocati «ottenere un atteggiamento benevolo da parte dei magistrati», perché «da quando sono in politica c’è una persecuzione dei magistrati di sinistra sostenuti dalla sinistra politica».
Adesso a spaventare il Cavaliere è tutto «il mare di fango» che si aspetta gli si riversi addosso nei prossimi giorni. Soprattutto per le intercettazioni che finiranno sui giornali (mentre perle fotografie e i video sembrerebbe scongiurato un temuto “effetto Topolanek”). «Questa storia finirà in nulla come sempre -ha concluso ieri Berlusconi – ma intanto mi avranno sputtanato in tutto il mondo».
Anche Giulio Tremonti ieri ha confidato la sua preoccupazione per l’impatto che la notizia del premier indagato per Ruby avrà sulle cancellerie e sui mercati all’estero. E non è sfuggito apalazzo Grazioli il silenzio imbarazzato della Lega sulla vicenda, che ha fatto uscire il solo Federico Bricolo a commentare. Mentre Bossi, Maroni e Calderoli sono rimasti acquattati ‘dietro al cespuglio” senza pronunciarsi.
A palazzo Chigi la preoccupazione investe anche il rapporto con la Chiesa e con il Papa, proprio in un momento di ritrovato feeling con le gerarchie. Dopo lo scandalo Noemi, Gianni Letta dovei te sudare le sette camicie per convincere i porporati a sedersi di nuovo vicino al Cavaliere. E la paura è oggi di dover scontare una nuova stagione di quarantena politica. Con tanti fronti aperti l’ipotesi di una crisi di governo, dovuta magari al fallimento della strategia di allargamento della maggioranza, non è più peregrina.
Così come il ricorso alle urne potrebbe diventare l’ultima risorsa di un premier accerchiato. «Ricordiamoci – minaccia Fabrizio Cicchitto – che c’è sempre un popolo sovrano che può intervenire con il voto». Al momento tuttavia Berlusconi intende resistere a tutti i costi. «Non farò la fine di Craxi», promette.
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di Francesco Bonazzi – Il Secolo XIX
La svolta è arrivata poco prima di Natale, grazie ai telefonini delle prostitute che hanno frequentato la villa di Arcore nella primavera del 2010. Non solo hanno agganciato le celle dei gestori telefonici nei pressi della residenza di Silvio Berlusconi, come risulta dalle indagini della polizia consegnate ai pm milanesi, ma hanno anche conservato qualche immagine compromettente. È quello dei video, il dubbio che tormenta gli avvocati degli indagati.
«Queste ragazze hanno tutte la mania di scattare foto e girare filmini con il cellulare, magari senza malizia», sospira uno di loro, mentre ragiona su quelle prove così “schiaccianti” da aver indotto la Procura guidata da Edmondo Bruti Liberati a chiedere il giudizio immediatoper il presidente del Consiglio.
Di sicuro non è stata direttamente Ruby a mettere nei guai Berlusconi. Per capire come mai il premier sia stato iscritto sul registro degli indagati solo il 21 dicembre, quando la presunta concussione sarebbe avvenuta il 27maggio e la configurazione giuridica dei fatti era già stata ampiamente decisa per Emilio Fede e Lele Mora (favoreggiamento della prostituzione), bisogna interpretare un passaggio per nulla rituale del comunicato ufficiale della Procura: quello in cui si accenna aduna serie di «attività d’indagine tecnicamente complesse».
In che cosa è consistita questa attività di indagine? Innanzitutto, secondo quanto filtra da fonti investigative, un lavoro piuttosto complicato sul cellulare di Ruby, la ragazza marocchina (minorenne all’epoca degli incontri con Berlusconi) che aveva detto di esser stata ad Arcore solo tre volte. Mentre l’analisi dei tracciati del suo telefonino avrebbero “illuminato” il ripetitore che rilancia il segnale da villa San Martino per una decina di giorni.
Poi, è molto probabile che lo stesso lavoro sia stato eseguito sui cellulari delle altre giovani prostitute che sono state sentite dai pm nella seconda metà di dicembre. Già, perché a leggere il decreto di perquisizione notificato a Nicole Minetti emerge chiaramente che idea si sono fatti i pm di tutta la faccenda: era il consigliere regionale stesso a organizzare le allegre serate di Arcore, coinvolgendo una pluralità di prostitute.
Tanto Ruby quanto la Minetti, un diploma da igienista dentale, paracadutata in quinta posizione nel listino di Roberto Formigoni alle ultime regionali, non hanno offerto spunti investigativi utili all’inchiesta. Anzi, è assai probabile che al processo entrambe siano costrette a rivedere alcune delle loro prime affrettate dichiarazioni. Mentre è quasi scontato che siano state altre ragazze a raccontare per filo e per segno che cosa succedeva davvero nelle serate passate alle cronache (e già entrate nei vocabolari) sotto la dizione “Bunga Bunga”.
Una di loro – è questo il poker d’assi che temono le difese – potrebbe non aver resistito alla tentazione di immortalare con il telefonino la propria presenza al “Bunga Bunga” presidenziale. Se non altro per non passare come millantatrici con le amiche, al momento delle confidenze (“Lo sapete, sono stata ad Arcore…”)
Ora quelle immagini recuperate sui cellulari delle ragazze, non si sa ancora quanto nitide e realmente compromettenti, possono diventare una di quelle “prove evidenti” che il codice di procedura penale richiede per il giudizio immediato.
Di sicuro, sembra difficile che una Procura accorta come quella milanese vada a processo contro il presidente del Consiglio avendo inmano soltanto verbali di prostitute. Oppure intercettazioni telefoniche di ospiti che, il giorno dopo, commentano la vivacità della serata.
Per la magistratura sarebbe un’autorete epocale.
Chi potrebbe entrare in qualche modo nell’inchiesta su Ruby e sui festini adArcore e dintorni è il fotografo dei vip Fabrizio Corona, che in una pausa del processo a suo carico per estorsione, il 10 novembre scorso, aveva detto la sua sul “caso Ruby”. Parlando con i giornalisti, l’ex protégé di Lele Mora aveva affermato: «Ci sono le foto delle feste ad Arcore, ma in Italia non c’è la libertà di stampa e nessun giornale le avrebbe mai pubblicate».
Dell’esistenza di foto e video siparla da tempo, in ambienti giudiziari. Il Secolo XIX ne aveva riferito agli inizi dell’inchiesta. Nessuno confermò ufficialmente. Adesso quella che si alza dagli uffici della procura diMilano sembra più una cortina fumogena che una smentita netta. E la domanda: «Cosa contengono questi video” agita i difensori impegnati a definire le strategie future.
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(ANSA) – ”Non e’ ancora stato deciso se il presidente del Consiglio andra’ a rispondere ai pm e, quindi, al momento rimane anche aperto il discorso del legittimo impedimento, del quale ne discuteremo nell’eventualita’ di un interrogatorio”. Lo ha detto Piero Longo, uno dei difensori di Silvio Berlusconi, indagato a Milano per il caso Ruby e convocato dai pm per il 21 o il 22 o il 23 gennaio prossimi.
La Procura potra’ procedere se Berlusconi non si presentera’ nelle date fissate per l’interrogatorio senza dare spiegazioni, mentre dovra’ tener conto di un eventuale legittimo impedimento che sara’ indicato dal premier. Nei confronti del presidente del Consiglio sono stati ipotizzati i reati di prostituzione minorile e concussione.
Il primo si riferisce, secondo la ricostruzione degli inquirenti e degli investigatori, a presunti atti sessuali con minorenni e in questo caso con la giovane marocchina ritenuta parte offesa nelle indagini. Il secondo invece alle pressioni che Berlusconi avrebbe fatto sui funzionari della Questura nella notte tra il 27 e il 28 maggio scorsi quando la ragazza venne trattenuta per via di un furto e poi rilasciata e affidata al consigliere regionale lombardo Nicole Minetti, anch’essa indagata.
LONGO, DA PM RICOSTRUZIONI ARDITE – Quelle della procura di Milano sono ”ricostruzioni ardite per poter finire sui mass media e per fare in modo che queste cose finiscano sui mass media con lo scopo di ‘graticolare’ il presidente del Consiglio per i prossimi mesi”. Lo ha detto Piero Longo, uno dei difensori di Silvio Berlusconi , a proposito delle ”fonti di prova” elencate nell’invito a comparire recapitato ieri al premier, indagato a Milano per la vicenda Ruby. Longo, che ha di nuovo parlato di inconsistenza delle prove, ha anche ribadito che il documento e’ stato recapitato ”non a caso” il giorno dopo la decisione della Consulta sul legittimo impedimento.
