Limitare lo strapotere degli Stati
sull’economia: l’occasione del G8
Il segretario dell’Ocse: «Evitare che le nazioni si mettano in concorrenza l’uno con l’altro per fronteggiare la crisi»
Cari amici,
A Davos si discute su come “espropriare” il potere dei singoli stati, a vantaggio di una non meglio precisata “governance globale”.
Mi chiedo se questi cosiddetti “potenti” siano davveri convinti che l’ economia si sappia “governare” da sola.
A mio giudizio, è la politica che ha “inventato” l’ economia, che ne ha modellato le regole con cui il valore si crea e si distribuisce, e che oggi discute di come realizzare delle regole più vantaggiose.
E’ ovvio che il problema sta nel decidere “a vantaggio di chi” queste regole si discutono e si decidono.
C’ è chi è convinto che il “mercato” scenda dalla luna, e ci offra uno strumento infallibile per “allocare” le risorse economiche nella maniera più conveniente per i cosiddetti “consumatori”.
La storia recente ci dimostra che questa convinzione è chiaramente errata!
Le forze economiche sono controllate dalle forze “politiche” che hanno la potenza finanziaria e politica sufficiente per scrivere le leggi a proprio vantaggio.
Il risultato della convergenza di queste forze politiche contrapposte si riassume nel sistema di regole legali che noi tutti ci siamo dati e che osserviamo.
A seguito di queste considerazioni, una non precisata “governance” mondiale che governi l’ economia, a mio giudizio è molto rischiosa, poichè non è per nulla controllabile dalle comunità residenziali locali, costituite dalla gente che poi dovrebbe subire sulla propria pelle le decisioni prese in modo incontrollabile da intermediari di interessi politici e finanziari, i quali cercano con ogni mezzo di acquisire vantaggi di “mercato”.
Corriere della Sera
DAVOS (Svizzera) – Riuscirà l’Italia, presidente di turno del G8 per tutto il 2009, a frenare uno dei rischi maggiori del momento, cioè lo strapotere che stanno riprendendo gli Stati rispetto all’economia e alla finanza? Ne ha l’occasione i prossimi 8, 9 e 10 luglio, all’isola della Maddalena, quando ospiterà il vertice delle maggiori potenze economiche del pianeta. Se riuscirà a favorire il disegno di una nuova architettura, allargata, del potere mondiale – G11, G16 o G20 che sia – darà un contributo a limitare il nazionalismo e lo statalismo risorgenti.
L’OCSE: «COORDINAMENTO INDISPENSABILE» – «Il coordinameno internazionale è diventato una necessità vitale – ha detto martedì al World Economic Forum di Davos il segretario dell’Ocse, Angel Gurria –. Per evitare che gli Stati si mettano in concorrenza uno contro l’altro per vedere chi fa di più. Quando è scoppiata la crisi finanziaria è iniziata una competizione, in Irlanda, seguita da Grecia e Austria, a chi proteggeva meglio le proprie banche. Poi, il pacchetto britannico di Gordon Brown è diventato più o meno lo standard. Lo stesso succede ora con i pacchetti di sostegno alle economie: ognuno ha gettato denaro sul tavolo fino a quando la Germania non ha fatto il suo, con grande sofferenza ha detto Angela Merkel, ma ha aggiunto che metterà in Costituzione l’obbligo di pareggiare il bilancio pubblico appena la crisi è finita. Ora, il piano tedesco mi pare lo standard».
VERIFICHE ALLA MADDALENA – «Tutto ciò suggerisce – ha aggiunto – che nuove forme di coordinamento che coinvolgano la gran parte delle maggiori economie sono essenziali. E alla Maddalena si vedrà quanto ciò è possibile. In effetti, se c’è una domanda che corre in ogni dibattito di Davos, quest’anno, questa riguarda il ruolo degli Stati nazionali che nella crisi stanno prendendo un potere sempre maggiore e, secondo molti, rischiano non solo di bloccare l’economia per anni a venire ma anche di spingere il nazionalismo economico e il protezionismo».
PIU’ GOVERNO MONDIALE, MENO NAZIONALISMI – «Se riusciremo a creare una nuova governance globale – ha sostenuto l’ex presidente messicano Ernesto Zedillo – avremo fatto un grande passo, perché più governo globale c’è meno spazio resta ai nazionalismi e al protezionismo». Non sarà facile, però. Un caso di cooperazione internazionale a portata di mano – i negoziati commerciali del Doha Round che libererebbero parecchie risorse – restano bloccati per egoismi nazionali nonostante la crisi consigli di chiuderli al più presto. In attesa di vedere cosa farà al riguardo l’America di Barack Obama, l’Italia di Berlusconi e Tremonti può cercare di fare la sua parte.