Il tentativo obbligatorio di conciliazione nel diritto condominiale. Un breve vademecum per gli operatori del settore.
Avv. Dolce Rosario scrive…
L’art. 84 della legge 98 del 2013 (cosiddetto Decreto del Fare), apportando delle integrazioni e/o modifiche al precedente decreto legislativo 4 marzo 2010 nr 28, ha ripristinato il tentativo obbligatorio di conciliazione in materia condominiale.
Cos’è la Mediazione? La mediazione è un sistema di risoluzione delle controversie relative a diritti disponibili alternativo al processo civile. Viene definita dal legislatore come l’attività svolta da un terzo imparziale e finalizzata ad assistere due o più soggetti sia nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia, sia nella formulazione di una proposta per la risoluzione della stessa. Può svolgersi entro una durata massima di quattro mesi e si differenzia dall’arbitrato perché il mediatore non rende decisioni vincolanti. ma assiste le parti nella ricerca di un accordo conciliativo, che troveranno loro.
Difesa tecnica in Mediazione.
Con il nuovo provvedimento normativo si è prevista l’assistenza obbligatoria di un avvocato, per ciascuna delle parti impegnate nella mediazione.
A priori ogni avvocato ha l’obbligo di informare il proprio assistito della possibilità di avvalersi del procedimento di mediazione, delle agevolazioni fiscali previste dal Decreto in caso in cui decida di ricorrervi, dei casi in cui l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della stessa domanda giudiziale (quindi, ogni volta in cui venga prospettato un caso di interesse condominiale).
L’informativa deve essere fornita chiaramente e per iscritto. Essa deve essere allegata all’atto introduttivo dell’eventuale giudizio. Ove ciò non succeda: il giudice è tenuto a presumere che essa non sia stata dispensata, di tal da mettere le parti avanti ad un organismo di conciliazione. La legge precisa che: in caso di violazione degli obblighi di informazione, il contratto tra l’avvocato e l’assistito può essere annullato.
Come partecipare al procedimento di mediazione?Abbiamo già detto che ogni amministratore e/o ogni condòmino dovrà essere sempre assistito da un avvocato. Ciò non toglie che le parti dovranno partecipare personalmente, non potendosi farsi sostituire dai rispettivi procuratori
Un interpretazione letterale dell’art. 5, comma 1 bis in combinato disposto con l’articolo 8 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, non lascia dubbi in proposito:la mera "assistenza degli avvocati" importa, evidentemente, la presenza fisica dei loro assistiti (vedi sentenza Tribunale di Firenze 19 marzo 2014, in allegato ). Sono loro i veri protagonisti e attori del procedimento: coloro ai quali è demandato lo "sforzo" di trovare una strada alternativa al giudizio.
Per quali materie è obbligatorio partecipare?
L’art. 71 delle disposizione di attuazione al codice civile precisa che "per controversie in materia di condominio, ai sensi dell’articolo 5, comma 1, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, si intendono quelle derivanti dalla violazione o dall’errata applicazione delle disposizioni del libro III, titolo VII, capo II, del codice e degli articoli da 61 a 72 delle presenti disposizioni per l’attuazione del codice". Quindi, tutto ciò che accade all’interno del condominio degli edifici e sia soggetto all’applicazione della legge e/o del regolamento importa l’obbligatorietà di esperire preventivamente il tentativo di conciliazione.
La mediazione e il giudizio di impugnativa delle delibere assembleari. Come conciliare l”istituto della mediazione con il termine dei trenta giorni previsto dall’art. 1137 cod. civ., in tema di impugnativa di delibera assembleare?
La risposta si rinviene nell’articolo 5, comma 6 del D.lgvo 28/2010, a mente del quale: "Dal momento della comunicazione alle altre parti, la domanda di mediazione produce sulla prescrizione gli effetti della domanda giudiziale. Dalla stessa data, la domanda di mediazione impedisce altresì la decadenza per una sola volta, ma se il tentativo fallisce la domanda giudiziale deve essere proposta entro il medesimo termine di decadenza, decorrente dal deposito del verbale di cui all’articolo 11 presso la segreteria dell’organismo".
Ciò vuol dire che per il rispetto del termine d’impugnazione delle delibere assembleari si dovrà considerare la data di spedizione dell’invito da parte dell’organismo di mediazione all’amministratore p.t. del Condominio, e non, viceversa, quella del deposito dell’istanza di mediazione.
Ove il tentativo si concluda con esito negativo, il termine dei trenta giorni (ri)comincerà a decorrere dalla data di formazione del verbale di (mancata) conciliazione.
La legittimazione dell’amministratore e il potere di negoziazione.
L’articolo 71 delle disposizioni di attuazione al codice civile, al comma 3 dispone che "è legittimato a partecipare l’amministratore, previa delibera assembleare da assumere con la maggioranza di cui all’articolo 1136, secondo comma, del codice civile", a mente del quale "Sono valide le deliberazioni approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio".
A parere di chi scrive, la norma va, tuttavia, "cadenzata" in funzione dell’intero contenuto di cui consta l’art. 1136 cod. civ.. In effetti,il limite al raggiungimento della maggioranza speciale dei cinquecento millesimi è previsto segnatamente per le deliberazioni che concernono la nomina e la revoca dell’amministratore o le liti attive e passive relative a materie che esorbitano dalle attribuzioni dell’amministratore medesimo, nonché le deliberazioni che concernono la ricostruzione dell’edificio o riparazioni straordinarie di notevole entità.