PREMIER: SOLO FANGO E MACCHINAZIONI ‘Ci troviamo di fronte all’ennesimo teorema costruito appositamente per gettare fango sulla mia persona e sul mio ruolo istituzionale nel tentativo, illusorio, di eliminarmi dalla scena politica. Il fango ricadrà su chi utilizza la giustizia come arma politica’. Lo afferma il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, in una nota della Presidenza del Consiglio dei ministri. Il ministro Maroni interviene sulla vicenda e afferma: nessun danno a credibilita’ del Governo. ‘La democrazia italiana e’ piu’ credibile grazie all’impegno dei magistrati’ ha dichiarato il presidente della Camera Fini in visita a Messina, ‘chi ha cariche pubbliche dimostri etica’. Bersani: Berlusconi a casa non significa il voto anticipato.
INQUIRENTI, ERA NECESSARIO AGIRE IERI PER INDAGINE – Alcune fonti vicine all’inchiesta su ‘caso Ruby’ che vede indagato il premier Silvio Berlusconi per prostituzione minorile e concussione, hanno chiarito che per gli sviluppi dell’indagine era necessario effettuare le perquisizioni ieri. Rispondendo alla polemiche scaturite dal fatto che la Procura si e’ mossa subito il giorno seguente alla decisione della Corte Costituzionale sul legittimo impedimento, le stesse fonti hanno spiegato che si e’ attesa propria la sentenza della Consulta per lasciare che i giudici valutassero serenamente e poi si sono effettuate le perquisizioni che non potevano piu’ essere rimandate, nemmeno di qualche giorno.
RUBY, COME SI DICE? MALE NON FARE PAURA NON AVERE… ”Non capisco questo caos, visto che non sono indagata ne’ parte lesa. Sono solo una ragazza giovane che ha raccontato la verita’. Ma non mi preoccupo. Come si dice? Male non fare, paura non avere”. Lo ha detto Kharima el Mahroug questo pomeriggio. Kharima ha confermato l’avvenuto sequestro, in casa di Luca Risso, di due Rolex e di alcune carte, tutti nella disponibilita’ di Risso il quale risulterebbe indagato. La circostanza pero’ non e’ stata confermata dagli inquirenti.
7MILA EURO DA PREMIER PERCHE’ CONOSCEVA MIA SITUAZIONE – La prima volta che il premier Silvio Berlusconi vide Ruby le regalò 7mila euro. E’ stata la stessa ragazza, in un’intervista a Sky, a raccontarlo, ribadendo che in tutte diverse occasioni è stata ad Arcore “per cene normali, senza mai fare sesso”. “Ho ricevuto da lui settemila euro la prima sera che sono stata ad Arcore (il 14 febbraio del 2010, ndr) – dice la giovane marocchina – perché la ragazza con cui ero quella sera gli aveva parlato, spiegandogli la mia situazione. E lui ha voluto aiutarmi”. Ruby dice anche che il Cavaliere non sapeva che fosse minorenne. “Quella sera gli dissi, come dissi a tutti, che avevo 24 anni. Ha saputo la mia vera età la notte che mi hanno portato in questura (il 27 maggio, ndr). E c’é rimasto male”. Quanto alle serate ad Arcore, Ruby ripete che è sempre trattato di “cene normali” in cui il premier “assieme ad Apicella cantava e raccontava le solite barzellette”.
LA VICENDA / BERLUSCONI INDAGATO A MILANO – Prostituzione minorile e concussione. Sono accuse pesanti quelle ipotizzate nei confronti del premier Silvio Berlusconi dalla Procura di Milano, che lo ha iscritto nel registro degli indagati e presto chiedera’ per lui il giudizio immediato per la vicenda di Ruby, la giovane marocchina sua ‘ospite’, secondo l’accusa, in diversi festini ad Arcore. Il premier, che ha ricevuto un invito a comparire per il prossimo fine settimana, nega di aver mai avuto rapporti con la ragazza, mentre i suoi legali contestano la competenza territoriale milanese e parlano di elementi ”inconsistenti”.
E’ la svolta clamorosa nelle indagini con al centro Karima El Mahroug, in arte Ruby Rubacuori, ‘fuggita’ dalla Sicilia e dalle varie comunita’ dove era stata collocata dai giudici minorili, e reclutata nella scuderia di Lele Mora, l’agente di vip, anche lui finito sotto inchiesta insieme al direttore del tg4 Emilio Fede (hanno ricevuto un avviso di garanzia) e al consigliere regionale lombardo ed ex igienista dentale di Berlusconi, Nicole Minetti: come ai primi due, le si contesta di aver svolto, in concorso con altre persone, ”un’attivita’ di induzione e favoreggiamento della prostituzione di soggetti maggiorenni” e della minorenne marocchina.
Su disposizione dei Procuratori aggiunti Ilda Boccassini e Piero Forno e del pm Antonio Sangermano, la polizia ha perquisito l’abitazione e l’ufficio della Minetti e dei suoi piu’ stretti collaboratori, cosi’ come l’appartamento dove vive Ruby con il suo attuale compagno sul lungomare genovese. E poi, ancora: la perquisizione andata a vuoto negli uffici di Giuseppe Spinelli, storico uomo di fiducia e amministratore del patrimonio del presidente del Consiglio, e gli interrogatori dell’ex meteorina Alessandra Sorcinelli e di altre ragazze sentite come testimoni in Questura per raccogliere ulteriori fonti di prova a sostegno delle ipotesi accusatorie.
Prove che si dovrebbero aggiungere a quelle gia’ acquisite e indicate in modo dettagliato nel corposo avviso di convocazione, circa 400 pagine compreso il capo di imputazione, recapitato a Roma al capo del Governo e ai suoi difensori: si va dalle foto e filmati – in cui vi sarebbero scene di alcune feste in Sardegna – rintracciati nel pc di Ruby sequestrato lo scorso 28 ottobre nella comunita’ di Sant’Ilario dove, ancora minorenne, abitava, allo screening sui tabulati telefonici, soprattutto della giovane, e sulle celle agganciate dal telefonino, che testimoniano la sua presenza nelle residenze di Berlusconi svariate volte e che l’avrebbero localizzata ad Arcore in numerosi week end. In particolare, l’analisi avrebbe consentito di accertare che Ruby sarebbe stata ad Arcore il week end del 25 aprile (24, 25 e 26), il primo maggio, a Pasqua e a Pasquetta.
Come riporta Repubblica.it (vedi qui sotto), e riferito anche dal tg de La 7, la sera del 25 aprile Berlusconi aveva ospitato il premier russo Vladimir Putin per una cena informale ad Arcore. Tra le prove portate dai pm, anche i quattro interrogatori di Ruby resi agli inquirenti il 2, il 6 e il 22 luglio e il 3 agosto scorsi, e le intercettazioni delle chiamate intercorse tra coloro che hanno partecipato ai presunti festini. Si tratta, per la difesa, di elementi ”inconsistenti” ma giudicati dai pm sufficienti per poter chiedere di mandare a processo, bypassando l’udienza preliminare, Berlusconi, indagato dal 21 dicembre scorso e ora ‘invitato’ a comparire o venerdi’ o sabato o domenica della prossima settimana. Al premier e’ stato contestato di aver avuto, questa l’ipotesi, rapporti sessuali ”in cambio di denaro o di altre utilita’ economiche” con Ruby, non ancora diciottenne, tra febbraio e maggio dell’anno scorso.
E poi di aver fatto pressioni – proprio allo scopo di occultare i rapporti con Ruby – sui funzionari della Questura i quali, nella notte tra il 27 e il 28 maggio, quando la giovane marocchina venne trattenuta nei loro uffici per via di un furto, ricevettero da palazzo Chigi due telefonate per ottenere il ‘rilascio’ della ragazza, – spacciata per la nipote del presidente egiziano Mubarak – e il suo affidamento al consigliere Minetti. Per questo capitolo della vicenda, come ha precisato anche il Procuratore della Repubblica di Milano, ”nessun funzionario di polizia e’ indagato, in quanto quella sera le procedure seguite non sono state cristalline, ma non tali da costituire reato”. Sugli sviluppi clamorosi della vicenda Veronica Lario, come gia’ aveva fatto ad ottobre quando era venuto a galla il caso, anche oggi ha scelto la linea del silenzio. Non cosi’ i difensori di Berlusconi, Niccolo’ Ghedini e Piero Longo, che hanno parlato di ”intrusione gravissima ”nella vita privata del premier, che con la giovane mai ha avuto” rapporti sessuali, ma soltanto una conoscenza senza implicazioni di carattere intimo”. Inoltre i due legali hanno contestato la competenza territoriale di Milano.
