Voti deleghe e quorum; le nuove maggioranze
Maggioranze più facili da raggiungere, ma non in tutte le assemblee.
E non per tutte le delibere.
La riforma del condominio – in vigore dal 18 giugno – ha ritoccato in più punti le regole del parlamentino condominiale, introducendo un mix di semplificazioni e complicazioni per i cittadini.
La novità più importante è l’abbassamento del quorum per prendere le decisioni ordinarie in seconda convocazione.
Quello usato, ad esempio, per approvare il rendiconto annuale (preventivo o consuntivo).
Oppure per dare il via a piccoli lavori di manutenzione ordinaria.
O, ancora, per nominare i consiglieri di condominio. Fino al 17 giugno scorso, in tutti questi casi la decisione era valida se sostenuta almeno da un terzo dei condòmini che rappresentassero al tempo stesso un terzo dei millesimi.
Con l’entrata in vigore della riforma, invece, serve sempre un terzo dei millesimi, ma è sufficiente la maggioranza dei presenti in assemblea.
Una previsione, quest’ultima, che si ricollega all’introduzione del quorum costitutivo per la validità dell’assemblea di seconda convocazione, che in precedenza non era previsto e che ora corrisponde a un terzo dei condòmini e un terzo dei millesimi.
Facciamo un esempio per chiarire il tutto. Immaginiamo per semplicità un condominio con 30 proprietari.
Prima della riforma, per decidere una piccola riparazione nell’androne del palazzo serviva il voto favorevole di almeno dieci condòmini (un terzo del totale), che
fossero portatori di almeno 334 millesimi.
La legge non diceva chiaramente quanti proprietari dovevano essere presenti per la validità della seduta, ma è evidente che – per lo meno al momento del voto – dovevano esserci come minimo dieci condòmini, di persona o per delega (nell’ipotesi che tutti fossero d’accordo e votassero a favore).
Dal 18 giugno, invece, viene precisato il quorum costitutivo. Quindi è necessario che sia presente fin dall’inizio della seduta un terzo dei proprietari e un terzo dei millesimi.
Dopodiché, una volta avviata correttamente l’assemblea, la decisione può essere presa con la maggioranza dei presenti, ferma restando la soglia dei 334 millesimi.
Quindi, nel nostro esempio, potrebbe bastare il sì di sei condòmini soltanto, a patto che si tratti di soggetti "ricchi" in termini di valore dell’edificio, così da raggiungere i 334 millesimi.
La semplificazione dettata dalla riforma, a conti fatti, favorisce il raggiungimento del quorum nei grandi edifici in cui ci sono alcuni grandi proprietari e in cui la partecipazione alle assemblee è tradizionalmente scarsa.
Con il vantaggio di evitare lo stallo sulle decisioni più semplici.
La stessa riforma, però, ha introdotto due contrappesi.
O, meglio, due ordini di previsioni che vanno nella direzione di non favorire eccessivamente la concentrazione dei voti e di non facilitare troppo il raggiungimento delle maggioranza su certe materie.
Sul primo fronte, è limitato il ricorso alle deleghe, stabilendo che negli edifici con più di 20 condòmini, il delegato non può rappresentare più di un quinto dei partecipanti e del valore dell’edificio.
Sempre nel nostro esempio, questo vuol dire che un singolo soggetto potrà farsi portavoce al massimo di sei condòmini e 200 millesimi.
Oltretutto, dal 18 giugno scorso non è più possibile conferire nessuna delega all’amministratore e tutte le deleghe devono essere effettuate per iscritto.
Ragion per cui, sarebbe buona norma che l’amministratore allegasse all’avviso di convocazione un modulo prestampato per un’eventuale delega, precisando di
non poter essere designato in prima persona.
Sul secondo fronte, sono elevati i quorum per prendere alcune decisioni su materie specifiche.
Per l’eliminazione delle barriere architettoniche, ad esempio, la maggioranza di seconda convocazione si alza alla metà più uno degli intervenuti in assemblea, che
rappresentino almeno metà del valore dell’edificio.
La stessa soglia – per la verità piuttosto difficile da raggiungere nella maggior parte degli edifici – viene richiesta anche per decidere la termoregolazione con contabilizzazione del calore (le "valvole termostatiche", per intenderci) e per la divisione delle spese di riscaldamento. In precedenza non era chiaro quale fosse la maggioranza richiesta, perché la dicitura di legge aveva dato luogo a diverse interpretazioni dei giudici di merito, ma secondo tutte le letture era sicuramente più bassa.
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I NODI APPLICATIVI A CURA DI Augusto Cirla
Convocazione più facile grazie a email e anagrafe
L’avviso di convocazione
L’avviso di convocazione dell’assemblea deve essere comunicato ai condòmini tramite posta raccomandata, posta elettronica certificata, fax o consegna a mano.