Dunque, assoggettare la decisione di comporre una lite in sede di mediazione (sempre) ad una maggioranza assembleare non inferiore ai cinquecento millesimi, indipendentemente dal merito della vicenda trattata, potrebbe essere un limite, non indifferente, al raggiungimento dell’accordo stesso, non affatto ponderato dal Legislatore. Ne sapremo di più, nel corso degli anni, una volta che si svilupperanno i primi orientamenti giurisprudenziali.
Come formulare l’istanza di mediazione. La domanda si presenta mediante deposito di un’istanza presso un organismo nel luogo del giudice territorialmente competente a provvedere (in genere il luogo in cui è ubicato l’edificio condominiale).
L’istanza deve indicare l’organismo, le parti, l’oggetto e le ragioni della pretesa (art. 4).
Chi scrive ritiene che l’istanza debba presentare, sia pure in modo più sfumato e meno articolato, i requisiti prescritti per gli atti giudiziari di cui all’art. 163 c.p.c (intitolato: contenuto della citazione).
Pertanto, nell’istanza si dovrebbero indicare tali requisiti minimi necessari:
1. L’organismo davanti al quale è presentata;
2. I riferimenti soggettivi delle parti;
3. la determinazione della cosa oggetto della domanda. In gergo tecnico: il petitum;
4. L’esposizione dei fatti e degli elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda (in altri termini, la causa petendi), con la relativa conclusione.
La mancata indicazione di tali elementi, potrebbe infatti inficiare e svilire lo stesso tentativo di conciliazione e la sua ratio.
La strategia del "dire e non dire" non concilia con tale procedimento preventivo (vige, tra l’altro, anche il principio di secretazione degli atti e/o di riservatezza, su richiesta delle parti). L’ordinamento ha apprestato, indirettamente, degli strumenti repressivi avverso condotte strumentali al non raggiungimento di un accordo in sede di mediazione.
Il Giudice della futura controversia sarà, difatti, in grado di valutazione le condotte tenute da ciascuna delle parti già in sede di mediazione. Un comportamento non improntato al rispetto del dovere di lealtà e probità (art. 88 cpc), potrebbe, infatti e in determinate circostanze, essere responsabilizzato con una specifica e/o ulteriore condanna pecuniaria (es, lite temerarie art. 96 c.p.c.), e ciò, bene inteso, anche se di figuri come parte vittoriosa (art. 91 cpc).
Per converso,il giudice può desumere argomenti di prova, nel successivo giudizio ai sensi dell’articolo 116, secondo comma, del codice di procedura civile (valutazione delle prove) anche dalla mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediazione. Nel qual caso, è previsto che il giudice condanni la parte costituita,la quale non ha partecipato al procedimento senza giustificato motivo, al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio (Mediazione: chi si rifiuta paga il doppio delle spese.)
La Sentenza in commento.
Ciò premesso, il Tribunale di Firenze con la Sentenza del 19 marzo 2014ha precisato in che modo può ritenersi soddisfatto l’esperimento del tentativo di conciliazione.
Eppertanto: l’esito negativo del tentativo attestato dal mediatore già al primo incontro non può ritenersi satisfattivo, benché esso sia previsto dallo stesso art. 5, comma 5 bis D.Lgs. n. 28/2010 (Quando l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale la condizione si considera avverata se il primo incontro dinanzi al mediatore si conclude senza l’accordo").
Tale norma, infatti, si pone in contrasto con l’art. 8, laddove specifica che, in sede di primo incontro " [?]il mediatore chiarisce alle parti la funzione e le modalità di svolgimento della mediazione. Il mediatore, sempre nello stesso primo incontro, invita poi le parti e i loro avvocati a esprimersi sulla possibilità di iniziare la procedura di mediazione e, nel caso positivo, procede con lo svolgimento".
In effetti, non avrebbe molto senso parlare di "mancato accordo" se il primo incontro fosse destinato non a ricercare l’accordo tra le parti rispetto alla lite, ma solo la volontà di iniziare la mediazione vera e propria.
A fronte di tale ambiguità interpretativa, il Giudice fiorentino ritiene necessaria che la mediazione si svolga almeno con un secondo incontro, perché solo in tal modo si potrà avverare la condizione per cui: "la mediazione è stata effettivamente avviata".
Conclusioni.
Il tentativo di mediazione deve essere sempre esperito in ogni controversia in materia condominiale. L’amministratore dovrà farsi assistere da un legale di fiducia del Condominio.
La domanda di mediazione dovrà essere redatta con circospezione e precisione di particolari fattuali e giuridici, a pena di improcedibilità (il legale dovrebbe, pertanto, intervenire già prima della seduta).
Il primo incontro sarà volto a circoscrivere la vicenda e a garantire l’esatta determinazione della fattispecie. L’amministratore sarà tenuto a chiedere il rinvio ad un’altra seduta, onde procedere, frattanto, alla convocazione di un’assemblea ad hoc. In sede assembleare, infine, si provvederà alla accettazione o meno della proposta conciliativa, prestando massima cura alla redazione del verbale, ivi tenendosi in considerazione che:"Se (Il Giudice) accoglie la domanda in misura non superiore all’eventuale proposta conciliativa, condanna la parte che ha rifiutato senza giustificato motivo la proposta al pagamento delle spese del processo maturate dopo la formulazione della proposta, salvo quanto disposto dal secondo comma dell’articolo 92.".
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