RUBY: NON ESISTONO FOTO E VIDEO, SONO TUTTE BUFALE – “Sono alla ricerca di foto e video che non esistono, sono tutte bufale: quando non si riesce a colpire i potenti, se la prendono con i deboli”. Lo dice in un’intervista a Sky Ruby commentando le perquisizioni disposte dalla procura di Milano nell’ambito dell’indagine in cui il premier è indagato per i reati di concussione e prostituzione minorile. Ruby definisce il Cavaliere una persona “abbastanza simpatica, con cui si può chiacchierare del più e del meno e non solo di politica” e aggiunge che la sera che la fermarono a Milano e la portarono in questura (il 27 maggio) “non sapevo della chiamata di Berlusconi”. “Sono arrivata lì – racconta – e però ho visto che non era la solita prassi che si usava per andare in comunità”. Una volta fuori dalla Questura ad attenderla c’erano il consigliere Minetti e la brasiliana Michele Conceicao. La Minetti gli ha passato Berlusconi, racconta Ruby, che in quel momento aveva scoperto che lei era minorenne. “Mi ha detto che c’era rimasto male perché aveva fatto entrare una persona in casa sua fidandosi e invece era stato ricambiato con una bugia”.
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di Giuseppe D’Avanzo – La Repubblica
Silvio Berlusconi torna ad attaccare senza freno la magistratura. Il giorno dopo la notizia dell’inchiesta a Milano sul caso Ruby 1 (le accuse sono concussione e favoreggiamento della prostituzione minorile) insiste nel dire che tutto è frutto di un “teorema per eliminarlo politicamente”. “Questa ulteriore macchinazione giudiziaria – ha detto il Cavaliere – non riuscirà a fermarci e a L’avvocato di Berlusconi, Niccolò Ghedini, è stato molto giudizioso tra la fine dell’estate e l’inizio dell’autunno, ma non ha preso in considerazione che al mondo esistono anche donne normali. Testimoni che non mentono. Che rispondono con lealtà alle domande della magistratura.
Torna comodo muovere dai suoi passi per sbrogliare una matassa che, in capo a non più di sei settimane (21/26 febbraio), potrebbe condurre il presidente del Consiglio dinanzi al giudice con l’accusa di concussione e soprattutto di “favoreggiamento della prostituzione minorile” (un reato punito con la reclusione da sei a dodici anni).
Bisogna seguire Ghedini perché è lui – l’avvocato – che, nonostante le risorse, l’impegno e la tenacia, manca clamorosamente il colpo. Si lascia sfuggire qualche testimone risolutivo. Sottovaluta quali prodigi investigativi si possono accumulare analizzando con pazienza il traffico telefonico, scrutinando la localizzazione cell-based con metodi capaci di definire la cellula che “ospita” un telefono mobile e quindi, con un margine di errore di cinquanta metri, il luogo in cui è attivo (o inattivo) quel “terminale”. Le tracce che si lascia dietro un cellulare possono “raccontare” la vita, gli incontri, le relazioni, i movimenti, i tempi di una persona. di un gruppo di persone.
Occorre comunque, per capire, ricordare qual è lo stato di allarme di Berlusconi in primavera. Già il 27 maggio il capo del governo ha tra le mani tutte le ragioni per sentirsi molto preoccupato. Ruby – minorenne – è in questura, quella notte. Quando Michelle Conceicao de Oliveira, una prostituta brasiliana, lo chiama a Parigi, il Cavaliere ha ben chiaro che è finito in un guaio grosso.
Quella Ruby, che il Sovrano presenta come “la nipote di Mubarak” agli amici, ha la lingua lunga. Spesso è fuori controllo. È facile all’ira, se trascurata. Il Cavaliere nemmeno osa pensare, quella notte, quale calamitosa frittata può venire fuori se la ragazza va “fuori di testa” e racconta ai funzionari della questura di Milano che lei, Ruby – Karima el Mahroug, 17 anni e sei mesi – è da tre mesi “la favorita” del Sultano.
Lo sappiamo. Quella notte, il capo del governo gioca abusivamente tutta la sua autorità per “liberare” Ruby. Convince i funzionari della questura a qualche mossa “indebita” (nasce qui l’accusa di concussione): Karima può allontanarsi lungo via Fatebenefratelli con accanto Nicole Minetti.
La storia, come l’angoscia del Cavaliere, è soltanto all’inizio. Dopo qualche tempo, Lele Mora, definiamolo il direttore del carosello notturno che gira ad Arcore per l’esclusivo diletto del Sovrano, sa che la ragazza è stata più volte interrogata dalla procura di Milano in luglio e ancora in agosto.
Che cosa ha detto? Quel che ha detto ora, più o meno, lo sappiamo. Ruby svela che il 14 febbraio, giorno di San Valentino (ha 17 anni e novantacinque giorni) la chiama Emilio Fede e le dice: ti porto fuori. Non dice dove, non dice con chi o da chi. Il giornalista (ottantenne) passa a prenderla con un auto blu. Ruby sale e filano via scortati da un gazzella dei carabinieri verso Arcore. Non entrano dal cancello principale, dove ci sono i carabinieri, ma da un varco laterale.
Dice Ruby ai pubblici ministeri: “Vengo presentata a Silvio. È molto cortese. Ci sono una ventina di ragazze e – uomini – soltanto loro due, Silvio ed Emilio. Cenammo, ma non rimasi a dormire. Dopo cena, andai via. Alle due e mezza ero già a casa. Con un abito bianco e nero di Valentino, con cristalli Swarovski, me l’aveva regalato Silvio. La seconda volta vado ad Arcore il mese successivo. Andai con una limousine sino a Milano due, da Emilio Fede, e da lì, con un’Audi, raggiungemmo Villa San Martino. Silvio mi dice subito che gli sarebbe piaciuto se fossi rimasta lì per la notte. Lele Mora mi aveva anticipato che me lo avrebbe chiesto. Mi aveva anche rassicurato: non ti preoccupare, non avrai avance sessuali, nessuno ti metterà in imbarazzo. E così fu.
Cenammo e dopo partecipai per la prima volta al “bunga bunga”. (Ruby descrive agli stupefatti pubblici ministeri milanesi la cerimonia con molta vivezza). Io ero la sola vestita. Guardavo mentre servivo da bere (un Sanbìtter) a Silvio, l’unico uomo. Dopo, tutte fecero il bagno nella piscina coperta, io indossai pantaloncino e top bianchi che Silvio mi cercò, e mi immersi nella vasca dell’idromassaggio. La terza volta che andai ad Arcore fu per una cena, una cosa molto ma molto più tranquilla. Quando arrivai Silvio mi disse che mi avrebbe presentata come la nipote di Mubarak. A tavola c’erano Daniela Santanché, George Clooney, Elisabetta Canalis”.
Non è il racconto che Ruby riferisce subito a Mora. Minimizza all’inizio. Confonde i suoi ricordi. Non rivela tutto. Mora comprende che la ragazza non dice tutto, dopo aver detto troppo in procura e avverte il premier. Berlusconi che deve fare? Affida a Nicolò Ghedini il contrattacco difensivo. Una segretaria di Palazzo Chigi convoca le giovani ospiti del premier nello studio legale Vassalli in via Visconti di Modrone a Milano per affrontare la questione delle “serate del presidente”.
Ruby sul trono Ghedini ha dunque l’incarico di proteggere “le serate” di Silvio Berlusconi. Deve raccogliere da quelle giovani donne (stelle, stelline, aspiranti stelline, prostitute giovani, giovanissime, italiane, latine, slave, caraibiche) dichiarazioni giurate che confermino quel che il Cavaliere va dicendo: si rilassa a volte, come è giusto che sia, ma in celebrazioni che non hanno nulla di scandaloso o perverso. Sono “testimonianze” necessarie per evitare al premier altro discredito.
La procura di Milano indaga per favoreggiamento della prostituzione Lele Mora, Emilio Fede e Nicole Minetti. Berlusconi teme che la prostituzione, ipoteticamente favorita dai suoi tre amici, abbia il teatro proprio a Villa San Martino nelle “serate rilassanti” che il Cavaliere organizza. Anche nell’ipotesi peggiore, dice Ghedini, egli sarebbe l'”utilizzatore finale”.
Anche se si scoprisse che le sue ospiti sono minorenni, nessun problema penale: l’utilizzatore non è tenuto a conoscere l’età della sua ospite. È fuori di dubbio, però, che sarebbe meglio “documentare” che in quelle allegre serate il sesso non c’è. Ecco la missione di Ghedini.
Interrogare le ragazze, raccoglierne i ricordi e lasciarle dire con buon anticipo dell’innocenza di quelle occasioni. Ghedini può farlo. La sua iniziativa è ineccepibile perché l’art. 391-nonies del codice di procedura penale regola “l’attività investigativa preventiva” del difensore “che ha ricevuto apposito mandato per l’eventualità che si instauri un procedimento penale”.