Basta, dunque, con le comunicazioni verbali, prima invece consentite se non diversamente stabilito nel regolamento.
Basta anche con l’obbligo di ricorrere alla raccomandata che, a ben vedere, non sempre assicurava il tempestivo ricevimento della convocazione da parte del condomino, anche se il plico cartaceo era stato depositato negli uffici postali con congruo anticipo.
Di fatto, il semplice ritardo nel recapito di una sola raccomandata può condizionare la validità di un’assemblea con decine (o centinaia) di partecipanti, imponendo di convocare una nuova seduta, con perdita di tempo e di denaro.
È positivo il via libera ai mezzi informatici, anche se la scarsa diffusione della posta elettronica certificata potrebbe vanificare l’apertura normativa.
Dopotutto, se è consentito l’avviso a mano, dovrebbe essere ammessa anche la semplice email non certificata.
I soggetti da convocare
Vita dura per i cosiddetti condòmini apparenti, cioè per i soggetti che si presentano all’amministratore come proprietari dell’unità immobiliare, senza però esserlo tecnicamente: si pensi al coniuge che partecipa sempre in assemblea come condòmino, mentre l’appartamento è intestato solo all’altro.
Una asimmetria che può prestare il fianco a contenziosi altrimenti evitabili.
Adesso, con la previsione dell’obbligo per l’amministratore di tenere il registro di anagrafe condominiale, è sparito il rischio di sbagliare nell’individuare esattamente chi è condòmino e chi invece non lo è.
Ora l’amministratore è in grado di conoscere "l’avente diritto" che deve essere chiamato a partecipare all’assemblea ed è tenuto al pagamento delle quote
condominiali.
Spetta infatti al condòmino comunicare all’amministratore ogni variazione dei dati che gli ha fornito, così da rendere facilmente individuabile colui che dovrà essere
convocato in assemblea.
Inquilini e usufruttuari, il voto è tutto in salita
Gli inquilini
Nonostante la legge 392/1978 riconosca all’inquilino – con l’articolo 10 – la facoltà di intervenire nelle assemblee condominiali per deliberare questioni su riscaldamento e condizionamento d’aria, anche dopo la riforma del condominio il conduttore continua a non essere inserito tra i soggetti che hanno diritto di essere convocati in assemblea.
Non c’è nessun obbligo in questo senso in capo all’amministratore, perché continua a essere a carico del locatore l’obbligo di comunicazione al proprio inquilino della convocazione dell’assemblea.
Ancora peggio per le assemblee di supercondominio, dove l’inquilino, al pari del condòmino, potrà solo partecipare a quella del suo fabbricato al posto del proprio locatore per nominare il rappresentante, sempre che ci siano da decidere questioni di riscaldamento o di condizionamento dell’aria.
Gli usufruttuari
L’usufruttuario partecipa e vota in assemblea per gli affari di ordinaria amministrazione e il semplice godimento delle cose e dei servizi comuni.
Per tutte le altre delibere il voto spetta invece al nudo proprietario.
Il diritto di voto spetta comunque all’usufruttuario se il nudo proprietario si rifiuta di eseguire le riparazioni del bene poste a suo carico o ne ritarda l’esecuzione senza giustificato motivo.
In una situazione del genere, l’usufruttuario può eseguire le opere a proprie spese e richiederne il rimborso alla cessazione dell’usufrutto.
Una previsione normativa, quest’ultima, che ha sicuramente una propria logica, ma che è di difficile attuazione.
Come si fa a portare a conoscenza dell’assemblea tutti questi elementi, per legittimare l’usufruttuario a deliberare anche per il nudo proprietario, magari in netta
opposizione con il voto che vorrebbe esprimere il nudo proprietario? La legge non dice nulla su questo punto e la soluzione del problema è lasciata per il momento all’assemblea: con il rischio di bloccare la discussione e le delibere (nella migliore delle ipotesi) o di generare nuovo contenzioso giudiziario (nella peggiore).
Stop al cumulo delle deleghe
Le deleghe
La delega a partecipare all’assemblea deve essere conferita in forma scritta ed è sempre vietato delegare l’amministratore.
Se i partecipanti al condominio sono più di 20, il delegato non può rappresentare più di un quinto dei condòmini e del valore proporzionale.
Questo significa che il delegato non può ricevere un numero di deleghe superiore a un quinto del totale delle "teste" di cui si compone il condominio e non può rappresentare più di 200 millesimi.
Al legislatore va il plauso di aver voluto incentivare la partecipazione personale, proprio per evitare che un solo soggetto possa condizionare l’assemblea (non di rado secondo i propri interessi): di fatto, con un quinto delle teste e 200 millesimi è impossibile assumere anche una delibera "ordinaria", per la quale serve, infatti, la maggioranza degli intervenuti e almeno 334 millesimi.
Non è stato però considerato che il condòmino portatore da solo di più di 200 millesimi sarà costretto a partecipare personalmente a tutte le assemblee perché nessuno potrà raccogliere la sua delega.
