Nicola Spadavecchia e Roberto Sgherza, Avvocati scrivono…
A chi non è accaduto che il meritato riposo fosse bruscamente interrotto o comunque tormentato da un vicino di casa troppo chiassoso, o che l’aria di casa fosse resa irrespirabile da “odori” eccessivi provenienti da abitazioni limitrofe?
I rumori molesti, le propagazioni di fumo e di calore e le esalazioni che turbano il quieto vivere costituiscono un serio problema, malauguratamente diffuso e noto ai più, sicché è di questo argomento di interesse generale, e più precisamente delle cosiddette “immissioni”, che ci occuperemo in quest’ultimo appuntamento di dicembre, con particolare riguardo all’ambito dei rapporti condominiali.
La norma che viene in rilievo è l’art. 844 del Codice civile, il quale statuisce al comma 1° che “il proprietario di un fondo non può impedire le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni dal fondo del vicino, se non superano la normale tollerabilità, avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi”.
Questa norma – che, come ben si evince dalla terminologia che la contraddistingue, è nata per la precipua tutela della proprietà fondiaria – trova applicazione anche nei rapporti di condominio (Cass. Civ., 15/03/1993, n. 3090) ed è diretta a tutelare il proprietario che subisca immissioni “illecite”, intendendosi per tali quelle che “superano la normale tollerabilità”.
Dal tenore della norma è ben evidente che non esiste una determinazione normativa che stabilisca, con portata di carattere universale, la cosiddetta “normale tollerabilità”, anche perché, oggettivamente, non è possibile indicare a priori e in via generale la soglia oltre la quale l’immissione possa reputarsi illecita. Ne consegue che la valutazione del superamento della normale tollerabilità va valutata caso per caso e deve essere sempre rapportata alla situazione ambientale concreta.
Nella prassi giudiziaria, il parametro che si tende ad assumere per siffatta valutazione è quello del “rumore di fondo”, alla stregua del quale debbono ritenersi intollerabili le immissioni che lo superano di 3 decibel, ovvero quelle corrispondenti al doppio dell’intensità del rumore di fondo.
La tutela del proprietario incontra poi il limite imposto dal comma 2° dell’art. 844 c.c., in forza del quale “l’autorità giudiziaria (chiamata ad applicare tale regola codicistica) deve contemperare le esigenze della produzione con le ragioni della proprietà”. In sostanza il giudice, nell’esaminare la istanza di tutela avanzata dal proprietario, è tenuto ad ascoltare le ragioni dell’altro soggetto coinvolto, laddove esse siano integrate da esigenze economico – produttive.
Venendo ai già incandescenti rapporti condominiali, sovente i proprietari adottano norme diverse e talora più rigorose di quella codicistica, sicché in tali casi la valutazione circa l’intollerabilità delle immissioni dovrà essere effettuata pure sulla base dei criteri convenzionali stabiliti nel “regolamento di condominio”.
In tal senso, in aderenza a una consolidata giurisprudenza di legittimità, se ad esempio il regolamento vieta l’esercizio di attività rumorose, queste ultime dovranno considerarsi illecite indipendentemente dalla valutazione sulla loro tollerabilità ex art. 844 c.c..
Per quanto riguarda gli strumenti di tutela, chi si ritenga leso potrà, in caso di esito negativo dell’eventuale intervento dell’amministratore di condominio oppure di una diffida (fatta ad esempio per il tramite di un avvocato) direttamente indirizzata al vicino “incriminato”, adire l’autorità giudiziaria, invocando la norma di cui al regolamento di condominio ovvero, in mancanza, quella di cui all’art. 844 c.c. al fine di ottenere l’eliminazione delle cause che producono i rumori ed il risarcimento dei danni ex art. 2043 c.c. per il pregiudizio subito.
L’azione potrà essere proposta dal proprietario dell’immobile, dal titolare di un diritto reale di godimento che abbia il possesso dell’immobile oggetto delle immissioni moleste, ma anche dal conduttore dell’immobile medesimo, i quali potranno agire sia nei confronti del proprietario che dell’inquilino responsabile dell’attività illecita.
Per quanto riguarda i poteri dell’amministratore di condominio, in linea di massima questi non possono spingersi oltre delle mere diffide, in quanto l’amministratore di condominio non è legittimato a richiedere al giudice i provvedimenti previsti dall’art. 844 c.c., i quali, avendo ad oggetto anche la tutela del diritto alla salute dei singoli, possono essere invocati esclusivamente dai privati condomini che si assumono danneggiati. Al limite, l’amministratore può essere autorizzato dai condomini stessi ad agire per la tutela della proprietà comune, ovvero quando le immissioni intollerabili (provenienti, ad esempio, da un edificio attiguo od anche da un singolo condomino) danneggino la interezza (cioè tutti i proprietari e/o gli inquilini) dello stabile condominiale.
Non può trascurarsi, infine, la rilevanza penale che possono assumere le immissioni. Infatti, l’art. 659, comma 1°, del Codice Penale sancisce: “Chiunque, mediante schiamazzi o rumori, ovvero abusando di strumenti sonori o di segnalazioni acustiche, ovvero suscitando o non impedendo strepiti di animali, disturba le occupazioni o il riposo delle persone, ovvero gli spettacoli, i ritrovi o i trattenimenti pubblici, è punito con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a euro 309”.
Ai fini della sanzionabilità della condotta, occorre che la stessa sia astrattamente idonea a determinare un disturbo diffuso e generalizzato delle occupazioni e/o del riposo di una moltitudine di persone, quantunque sia anche una sola persona a lamentarsene. Volendo fare un esempio concreto, il condominio che spregiudicatamente suoni uno strumento musicale particolarmente rumoroso (una batteria o una chitarra elettrica a tutto volume) arrecando disturbo a uno studente in piena mattinata, non potrà giustificarsi obiettando che, a quell’ora, gli altri condomini – magari fuori casa ed al lavoro – non subiscono alcun fastidio, per la ragione che, se essi si trovassero a casa (ipotesi potenziale), lo subirebbero.
Tra le ipotesi di immissioni moleste portate all’attenzione dei giudici e sicuramente più diffuse (seppure non denunciate) fra la generalità dei cittadini vengono in evidenza quelle dei rumori provenienti dall’impianto di riscaldamento, dal meccanismo di chiusura del portone d’ingresso, e dall’abbaiare dei cani. Naturalmente, resta il dato imprescindibile che la tutelabilità di ognuna di queste situazioni sia dal punto di vista civile che dal punto di vista penale deve essere valutata caso per caso e, in caso di giudizio, potrà talora essere rimessa all’esame di un consulente appositamente nominato dal giudice.
Tollerare per il quieto vivere va bene, ma quando si supera il limite è giusto lamentarsi ed invocare le tutele che la legge appresta e che troppo spesso non vendono utilizzate anche solo per prevaricazioni ingiustamente perpetrate da vicini poco civili.
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