Ritrovato il cartello rubato ad Auschwitz: forse il furto ordinato da un collezionista
Cari amici,
In questo freddo lunedì di dicembre, mentre tutti aspettiamo la fine di quest’ anno assai turbolento, mi piace soffermarmi su questo piccolo fatto di cronaca, perchè a mio giudizio è significativo.
“Il lavoro rende liberi” è una frase che detta oggi assume svariati significati, non si adatta più naturalmente alla realtà.
“Il lavoro rende liberi” da cosa?
Molti milioni di persone lavorano come bestie in cambio del permesso di vivere, hanno pochissime speranze circa il proprio futuro, guardano la realtà con preoccupazione.
Pochi guadagnano molto di più di quanto sarebbe necessario per vivere, in cambio di un lavoro spesso inutile o persino dannoso per la società.
Un numero fortunatamente alto di persone, invece, svolge lavori insostituibili e lavora instancabilmente per i propri ideali, ma guadagna pochissimo e non è libera, perchè la giustizia non riconosce per nulla il loro valore.
A volte mi sembra di vivere in un enorme campo di concentramento, grande quanto il mondo, in cui ciascuno è costretto a giocare con regole imposte da arbitri sconosciuti; un campo dove tutti sono nemici, le regole sono facilmente aggirabili se sei ricco e potente (altrimenti sei costretto a rispettarle), e dove la giustizia e la libertà sono opinioni che possono facilmente diventare bandiere da agitare per difendere i propri interessi.
Sembra che il famoso cartello “il lavoro rende liberi” presto tornerà al suo posto, all’ entrata del campo di concentramento di Aushwitz.
Tutti noi, domani, saremo chiamati a renderne conto sul nostro posto di lavoro.
Tutti in riga, ordinati, a lavorare per la nostra libertà.
Il Sole 24 ore
Il furto della scritta “Arbeit macht frei” (Il lavoro rende liberi), ritrovata stanotte dalla polizia polacca dopo essere stata rubata tre giorni fa dal cancello del lager di Auschwitz, è forse stato compiuto su richiesta di un collezionista. Lo ritiene l’emittente polacca Rmf Fm, secondo la quale la scritta potrebbe essere stata «ordinata» attraverso internet.
Secondo la stessa fonte i cinque ladri, arrestati questa notte dalla polizia, non hanno nulla a che fare con i neonazisti, ma piuttosto si sono mossi con la speranza di vendere bene il bottino al collezionista.
Poiché si è presentato il problema di nascondere l’insegna originale, i ladri l’hanno divisa in tre parti. La scritta è già nelle mani della polizia e viene sottoposta ad analisi.
I cinque rischiano una pena fino a dieci anni di prigione che viene secondo il codice penale inflitta per i furti di oggetti considerati patrimonio culturale.
I cinque uomini arrestati per il furto hanno fra i 20 e i 39 anni e risiedono nel nord della Polonia. Sono stati arrestati poco prima della mezzanotte e la scritta è stata trovata in una casa.
L’iscrizione in metallo, che misura 5 metri di lunghezza, era posta sopra la porta d’ingresso del campo di concentramento di Auschwitz. La sua scomparsa aveva causato grande emozione e mobilitazione, in particolare in Israele. «E’ un sollievo enorme. Siamo estremamente riconoscenti alla polizia che ha fatto un lavoro fantastico», ha dichiarato Pawel Sawicki, un portavoce del museo di Auschwitz. «Hanno trovato l’iscrizione in così poco tempo», ha sottolineato. «Questo simbolo, certamente uno dei più importanti del secolo scorso, potrà ritornare al suo posto», ha dichiarato.
«Siamo molto impazienti di vedere in quale stato è l’iscrizione. Secondo le informazioni in nostro possesso, è stata tagliata in pezzi. I nostri esperti cercheranno di sistemarla perché possa tornare il più rapidamente possibile al suo posto», ha commentato ancora Sawicki.
Il museo di Auschwitz si prepara a celebrare il 65esimo anniversario della liberazione dal campo di concentramento nazista, il 27 gennaio prossimo. Il museo e altre istituzioni avevano offerto una ricompensa di circa 30.000 euro per ogni informazione che avrebbe potuto permettere di trovare l’iscrizione e i responsabili del furto.
Da Israele si era levato un coro di indignazione. «E’ un atto abominevole che è assimilabile alla profanazione», aveva dichiarato il vice Primo ministro e ministro dello Sviluppo regionale, Sylvan Shalom. «Questo gesto testimonia ancora una volta dell’odio e della violenza contro gli ebrei», aveva aggiunto Shalom. E il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu aveva rivolto un appello al governo polacco affinché facesse il possibile per ritrovare l’iscrizione in ferro battuto. La polizia polacca aveva chiamato in aiuto anche l’Interpol e l’Europol.
La Germania nazista sterminò dal 1940 al 1945 ad Auschwitz-Birkenau circa un milione e centomila persone, di cui un milione di ebrei. Le altre vittime del campo furono soprattutto polacchi, rom e prigionieri sovietici.
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