I termini “supercondominio” e “ condominio parziale” sono stati coniati dagli operatori del diritto per designare ipotesi particolari di comunione su parti di immobili appartenenti a più proprietari,con significati diversi a seconda delle tipologie di condominio.
La giurisprudenza più volte si è occupata di tali argomenti, specificando di volta in volta il contenuto delle diverse forme di condominio, a seconda dei casi sottoposti all’esame dei giudici, i cuiorientamenti sono infine confluiti nella riforma del condominio, contenuta nella Legge 11 dicembre 2012, n. 220.
L’ART. 1117 BIS DEL CODICE CIVILE
A riguardo, con la riforma è stato inserito nel codice civile l’art. 1117-bis, che estende le disposizioni inmateria condominiale, in quanto compatibili, a “tutti i casi in cui più unità immobiliari o più edifici ovvero più condominii di unità immobiliari o di edifici abbiano parti comuni ai sensi dell’articolo 1117”.
Con tale norma, pertanto, è stato data una definizione giuridica al termine “supercondominio”, con il quale si indica la comunione di parti comuni tra più edifici o più condomìni distinti.
Con una recente pronuncia, la n. 12641 del 17/06/2016, la Corte di Cassazione ha avuto modo di specificare ulteriormente l’ambito di applicazione delle norme in questione, facendo riferimento a tutti i casi di condominio “orizzontale” o “verticale”, in cui sia possibile individuare parti comuni tra più unita immobiliari; ha, inoltre, precisato il concetto di condominio “parziale”, riguardo al caso in cui dalla comunione siano escluse alcune parti o beni ad uso esclusivo.
LA CORTE DI CASSAZIONE SULLA NOZIONE DI “SUPERCONDOMINIO”
In particolare, nel caso sottoposto al giudizio della Corte Suprema, un soggetto aveva convenuto dinanzi al Tribunale un Condominio e l’impresa edile che aveva svolto lavori di ristrutturazioneper conto di questo, esponendo di essere titolare di un esercizio commerciale e che i suoi locali erano rimasti gravemente danneggiati a causa del crollo parziale della muratura del contiguo edificio dove erano in corso interventi di ristrutturazione eseguiti dalla suddetta impresa. A seguito del crollo, i locali erano stati dichiarati inagibili e chiusi al pubblico. L’attore chiedeva, pertanto, che gli venissero risarciti i danni conseguenti, scaturiti dal mancato utilizzo del locale commerciale, dal mancato guadagno, nonchè dal danneggiamento degli arredi e delle strutture recentemente ristrutturate. Si costituiva quindi il Condominio contestando, tra le diverse eccezioni, la propria legittimazione passiva, poichè rilevava che il muro crollato appartenesse al vicino edificio e ad altro condominio individuato con distinto numero civico.
La pronuncia della Cassazione, sul punto relativo alla suddetta eccezione del condominio, è occasione per la Corte di approfondire il significato del concetto di “supercondominio” e l’ambito di applicazione delle norme ad esso riferite.
Affermano i giudici di legittimità : “ è noto come il nesso di condominialità, presupposto dalla regola di attribuzione di cui all’art. 1117 c.c., è ravvisabile in svariate tipologie costruttive, sia estese in senso verticale, sia costituite da corpi di fabbrica adiacenti orizzontalmente, purchè le diverse parti siano dotati di strutture portanti e di impianti essenziali comuni, come appunto quelle res che sono esemplificativamente elencate nell’art. 1117 c.c., con la riserva “se il contrario non risulta dal titolo”. Anzi, la “condominialità” si reputa non di meno sussistente pur ove sia verificabile un insieme di edifici “indipendenti”, e cioè manchi un così stretto nesso strutturale, materiale e funzionale, ciò ricavandosi dagli artt. 61 e 62 disp. att. c.c., che consentono lo scioglimento del condominio nel caso in cui “un gruppo di edifici… si possa dividere in parti che abbiano le caratteristiche di edifici autonomi”, sempre che “restano in comune con gli originari partecipanti alcune delle cose indicate dell’art. 1117 c.c.”.
SULLA NOZIONE DI “CONDOMINIO PARZIALE”
A questo proposito la Corte chiarisce il concetto di condominio parziale, affermando “ come possano esservi, nell’ambito dell’edificio condominiale, delle parti comuni, quali, ad esempio, il tetto, o l’area di sedime, o i muri maestri, o le scale, o l’ascensore, o il cortile, che risultino destinati al servizio o al godimento di una parte soltanto del fabbricato”.
Mancano, cioè, i presupposti per l’attribuzione, ex art. 1117 c.c., della proprietà comune a vantaggio di tutti i partecipanti se le cose, i servizi e gli impianti di uso comune, per oggettivi caratteri materiali,siano destinati all’uso o al servizio non di tutto l’edificio, ma di una sola parte (o di alcune parti) di esso.
In questi casi, aggiunge la Corte, il condominio parziale non esige un atto costitutivo specifico masorge automaticamente, ope legis, finendo per coesistere con la più vasta organizzazione del condominio.
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