Nell’eventualità che Berlusconi sia indagato, Ghedini già prepara le prove non solo dell’estraneità del Cavaliere, ma dell’insussistenza del “fatto”. Lasciamo in un canto qui l’abuso di potere che si intravede: decine di ragazzine, ragazze, giovani donne, che hanno partecipato ai “bunga bunga” presidenziali, sono convocate – addirittura a Villa san Martino – e trovano Ghedini.
L’avvocato chiede: mi racconta che cosa accade nelle serate del presidente? Sono appuntamenti innocenti o peccaminosi? Si fa sesso? Lei ha fatto sesso con il presidente? Quelle poverette non hanno né arte né parte. Hanno una sola ambizione: fare televisione, apparirvi. Sono addirittura in casa del grande tycoon, a un metro dal cielo. Arrivate a quel punto, potrebbero mai dire una parola storta contro o sul conto del presidente del consiglio?
Ripeto, lasciamo da parte questo aspetto dell’affaire perché ora conta l’abbaglio in cui incappa Ghedini. L’avvocato colleziona le testimonianze delle “ragazze”, diciamo così dello spettacolo o le giovani e giovanissime professioniste del sesso e pensa di aver un buon lavoro. Trascura (o, poverino, nessuno glielo dice) che ad Arcore ci sono state anche donne che non hanno nulla a che fare né con lo spettacolo né con la prostituzione.
Come la testimone A, ad esempio. È un’amica di Nicole Minetti. Le cose stanno così. La Minetti, a Rimini, ha tre amiche del cuore al liceo. Anche quando Nicole, all’esame di maturità viene bocciata, non si perdono di vista. Una di loro – “assomiglia come tipo alla Carfagna”, dicono – si laurea in giurisprudenza e ora è prossima alla laurea in economia. Minetti la invita a casa del presidente domenica 19 settembre 2010. Il 20 la giovane donna (A) chiama le altre due amiche. Alla prima, che chiameremo B, racconta tutto al telefono in una lunga conversazione. Alla seconda, che chiameremo C, dice invece che gliene parlerà da vicino della sua serata ad Arcore.
A sarà interrogata (la prelevano all’università alla fine di un esame) e conferma l'”imbarazzante serata”, parole sue. B non sarà interrogata (quel che può sapere lo si è già ascoltato nell’intercettazione dalla viva voce dell’amica che le racconta la sua notte dal presidente). C sarà convocata da Bologna. Frequenta un corso di specializzazione post-laurea in attesa di affrontare il concorso in magistratura. È seria, motivata, estranea all’ambiente del presidente. Dalla convergenza delle due testimonianze e del documento sonoro, si può ricostruire che cosa accade quella notte.
È dunque il 19 settembre 2010. A arriva a Milano. Va a casa della Minetti a Segrate, Milano 2. Si cambia. Raggiungono due stelline dello spettacolo televisivo (A ne conosce una, ne indica il nome) e poi tutte insieme via verso Villa san Martino. All’ingresso è sufficiente il nome – “Minetti” – per superare i controlli di polizia. A cena 20/25 ragazze, più della metà straniere, e tre uomini: il Cavaliere, l’immancabile Emilio Fede, Carlo Rossella, presidente di Medusa.
Cena un po’ noiosa. Parla sempre il presidente. Racconta barzellette, canta. Tutti sono chiamati soltanto a ridere e a cantare in coro. È soltanto un preludio. Dopo cena, si scende in quella che tutti chiamano – dicono A e B – “la sala del bunga bunga”. È più o meno una discoteca, un banco con l’asta per la pole dance, divani, divanetti, “camerini” dove le ragazze si travestono da infermiere, da poliziotte, tutte con il seno nudo e poi improvvisano uno striptease (stripper anche la Minetti), mimano scene di sesso. Devono essere “convincenti”, “spregiudicate”, disinvolte e molto disinibite ché le performance migliori saranno premiare con un invito a restare per la notte (allo spettacolino sono presenti Rossella e Fede).
Dopo il “bunga bunga”, si risale in un’altra sala dove Berlusconi sceglie e comunica chi rimarrà per la notte. A racconta che qui l’atmosfera si fa elettrica, competitiva, carica di adrenalina e addirittura di odio. E’ il momento clou della serata. Chi sarà la favorita? Chi resterà? Chi avrà l’opportunità di “guadagnare” di più? Non è che chi ritorna a casa va via con le mani vuote.
Il premier – ancora in un’altra stanza – congeda chi va via. E’ qui che accoglie la giovane A. C’è anche la Minetti. Berlusconi le chiede se si è divertita. A dice: “No!”. Il Sovrano, alquanto risentito, chiede: “Perché?”. A rincara: “Mi sono sentita imbarazzata” (Dirà meglio alle amiche: “Quello è malato, si vede che è un malato!”).
B. le chiede un bacetto e le dà due cd di Apicella e tra i cd una busta con quattro fogli da 500 euro. In auto sarà rimproverata dalla Minetti: “Sei stata troppo dura, ricordati che potrà esserti di aiuto”.
Queste testimonianze, sfuggite all’occhiuto Ghedini, non dicono soltanto delle “serate rilassanti” del presidente. Chiudono un cerchio. Le intercettazioni raccontano che è Emilio Fede a muovere la giostra. Chiama Lele Mora e gli dà il via: “Stasera bunga bunga”. Mora si muove. Convoca stelline e prostitute. Sono consapevoli del “mestiere” di quelle giovani donne, come è consapevole Berlusconi che le riceve e le trattiene per la notte.
Quando varcano il cancello di Villa san Martino, nelle serate del “bunga bunga”, l’amministratore personale del presidente, Giuseppe Spinelli, ha già preparato e lasciato nella “stanza dedicata” il numero necessario di buste con un vasto spettro di retribuzioni, dai cinquecento euro per la presenza ai diecimila euro “per la notte”. E non sempre finisce così.
Spinelli riceve anche dopo, le telefonate della “ragazze”. Si sono affannate a capire chi ha avuto quanto e perché più delle altre e come ha fatto, che cosa ha fatto, che cosa ha detto. Ci provano tutte con Spinelli, il giorno dopo. Il segretario non è mai infastidito o impaziente. Ascolta con pazienza. La risposta sempre uguale: “Ho bisogno di essere autorizzato, richiamerò”.
E richiama, richiama sempre o per dire che “no, non ha ottenuto l’autorizzazione” o “va bene, la busta è pronta”. Queste scene devono avere ancora dimostrare due questioni essenziali: Ruby si prostituisce? Ha fatto sesso con Berlusconi? Sono quadri che la procura di Milano ricostruisce con altri testimoni (amici di Ruby, “clienti” di Ruby prima e dopo i mesi del “capriccio” del Sovrano) e soprattutto con l’ascolto telefonico della ragazza.
In una conversazione, un amico la prende in giro: “E così, Ruby, hai preso il posto di Noemi Letizia”. “No, caro mio – risponde la “nipote di Mubarak” – Noemi per lui era un angelo, io per lui sono…” È ancora il telefono di Ruby a rivelare le menzogne e le omissioni e a svelare quante volte e per quanto la minorenne marocchina si è intrattenuta a Villa san Martino.
I giorni in cui il cellulare della ragazza è presente nella cella di Arcore, notte e giorno, sono sei. 24, 25 (quella notte dormì ad Arcore anche Vladimir Putin) e 26 aprile 2010. E ancora il 1 maggio. Infine nei giorni di Pasqua e Pasquetta, 4 e 5 aprile 2010 (oltre che il 14 febbraio, San Valentino, quando però la ragazza – non ha mentito – torna a casa intorno alle 3 del mattino).
Dunque, ricapitoliamo. Ruby è una prostituta. La ingaggia Lele Mora. Fede l’accompagna dal presidente del consiglio. Il presidente del consiglio la paga per la sua presenza notturna in sei occasioni. È sufficiente per contestare al capo del governo il favoreggiamento della prostituzione minorile alla luce del secondo comma dell’art. 600-bis?
Bisogna farsi aiutare dalla lettura del codice penale. Se Lele Mora, Emilio Fede, Nicole Minetti risponderanno del primo comma (“Chiunque induce alla prostituzione una persona di età inferiore agli anni diciotto ovvero ne favorisce o sfrutta la prostituzione è punito con la reclusione da sei a dodici anni e con la multa da 15.493 a 154.937), Berlusconi dovrà rispondere del secondo comma: “Salvo il fatto costituisca più grave reato, chiunque compie atti sessuali con un minore di età compresa tra i quattordici e i diciotto anni, in cambio di denaro o di altra utilità economica, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa non inferiore a 5.164”.
