Barriere architettoniche e riforma del condominio
Esiste un “principio di solidarietà condominiale” che deve avere un peso nelle decisioni tra vicini di casa, soprattutto se riguardano i disabili.
Il grado di civilizzazione di qualsiasi società si evidenzia anche dal modo in cui essa affronta e risolve i problemi di chi è colpito da difficoltà motoria, onde consentirgli di circolare senza difficoltà nel proprio condominio, e di poter così rimanere inserito nella vita sociale della comunità.
Il concetto di portatore di handicap deve estendersi a ricomprendere anche la persona anziana, nonché, più semplicemente, colui che, magari a seguito di un infortunio, si trova temporaneamente limitato nei movimenti. La comoda accessibilità agli spazi assume primaria importanza perché consente di continuare a godere della propria autonomia e, soprattutto, della propria casa.
Un problema quindi, quello dei portatori di handicap, che deve sensibilizzare tutti, ma che non sempre, nella pratica condominiale, trova ascolto: basti pensare alle non poche difficoltà che spesso si è costretti ad affrontare in assemblea per convincere i condomini a deliberare l’esecuzione anche di minime opere necessarie per eliminare quegli ostacoli che il portatore di handicap non riesce a superare, se non con estrema difficoltà.
Una barriera architettonica è un qualunque elemento costruttivo che impedisce o limita gli spostamenti o la fruizione di servizi, in particolar modo a persone disabili, con limitata capacità motoria o sensoriale. Può essere una scala, un gradino, una rampa troppo ripida: qualsiasi elemento architettonico può trasformarsi in barriera e l’accessibilità dipende sempre dalle caratteristiche personali della singola persona.
È già da tempo che la legge (legge 9 gennaio 1989 n. 13) ha stabilito che sia i nuovi edifici sia quelli già esistenti devono essere adattati alle esigenze dei portatori di handicap. E’ una legge che ha segnato un radicale mutamento di prospettiva rispetto al modo stesso di affrontare i problemi delle persone affette da invalidità, considerati ora quali problemi non solo individuali, ma tali da coinvolgere l’intera collettività.
Spetta in prima battuta all’assemblea decidere di intervenire per eliminare le barriere architettoniche presenti nel condominio.
Il nuovo legislatore della riforma della normativa del condominio, con l’introduzione di un nuovo secondo comma all’art. 1120 c.c., ha però ritenuto di aumentare il quorum necessario per assumere le relative delibere, richiedendo ora, sia in prima che in seconda convocazione, il voto favorevole espresso dalla maggioranza degli intervenuti in assemblea e almeno la metà del valore millesimale dell’edificio.
La richiesta di convocazione dell’assemblea può essere fatta sia dal portatore di handicap sia da chi esercita la tutela o la potestà o dall’amministratore di sostegno.
L’interessato può essere sia condomino che conduttore di unità immobiliari site nel condominio.
È opportuno che avvenga in modo formale a mezzo di una raccomandata indirizzata all’amministratore del condominio.
I costi per le opere di modifica vengono ripartiti tra tutti i condomini in ragione dei rispettivi millesimi.
Se l’assemblea risponde negativamente o non risponde entro il termine di un mese, il richiedente può installare, a proprie spese e con la possibilità di ottenere il contributo erogato dal “Fondo Speciale” istituito presso il Ministero dei lavori pubblici (art.9, L.13/89), servoscala oppure altre strutture mobili e facilmente rimovibili e anche modificare l’ampiezza delle porte al fine di rendere più agevole l’accesso agli edifici, agli ascensori e alle rampe dei garage. Il tutto non deve però alterare il decoro architettonico oppure rendere inservibili le parti comuni all’uso o al godimento anche di un solo condomino.
Anche le spese di manutenzione del manufatto restano in capo a colui che lo ha fatto installare. Se poi costui decide successivamente di trasferirsi presso un’altra abitazione, spetterà all’assemblea decidere se comunque mantenerlo in funzione a spese di tutta la collettività oppure rimuoverlo, salvo che qualche altro condomino portatore di handicap decida di assumersi l’onere di conservarlo.
L’installazione del nuovo ascensore
Tra le opere che il singolo portatore di handicap può fare eseguire a proprie spese anche senza il consenso dell’assemblea c’è anche l’installazione dell’ascensore.
In tal caso, però, non gli è possibile ottenere il contributo da parte del Comune, non essendo tale intervento ricompreso tra quelli che invece gli consentono di ottenerlo.
L’installazione dell’ascensore negli stabili condominiali è sempre stata vista favorevolmente da parte dei giudici in quanto, pur eliminandosi la possibilità di un certo tipo di godimento – conseguente magari al taglio parziale delle scale comuni o alla sottrazione di una parte del cortile comune – se ne offre uno di contenuto più ampio e completo, anche se diverso.
Essa costituisce una delle eccezioni alla regola dell’applicabilità delle norme sulle distanze in campo condominiale.
Ciò significa che il condomino può legittimamente installare l’impianto nel cortile condominiale, senza rispettare le distanze dagli appartamenti di proprietà esclusiva degli altri condomini, salvo però il caso in cui l’opera vada a notevolmente pregiudicare la luminosità di tali unità immobiliari, con conseguente loro deprezzamento economico.
Una modesta compressione del diritto di uso delle parti comuni deve però ritenersi tollerabile quando sia giustificato dall’interesse altrui ad un più proficuo uso della cosa comune e non rechi in concreto alcun serio pregiudizio o grave sacrificio agli altri condomini.
Quanto agli spazi occupati dal nuovo impianto dell’ascensore, il venir meno della originaria utilizzazione di essi è compensata con la diversa e migliore possibilità di godimento della cosa comune garantita con l’uso dell’ascensore stesso.
L’impianto di ascensore costituisce dunque uno degli interventi volti ad eliminare una barriera architettonica, rendendo possibile ai soggetti diversamente abili che abitano l’immobile o che lo frequentano una migliore vita di relazione interpersonale.
Nulla vieta naturalmente agli altri condomini di aderire successivamente all’iniziativa partecipando non solo alle spese in origine sopportate dall’unico anticipatario per l’installazione dell’impianto, ma anche a quelle per la manutenzione ordinaria e straordinaria eventualmente eseguita nel corso degli anni: il tutto tenendo presente da un lato la svalutazione della moneta nel frattempo intervenuta e dall’altro del minor valore dell’opera per vetustà, uso e obsolescenza.
http://news.attico.it/2013/05/20/barrie … ondominio/
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