Comproprietari in disaccordo
I comproprietari partecipano all’assemblea con un solo rappresentante, che vota anche per gli altri. Tutto bene se si va d’accordo, ma se così non è, nasce il problema: si pensi a due comproprietari in pari quota e con interessi in conflitto, che si presentano in assemblea senza avere deciso chi dovrà esprimere il voto.
In questo caso, secondo la riforma, il rappresentante deve essere designato dalla maggioranza dei comproprietari, calcolata secondo il valore delle rispettive quote: scelta difficile, che inevitabilmente sarà lasciata all’autorità giudiziaria.
Intanto, non si sa che cosa debba fare il presidente dell’assemblea: sospendere la riunione? Rinviarla in attesa della decisione del giudice? Escludere dal voto i comproprietari indecisi, con il rischio di impugnazione delle delibere assunte? O ricorrere alla cosiddetta prova di resistenza della delibera, valutando cioè se la delibera resta valida anche senza il voto favorevole o contrario dei comproprietari? Prima della riforma, tra i litiganti decideva con sorteggio il presidente: un metodo più semplice ed efficace.
DOMANDE A CURA DI Edoardo Riccio
Il consiglio ha funzioni consultive e di controllo
L’assemblea può nominare un consiglio di condominio? Con quali funzioni? L’assemblea può nominare un consiglio di condominio composto da almeno tre condomini
negli edifici di almeno 12 unità immobiliari.
Il consiglio ha funzioni consultive e di controllo.
Trattandosi di organismo previsto dal Codice, si ritiene che debbano essere realizzati verbali delle riunioni, che però non possono terminare con decisioni vincolanti per l’amministratore.
Il verbale non può essere redatto in un secondo tempo
Il verbale deve essere per forza redatto durante l’assemblea? Certamente, infatti l’articolo 1136 ultimo comma del Codice civile prevede che «delle riunioni dell’assemblea si redige processo verbale da trascrivere nel registro tenuto dall’amministratore».
Dal 18 giugno 2013, nel verbale vanno annotate le deliberazioni e le brevi dichiarazioni rese dai condomini che ne hanno fatto richiesta.
La mancata costituzione va annotata nel registro
Deve obbligatoriamente essere redatto il verbale di prima convocazione? Oppure, se l’assemblea va deserta, come quasi sempre accade, se ne può fare a meno?
Prima della riforma era sufficiente dare atto dell’assemblea deserta nel verbale di seconda convocazione. Adesso, invece, nel registro verbali occorre annotare anche le eventuali mancate costituzioni dell’assemblea.
Il mancato adempimento comporta l’annullabilità della delibera.
Nomina facoltativa per il revisore dei conti
Il revisore della contabilità è una figura obbligatoria? Può farlo chiunque? L’articolo 1130-bis del Codice civile prevede che l’assemblea, con la maggioranza degli
intervenuti e almeno la metà dei millesimi, può in qualsiasi momento o per più annualità specificamente identificate, nominare un revisore che verifichi la contabilità del condominio.
Per questo incarico è prevista una remunerazione. Non sembra che per tale figura il legislatore della riforma abbia inteso introdurre particolari qualifiche, come in ambito societario, quale l’iscrizione all’albo dei revisori contabili.
Installazione delle rinnovabili: possibile dettare limiti
Quali poteri ha l’assemblea nei confronti del singolo condòmino che vuole installare impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili su parti comuni L’assemblea può prescrivere, con la maggioranza degli intervenuti e almeno 2/3 dei millesimi, adeguate modalità alternative di esecuzione o imporre cautele a salvaguardia della stabilità, della sicurezza o del decoro architettonico dell’edificio.
A richiesta degli interessati, può inoltre dividere l’uso del lastrico solare e delle altre superfici comuni,
salvaguardando le diverse forme di utilizzo previste dal regolamento di condominio o comunque in atto. Può anche subordinare l’esecuzione dei lavori alla prestazione di idonea garanzia per i danni eventuali.
Delibera del supercondominio
impugnabile entro 30 giorni
Come avviene l’impugnazione della delibera del supercondominio?
L’articolo 67 delle disposizioni di attuazione del Codice civile prevede una particolare modalità di rappresentanza dei condòmini all’assemblea del supercondominio che abbia a oggetto la gestione ordinaria delle parti comuni e la nomina dell’amministratore.
La norma non va a incidere su altre disposizioni del Codice civile e, pertanto, la decorrenza per le impugnazioni inizia dalla data dell’assemblea, laddove il rappresentante del singolo condominio sia stato presente.
Quest’ultimo, quindi, dovrà immediatamente trasmettere il verbale all’amministratore del condominio, il quale dovrà subito inviare il documento a tutti i condòmini.
Solo questi, e non il condominio, potranno eventualmente impugnare.
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