Qui si deve dire quanto malaccorto sia stato Ghedini a confessare l’abitudine del Cavaliere a farsi “utilizzatore finale” della prostituzione. Perché, è vero, che questi non è imputabile, ma nel caso in cui la prostituta sia minorenne è imputabile, eccome. Anche se non c’è stato “atto sessuale” in quanto, per giurisprudenza costante della Cassazione, è configurabile come “atto sessuale”, in soldoni, anche una “palpazione concupiscente”.
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distoglierci dal nostro impegno di cambiare il Paese. Anche questa volta non ce la faranno”. E ancora: “Ci troviamo di fronte all’ennesimo teorema costruito appositamente per gettare fango sulla mia persona e sul mio ruolo istituzionale nel tentativo, illusorio, di eliminarmi dalla scena politica. Ma questa volta è stato superato ogni limite. Il fango ricadrà su chi utilizza la giustizia come arma politica”.
“Nonostante un imponente apparato investigativo degno di ben altro tipo di indagine e avviato a dispetto di una palese incompetenza funzionale e territoriale – continua il premier – i pm milanesi alla fine hanno raccolto soltanto chiacchiere e conversazioni private senza alcuna rilevanza penale. Hanno ugualmente proceduto in spregio a ogni norma, a ogni codice, a un utilizzo equilibrato degli strumenti giudiziari, mettendo in atto perquisizioni e trattamenti inaccettabili nei confronti di persone considerate semplicemente ‘a conoscenza dei fatti’ “.
E infine: “Mai, in diciassette anni di accanita persecuzione giudiziaria contro la mia persona, alcuni pubblici ministeri della Procura di Milano erano arrivati a stravolgere, in modo così inverosimile e grottesco, la realtà dei fatti, le garanzie costituzionali e lo Stato di diritto. Sono stati intercettati per mesi – aggiunge – in maniera sistematica, tutti coloro che hanno osato varcare il cancello della mia residenza privata di Arcore, come se essere ospiti del Presidente del Consiglio costituisse di per sè un grave indizio di reato”.
Gli avvocati: “Non ancora deciso se andrà dai pm”. “Non è ancora stato deciso se il presidente del Consiglio andrà a rispondere ai pm e, quindi, al momento rimane anche aperto il discorso del legittimo impedimento, del quale ne discuteremo nell’eventualità di un interrogatorio”. Lo ha detto Piero Longo, uno dei difensori di Silvio Berlusconi, indagato a Milano per il caso Ruby e convocato dai pm per il 21 o il 22 o il 23 gennaio prossimi.
Il legale del Cavaliere ribadisce che a suo parere quelle della procura di Milano sono “ricostruzioni ardite per poter finire sui mass media e per fare in modo che queste cose finiscano sui giornali con lo scopo di ‘graticolare’ il presidente del Consiglio per i prossimi mesi”. Longo, che ha di nuovo parlato di “inconsistenza” delle prove, ha anche ribadito che il documento è stato recapitato “non a caso” il giorno dopo la decisione della Consulta sul legittimo impedimento.
Fini: “Vicende tristi”. Da Messina, intanto, di giustizia parla Gianfranco Fini: “La democrazia italiana è più credibile” grazie all’impegno dei magistrati, come dimostrano i “colpi” inferti al terrorismo, alla mafia e al “martiriologio” delle toghe. La terza carica dello Stato non è entrato nel merito delle vicende giudiziarie del premier Berlusconi, né dei suoi rinnovati attacchi alle toghe (“Rimarrà deluso chi da me si attende chissà quale polemica o chissà quali invettive a proposito delle nuove e tristi vicende che riguardano il presidente del Consiglio”). Ma proprio nel momento in cui Berlusconi lancia nuovi pesantissimi attacchi alla magistratura le sue parole appaiono significative. “Il ruolo della magistratura in Italia – ha detto Fini – è di prim’ordine”. Per poi aggiungere: “La libertà si basa su un giudice che afferma il principio della legalità, altrimenti non c’è la libertà ma il predominio dell’arbitrio”. E conclude: “Chi ha delle responsabilità deve avere un atteggiamento di etica pubblica e considerarlo come un faro”.
Bersani all’attacco. Chi invece affronta direttamente la questione è il leader del Pd Pier Luigi Bersani, che dice di “non voler parlare di magistratura, che fa il suo mestiere”, ma di sottolineare un contesto: “Una minorennedovrebbe andare a scuola e non a cena, per così dire, da dei vecchi ricconi. Non dovrebbe girare con migliaia di euro in tasca. Non dovrebbe essere buttata fuori dalla Questura per poi essere, un’ora dopo, riconsegnata ad una prostituta. Perchè una minorenneè una minorenne, a prescindere dal fisico che ha e da quello che ha in testa. Dunque, va tutelata”.
“In questo momento – conclude Bersani – noi ci vergognamo davanti al mondo, e se sopportiamo anche questo il mondo fa bene a vergognarsi di noi”.
Il ministro Frattini intanto si aggiunge ai difensori del Cavaliere e parla al Mattino di “attacco a gamba tesa della magistratura, come neanche si fa con i capimafia”, contro il preisdente del Consiglio.
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Vivono tutte in un palazzo di «Milano Due», trasformato in una sorta di quartier generale. Ragazze bellissime ricompensate con molti soldi e con abitazioni di lusso in uno degli stabili di via Olgettina 65, a due passi dall’ospedale San Raffaele, nel quartiere che lui stesso ha creato negli anni 70. Appartamenti che Silvio Berlusconi ha ceduto in comodato d’uso alle ragazze che poi ospitava alle serate organizzate nella sua residenza di Arcore.
È stata Ruby a raccontarlo nel suo interrogatorio del 3 agosto e le verifiche effettuate dalla polizia hanno confermato che ad occuparsi di tutte loro era la consigliera regionale del Pdl in Lombardia Nicole Minetti mentre alle spese provvedeva Giuseppe Spinelli, il ragioniere che secondo i magistrati era «il fiduciario del presidente e risulta ricoprire vari ruoli in diverse società della holding». Alcune sono diventate famose partecipando a programmi e reality show di Mediaset. Altre attendono la giusta occasione e intanto accettano con entusiasmo gli inviti del capo del governo. In tutto sono quattordici, ma la lista potrebbe anche allungarsi.
Ieri, quando i poliziotti hanno perquisito le loro case hanno trovato – oltre a numerosi giochini erotici – gioielli, foulard di seta, borse e vestiti griffati, gadget del Milan dedicati allo stesso Berlusconi, in particolare un orologio rossonero con la dedica «al presidente Silvio campione del mondo». C’era una busta con i biglietti per la partita Milan-Real Madrid indirizzata a Emilio Fede ma regalati a una di loro. Ma sono altre le buste ad aver destato l’interesse degli investigatori: contengono infatti la prova dei versamenti in contanti che oscillano tra i mille e cinquemila euro, oltre a numerose banconote di grosso taglio, anche cinquecento euro.
«Così Mora, Fede e Minetti reclutavano le escort»
È il decreto di perquisizione firmato dai magistrati di Milano a rivelare quale fosse la contropartita offerte alle giovani donne. Ma soprattutto il ruolo chiave avuto nell’inchiesta dalla stessa Ruby in quattro interrogatori che si sono svolti tra luglio e agosto: «I contenuti delle dichiarazioni testimoniali rese da Kharima El Mahroug il 2, il 6, il 22 luglio e il 3 agosto 2010 e il complesso degli atti di indagine compiuti – scrivono i pubblici ministeri – fanno ritenere che Nicole Minetti, in concorso con Emilio Fede e Lele Mora nonché in concorso con ulteriori soggetti, abbia continuativamente svolto un’attività di induzione e favoreggiamento della prostituzione di soggetti maggiorenni e della minore Karima, individuando, selezionando, accompagnando un rilevante numero di giovani donne, che si sono prostituite con Silvio Berlusconi presso le sue residenze dietro pagamento di corrispettivo in denaro da parte di quest’ultimo, nonché gestendo e intermediando il sistema di retribuzione delle suddette ragazze a fronte dell’attività di prostituzione svolta.
La stessa minore il 3 agosto ha dichiarato che alcune delle giovani donne che partecipano ai suddetti eventi ricevono in corrispettivo da Silvio Berlusconi la disponibilità gratuita di appartamenti ubicati a Milano Due». Un racconto che è stato poi verificato con accertamenti svolti nello stabile e con controlli sull’attività di Spinelli.
«Su questo punto – sottolinea l’accusa – si rilevano ampi riscontri investigativi che mettono in rilievo il ruolo svolto da Giuseppe Spinelli che era in costante contatto con Nicole Minetti. Sono state individuate le persone che dispongono di appartamenti a Milano Due e risultano essere beneficiarie di ulteriori erogazioni di denaro intermediate dalla Minetti e disposte da Silvio Berlusconi per il tramite di Spinelli e che comunque hanno partecipato agli eventi descritti svolgendovi attività di prostituzione. Allo stato le risultanze non lasciano ipotizzare che Spinelli sia consapevole della natura retributiva dell’attività di prostituzione. Hanno invece consentito di verificare come la minore Karima abbia frequentato la residenza di Silvio Berlusconi ad Arcore dal febbraio 2010 al maggio 2010».
Case a Iris, Ioana, Barbara e alle gemelline dell’Isola
La scelta di perquisire lo studio di Spinelli è dunque spiegata nello stesso decreto quando si afferma che «vi è fondato motivo di ritenere che presso gli uffici ubicati a Segrate-Residenza Parco 802, dove lavora Spinelli, possano rinvenirsi documenti, anche riversati su supporto informatico sulle abitazioni concesse in comodato d’uso alle ragazze e sussistono particolari ragioni di urgenza derivanti dalla possibilità che i documenti possano essere distrutti o occultati».
In cima alla lista c’è Iris Berardi, diciottenne forlivese di origine brasiliana che nel 2009 partecipa a Miss Italia e diventa miss Rocchetta Bellezza. Ha come vicine di casa Eleonora e Imma De Vivo, le gemelle napoletane diventate note perché Silvio Berlusconi le definiva «un amuleto» e le invitava a tutti i Consigli dei ministri organizzati nel capoluogo campano durante l’emergenza rifiuti. Dopo qualche mese hanno partecipato a L’Isola dei Famosi e non si ricordano ulteriori performance degne di nota nello spettacolo, ma evidentemente la frequentazione con il premier non si è mai interrotta tanto da decidere di trasferirsi a Milano.
Un appartamento è stato assegnato a una giovane che si chiama Elisa Toti, un altro ad Aris Espinoza. Berlusconi è stato generoso pure con Barbara Guerra e Ioana Visan, alle quali ha ceduto l’uso di due abitazioni. I loro nomi erano già emersi nell’inchiesta barese sulle ragazze reclutate dall’imprenditore Giampaolo Tarantini. E fu proprio Giampy a raccontare: «Barbara Guerra l’ho conosciuta a Milano presentatami da un mio amico, Peter Faraone, mentre Ioana Visan detta Ana l’ho conosciuta tramite lo stesso Peter o Massimo Verdoscia.
Sapevo che Barbara Guerra era una donna dello spettacolo, mentre sapevo che Ioana era una escort. L’8 ottobre 2008 ricordo di aver invitato le stesse a Roma unitamente a Vanessa Di Meglio, limitandomi per quest’ultima a pagare il biglietto aereo ed il soggiorno in hotel, quanto alle altre due, che venivano da Milano corrispondendo alle stesse anche una somma di denaro per l’eventualità che potessero avere un rapporto sessuale con il presidente Berlusconi. Ricordo che sia Ioana Visan che Barbara Guerra si fermarono a casa del presidente. Per il 9 ottobre devo escludere di aver corrisposto altre somme di denaro alla Guerra ed alla Visan mentre confermo di non aver corrisposto alcunché a Carolina Marconi».
Soldi a Raissa e Miriam affari con “Lele” e le sue società
Appartamento anche per Marysthelle Garcia Polanco, soubrette a Colorado Cafè su Italia1, la stessa trasmissione che ha fatto la fortuna della Minetti. La dominicana ha sempre negato, ma la sera in cui Ruby fu portata in questura molti giurano di averla vista in compagnia della consigliera regionale mentre insieme attendevano il rilascio della giovane marocchina. L’ufficio di Spinelli non è stato perquisito perché è di proprietà di Berlusconi e dunque è necessaria l’autorizzazione a procedere del Parlamento, ma l’obiettivo dei pubblici ministeri è ben evidenziato nel provvedimento: «Ottenere gli atti e i documenti relativi alla titolarità delle abitazioni, ai soggetti che ne sostengono i costi compreso il pagamento delle utenze, ai soggetti che ne hanno la effettiva disponibilità, al ruolo di intermediazione svolto da Nicole Minetti o da terzi nella gestione dei rapporti concernenti le abitazioni».
Non solo. I magistrati hanno chiesto anche la documentazione che riguarda le ragazze che abitano negli appartamenti di via Olgettina e quelli delle altre donne che risulta abbiano partecipato ai festini. In particolare Barbara Faggioli, nota per essere una delle vallette dello Show dei record su Canale5 e per aver preso parte a un paio di fiction; Miriam Loddo, della scuderia di Lele Mora, che vanta tra le sue apparizioni televisive quella al programma di Maria De Filippi Uomini e Donne con il ruolo di corteggiatrice; Alessandra Sorcinelli, approdata sul piccolo schermo perché, recita il suo curriculum, «in un programma mattutino stesa su un lettino ambulatoriale prestava la sua immagine e il suo corpo statuario (e seminudo) ai vari dottori che spiegavano al pubblico a casa come si facessero determinate cure, massaggi o manipolazioni» e poi arrivata al real show Uno, due, tre, stalla!; Raissa Skorkina, nel 2005 ragazza immagine al Billionaire di Flavio Briatore, poi reclutata da Mora; Lisa Barizonte. Tutte, questo dice l’accusa, «hanno ricevuto denaro da Spinelli o dai suoi collaboratori e dipendenti», ma i magistrati vogliono anche esaminare le carte sui «rapporti economico-finanziari gestiti dallo stesso Spinelli e intercorsi con Lele Mora o comunque con soggetti a lui riconducibili».
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La Procura di Milano ha indagato Silvio Berlusconi per le ipotesi di reato di «concussione» e di «prostituzione minorile» e gli ha inviato un invito a comparire per l’interrogatorio dal pm tra il 21 e il 23 gennaio. I legali di Berlusconi però replicano che la Procura di Milano non è competente».
RITO IMMEDIATO – La procura di Milano ha intenzione di chiedere il processo con rito immediato, che salta la fase dell’udienza preliminare. Questo si evince dallo stesso comunicato stampa reso noto stamani dalla Procura. Per chiedere il rito immediato serve l’evidenza della prova, che in questo caso esiste secondo gli inquirenti, e un tempo d’indagine non superiore ai tre mesi. Berlusconi è stato iscritto nel registro degli indagati per prostituzione minorile e concussione il 21 dicembre scorso.
L’ACCUSA – Secondo la contestazione d’accusa, allo scopo di occultare di essere stato cliente di una prostituta minorenne in numerosi weekend ad Arcore, assicurarsi l’impunità da questo reato e scongiurare che venissero a galla i retroscena delle feste nella sua residenza brianzola, il presidente del Consiglio la notte tra il 27 e il 28 maggio 2010 avrebbe abusato della propria qualità di primo ministro per indurre i funzionari della Questura di Milano ad affidare indebitamente l’allora 17enne marocchina Karima “Ruby” El Mahroug, scappata da una comunità per minori, alla consigliera regionale lombarda pdl Nicole Minetti. Nello stesso comunicato, il procuratore capo della Repubblica di Milano Edmondo Bruti Liberati chiarisce che il reato di sfruttamento della prostituzione si sarebbe consumato ad Arcore nel periodo che va da febbraio a maggio del 2010.
I REATI CONTESTATI – Il reato di «concussione» (articolo 317 del codice penale) punisce con la reclusione da 4 a 12 anni il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, costringa o induca taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o ad un terzo, denaro od altra utilità. Al premier è contestato con l’aggravante il reato di «prostituzione minorile» (articolo 600 bis, contestato al premier nella forma del secondo comma) punisce con la reclusione da 6 mesi a 3 anni chiunque compia atti sessuali con un minore di età compresa tra i 14 e 18 anni in cambio di denaro o di altra utilità economica, ed è l’unico caso nel quale il cliente di una prostituta è sanzionato penalmente.
MORA, FEDE E LA MINETTI – Nella stessa inchiesta, coordinata dai procuratori aggiunti Ilda Boccassini e Pietro Forno e dal pm Antonio Sangermano, sono indagati anche il direttore del Tg4 Emilio Fede,Nicole Minetti e l’agente di spettacolo Lele Mora. Per loro non sarà richiesto il rito immediato in quanto iscritti nel registro degli indagati da più di tre mesi. Tutti e tre sono accusati in concorso di aver indotto alla prostituzione Ruby tra il febbraio e il maggio dello scorso anno. Nell’arco dello stesso periodo di tempo, secondo le indagini, Berlusconi avrebbe avuto rapporti sessuali con la giovane, all’epoca 17enne, nella residenza di Arcore. Mora, Fede (ai due stamani è stata notificata un’informazione di garanzia, come comunicato dalla Procura) e la Minetti, inoltre, stando alle accuse, avrebbero gestito anche un giro di prostitute maggiorenni: a loro, infatti, viene contestata anche la violazione di alcune disposizioni della legge Merlin e, in particolare, l’aver indotto, favorito e sfruttato la prostituzione reclutando più prostitute.
LE PERQUISIZIONI – Gli sviluppi dell’inchiesta sul caso Ruby stanno emergendo dalle perquisizioni in corso a Milano. Anche la giovane marocchina Ruby, che risiede in un’abitazione su lungomare genovese insieme al suo attuale compagno, ha subito una perquisizione. Si tratta della seconda a carico della marocchina, dopo quella avvenuta il 28 ottobre scorso nella sua stanza della comunità famiglia di Sant’Ilario.
Alessandra Sorcinelli dopo l’interrogatorio (Fotogramma)
INTERROGATORI IN QUESTURA – Tra le residenze perquisite anche quella all’uomo di fiducia del premier che storicamente amministra il “portafoglio” familiare di Berlusconi: Giuseppe Spinelli, anni fa indagato con il Cavaliere e uscito dai processi su Medusa film e sulla villa di Macherio, nonchè già tra gli amministratori della holding Dolcedrago e dell’immobiliare Idra (che ha la villa di Arcore). Gli inquirenti si sono presentati nell’ufficio di Spinelli, non indagato, per eseguire una perquisizione, ma ad essi è stato opposto il fatto che le sue stanze sarebbero «pertinenza della segreteria politica dell’onorevole Berlusconi». Argomento che, secondo fonti vicine al manager, non sarebbe stato contestato dagli inquirenti, i quali hanno rinunciato alla perquisizione e lasciato gli uffici di Spinelli. La polizia ha perquisito anche gli uffici della consigliere regionale Nicole Minetti, indagata per favoreggiamento della prostituzione, sia adulta sia minorile. La Minetti è stata poi portata in questura nel primo pomeriggio, secondo quanto ha fatto sapere il suo avvocato «per sbrigare pratiche burocratiche». Nel pomeriggio accanto a lei in questura sono state sentite anche delle ragazze che avrebbero partecipato alle feste organizzate dal premier. Tra queste vi sarebbe stata anche la giovane brasiliana che ospitò Ruby per qualche tempo. È la stessa ragazza che denunciò di aver subito un furto dalla giovane marocchina. Contemporaneamente in questura c’era anche Alessandra Sorcinelli, ex meteorina. «Sono stata coinvolta mio malgrado nell’inchiesta – ha detto la ragazza -. Ruby non l’ho mai conosciuta. Ad Arcore sono stata un paio di volte, si è trattato di cene normali con molta gente». A proposito di Silvio Berlusconi, Alessandra Sarcinelli, ha detto: «È una persona che stimo moltissimo». L’ipotesi di reato favoreggiamento della prostituzione, sia adulta sia minorile, sarebbe stata contestata a Lele Mora ed Emilio Fede, raggiunti da un avviso di garanzia.
FORZE DELL’ORDINE PARTI LESE – Nell’inchiesta sul caso Berlusconi/Ruby non ci sono appartenenti alle forze dell’ordine indagati. Anzi, i funzionari della Questura milanese che ricevettero le telefonate di Berlusconi sono le parti lese della concussione addebitata dai pm al premier.
RUBY PIÙ VOLTE AD ARCORE – Karima, la 17enne (nel 2010) marocchina al centro del caso per il quale Berlusconi è indagato per le ipotesi di reato di concussione e prostituzione minorile, non avrebbe detto il vero quando aveva pubblicamente affermato di essere stata ad Arcore solo una o due volte. A smentirla, e a pesare nell’inchiesta, sarebbe l’esito dello studio del traffico telefonico del suo cellulare, che l’avrebbe localizzata ad Arcore non una sola volta, ma in numerosi weekend concomitanti con la presenza di Berlusconi nella propria residenza.
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La Procura di Milano ha indagato Silvio Berlusconi per le ipotesi di reato di «concussione» e di «prostituzione minorile». Secondo la contestazione d’accusa, allo scopo di occultare di essere stato cliente di una prostituta minorenne in numerosi week-end ad Arcore, assicurarsi l’impunità da questo reato e scongiurare che venissero a galla i retroscena delle feste nella sua residenza brianzola, il Presidente del Consiglio la notte tra il 27 e il 28 maggio 2010 avrebbe abusato della propria qualità di primo ministro per indurre i funzionari della Questura di Milano ad affidare indebitamente l’allora 17enne marocchina Karima “Ruby” El Mahroug, scappata da una comunità per minori, alla consigliere regionale lombarda pdl Nicole Minetti.
Il reato di «concussione» (articolo 317 del codice penale) punisce con la reclusione da 4 a 12 anni il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, costringa o induca taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o ad un terzo, denaro od altra utilità. Al premier è contestato con l’aggravante il reato di «prostituzione minorile» (articolo 600 bis, contestato al premier nella forma del secondo comma) punisce con la reclusione da 6 mesi a 3 anni chiunque compia atti sessuali con un minore di età compresa tra i 14 e 18 anni in cambio di denaro o di altra utilità economica, ed è l’unico caso nel quale il cliente di una prostituta è sanzionato penalmente.
La polizia sta perquisendo gli uffici della consigliere regionale Nicole Minetti, indagata per favoreggiamento della prostituzione sia adulta sia minorile. Stessa ipotesi di reato per Lele Mora ed Emilio Fede.
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‘Penso che vinceranno i si’ con una percentuale piuttosto elevata e che quindi vincera’ il buonsenso’. Lo ha detto il premier Silvio Berlusconi in collegamento con ‘Mattino Cinque’, a proposito del referendum di Mirafiori. Il premier ha poi sottolineato il sostegno del governo a Marchionne e ai sindacati che hanno forte senso responsabilita’ nazionale. (ANSA)
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«Non mi aspettavo nulla di diverso». Silvio Berlusconi esordisce così nel suo intervento telefonico a Mattino Cinque, commentando la sentenza della Consulta di giovedì sul legittimo impedimento. La Corte Costituzionale, sottolinea il premier (come già avevano fatto i suoi legali) «non ha demolito l’impianto» della legge.
Il capo del governo ci tiene a sottolineare di non aver richiesto in prima persona lo scudo, specificando tra le altre cose che la decisione della Consulta ha addirittura migliorato la legge. Il premier spiega infatti che i giudici della Corte hanno «”tipizzato”» alcune fattispecie, «cioè si è indicato nella legge che per esempio presiedere il Consiglio dei ministri è un impedimento legittimo, così come presiedere una riunione internazionale è legittimo impedimento. E quindi da questo punto di vista la sentenza ha migliorato la situazione precedente». Quanto alle ripercussioni che la decisione della Consulta avranno sul futuro dell’esecutivo, il premier assicura che la sentenza sul legittimo impedimento è «assolutamente ininfluente» e che «il governo andrà avanti perché l’Italia ha bisogno di tutto tranne che di elezioni anticipate».
«PROCESSI GROTTESCHI» – In collegamento con Mattino Cinque e parlando dei procedimenti a suo carico, Berlusconi è tornato a ribadire che si tratta «processi assolutamente inventati, ridicoli, grotteschi. Intanto io ho assicurato davanti a tutti che questi fatti non esistono. Non ci sono fatti che possono rendere possibili una condanna». Il Cavaliere si è mostrato ottimista. «Ma – ha avvertito, ospite della rubrica di Maurizio Blepietro – se nei collegi giudicanti ci saranno giudici di sinistra andrò in tv e spiegherò di cosa si tratta. Secondo il premier «non si possono trovare giudici che oseranno dare una condanna su fatti che non esistono». La previsione di Berlusconi è chiara: anche dopo la sentenza della Consulta sul legittimo impedimento, «non sarà così facile per i difensori dei miei processi – ha detto – ottenere un atteggiamento benevolo da parte dei magistrati». «Sanno tutti che c’è persecuzione politica da parte dei magistrati della sinistra da quando sono sceso in campo» ha aggiunto il Cavaliere, ricordando anche i «tantissimi processi» in cui i suoi difensori «sono stati impegnati» e in cui il capo del governo è «stato assolto».
FIAT – Dal premier anche un accenno alla Fiat al referendum di Mirafiori. Il sì all’accordo avrà «percentuali elevate» secondo il presidente del Consiglio e «a vincere sarà il buonsenso». Berlusconi ha ribadito che il governo sta dalla parte dell’ad del Lingotto Sergio Marchionne e dei sindacati con «forte senso di responsabilità nazionale», ovvero Cisl e Uil e gli altri firmatari dell’accordo di Mirafiori. «L’accordo è emblematico di ciò che serve per tenere aperte le fabbriche, cosa che non accadrebbe con le rivendicazioni ideologiche della Fiom, della Cgil e della sinistra di Bersani – è l’affondo del presidente del Consiglio – . Purtroppo hanno perso un’altra occasione di diventare socialdemocratici, di capire che le aziende devono essere organizzate sulle esigenze del mercato non sulle ideologie già condannate dalla storia. Invece di insultare, Bersani dovrebbe farsi spiegare da Fassino e dal sindaco di Torino, suoi compagni di partito, che con l’accordo si possono conservare posti di lavoro e aumentare anche le retribuzioni».
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(WSI) – Adesso per Silvio Berlusconi la strada si fa davvero in salita. Le prospettive giudiziarie sono nere e anche quelle politiche diventano assai complicate. Per questo il premier, subito dopo il verdetto della Consulta ha ordinato ai suoi di volare basso in attesa di capire esattamente, una volta sondata la Lega, quali margini di manovra gli rimangano.
Al di là delle dichiarazioni di Niccolò Ghedini e del capo-gruppo Pdl Fabrizio Cicchitto, per il Presidente del Consiglio la sentenza della Corte Costituzionale è stata pessima. Di fatto si torna al regime precedente all’ultima legge ad personam. La Consulta ha ribadito che spetta solo ai giudici stabilire quali tra gli impedimenti invocati dagli imputati per far saltare le udienze dei processi siano legittimi e quali no.
Una volta riaperto il processo per la corruzione dell’avvocato inglese David Mills, il collegio (non importa quale) fisserà, in accordo con le parti, un calendario da cui non sarà semplice sgarrare. In totale è prevedibile che le udienze siano una ventina. Il caso infatti è tutt’altro che intricato. Una sentenza definitiva ha già stabilito che Mills è stato corrotto per dire il falso nell’interesse del premier. E ai giudici resta solo da stabilire se le prove siano sufficienti per dimostrare che la mazzetta da 600.000 dollari intascata dal professionista sia stata versata per ordine del Cavaliere. Un fatto già confessato da Mills in una ormai celebre lettera scritta a uno dei suoi commercialisti.
Insomma dodici mesi (tanto manca prima della prescrizione) potrebbero benissimo bastare per arrivare in Cassazione, visto che l’appello ben difficilmente durerà più di due o tre udienze. Certo, Berlusconi farà di tutto per far saltare il calendario. Nel 2003, quando si era trattato di prendere tempo per arrivare all’approvazione dell’incostituzionale Lodo Schifani che poi bloccherà a lungo il processo Sme-Ariosto, il premier si inventò scuse di ogni tipo pur di far slittare le udienze.
In quel periodo, sempre all’ultimo momento, i suoi avvocati erano soliti comunicare al tribunale che il Cavaliere era impegnato in appuntamenti fondamentali e imprevisti del tipo: una consultazione con le categorie del commercio,una conferenza programmatica di Forza Italia, un lungo incontro dalla fine della mattinata al primo pomeriggio con Pierferdinando Casini, un summit con i candidati forzisti per le elezioni regionali nel Friuli, un decisivo vertice a Venezia sulla «criminalità e l’immigrazione clandestina nel mare Adriatico», alla presenza del ministro dell’Interno e di sette prefetti del Veneto (fra i quali quelli di Belluno e di Verona, località non proprio marinare), un faccia a faccia con il «principe Vittorio Emanuele di Savoia», un pranzo «con il primo ministro della Romania», un’irrinunciabile commemorazione di Ugo La Malfa a cent’anni dalla nascita. E, persino, un viaggio, organizzato in quattro e quattr’otto, in Lussemburgo, dove dopo una colazione di lavoro con il premier del Granducato Jean Claude Juncker, Berlusconi non avrà nulla da fare se non una lunga passeggiata pomeridiana.
Oggi però la situazione è diversa. Il presidente del Consiglio è molto meno forte di allora. Certo, può tentare di prendere tempo, nella speranza di ottenere (cosa possibile, ma non certa) almeno in secondo grado la prescrizione per il processo Mills. Una sentenza di primo grado è però sicura. E se fosse di condanna, come è probabile, segnerebbe la sua fine politica. Con soli tre voti di maggioranza alla Camera e la popolarità ai minimi, oltretutto, ripetere l’indimenticabile e scandalosa esperienza della melina del 2003 è per lui impossibile. Anche perché la Corte ha detto chiaramente che spetta solo ai giudici stabilire quali impegni siano realmente legittimi.
Ma c’è di più e di peggio. Per evitare la replica di quella grottesca e indecorosa strategia processuale, Berlusconi ha una sola strada: andare ad elezioni, vincerle per poi approvare uno scudo processuale definitivo, inserito nella Costituzione. Cosa tutt’altro che scontata in questo momento. I sondaggi danno i due poli in sostanziale parità e affrontare l’ennesima campagna elettorale con un dibattimento in corso che si tenta sempre di bloccare non è certo una grande idea. Per questo Berlusconi per il momento tace. E, in fondo in fondo, ha paura.
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La Consulta boccia parzialmente il legittimo impedimento. I quindici giudici della Corte Costituzionale, stando a quanto anticipato dall’Ansa, avrebbero posto diversi paletti alla legge nata come scudo che protegge il presidente del Consiglio e i ministri dai processi e che lo stesso Cavaliere ha fatto valere in tre procedimenti a suo carico (Mediatrade, Mills e Mediaset) con conseguenze sollevazione della questione di legittimità da parte dei magistrati Milanesi titolari dei fascicoli. In particolare, la Consulta avrebbe bocciato la certificazione di Palazzo Chigi sull’impedimento e l’obbligo per il giudice di rinviare l’udienza fino a sei mesi, dichiarando illegittimo il comma 4 dell’art.1 della legge 51 del 2010. I giudici avrebbero inoltre bocciato in parte il comma 3, affidando al giudice la valutazione del legittimo impedimento.
Nel caso di Berlusconi, quindi, saranno i giudici a decidere volta per volta se i suoi impegni sono o no adeguati a rinviare le udienze. Se riterranno che non lo sono, i processi andranno avanti. Di fatto la norma perde la sua utilità per il governo, alla luce dello scopo per cui era stata approvata: sospendere i processi durante l’iter di approvazione della legge costituzionale sull’immunità parlamentare. I processi di Berlusconi non sono più sospesi.
POPOLO VIOLA – «La bocciatura in parte della legge sul legittimo impedimento è una notizia positiva ed è una vittoria di tutti, viva l’Italia e viva la Consulta». È la piccola delegazione del Popolo viola ad esultare davanti al palazzo della Corte costituzionale dopo aver appreso la notizia della bocciatura parziale, da parte della Corte, della legge sul legittimo impedimento. Il gruppo di manifestanti ha subito stappato una bottiglia di spumante e brindato sventolando una bandiera dell’Italia. «Berlusconi ora dovrà spiegare a Napolitano perchè ha fatto promulgare una legge in parte incostituzionale», hanno detto i rappresentati del Popolo viola. Stappando la bottiglia di spumante e versandone il contenuto nei bicchieri dei manifestanti il portavoce del gruppo, Gianfranco Mascia, ha detto «dobbiamo togliere il tappo alla Costituzione, dobbiamo togliere il tappo di Berlusconi dall’Italia. Questa sentenza sancisce che Berlusconi è uguale agli altri cittadini».
IL REFERENDUM – Il verdetto sul legittimo impedimento è stato anticipato dall’Ansa poco prima delle 17. In ogni caso la Corte ha dichiarato legittimo il quesito referendario per l’abolizione del provvedimento proposto dall’Italia dei valori. Qualora dovesse essere dato il via libera allo «scudo», saranno dunque i cittadini italiani ad esprimersi votando nei prossimi mesi per la cancellazione della norma. Il referendum sarebbe invece di fatto superato qualora fosse la stessa Consulta a bocciare il legittimo impedimento dichiarandolo non costituzionale. la cosa non preoccupa comunque né il governo né la maggioranza. «Davanti a un possibile referendum sul legittimo impedimento resto tranquillo per un motivo molto semplice – ha detto il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Paolo Bonaiuti -: quando a decidere sono gli elettori, noi vinciamo, Berlusconi vince. La politica può continuare a discutere all’infinito ma è fuor di dubbio che quando il popolo va alle urne dimostra di non credere alle accuse rivolte a Berlusconi».
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